La nostra recensione di A dire il vero, la nuova commedia della regista Nicole Holofcener con i bravissimi Julia Louis-Dreyfus e Tobias Menzies: basta una piccola bugia per scuotere le fondamenta di un matrimonio in una storia che rimane solida e sincera
Può una bugia innocente minacciare la solidità di un matrimonio? Può se siete i protagonisti di A dire il vero, la nuova commedia di Nicole Holofcener (Friends with Money, La seconda vita di Anders Hill) in cui alla coppia alle prese con una crisi forse irreversibile danno volto e chimica Julia Louis-Dreyfus e Tobias Menzies. Un piccolo gioiellino di comicità intelligente e irriverenza, ben scritto e acuto che, pur partendo da un incidente scatenante tutt’altro che esplosivo, riesce a capitalizzare in maniera chirurgica sulle paranoie, le idiosincrasie e le meschinità dei propri personaggi senza mai perdere spinta propulsiva.
Una piccola bugia bianca
Beth (Julia-Louis Dreyfus) è una scrittrice che, dopo aver esordito con un memoir di discreto successo, insegna scrittura creativa e cerca di far pubblicare la sua opera seconda. Il marito Don (Tobias Menzies), con cui Beth condivide una lunga storia d’amore, è uno psicologo che inizia a confondere i racconti dei pazienti domandandosi quale sia il senso e l’utilità del suo lavoro. Sua sorella Sarah (Michaela Watkins) è un’arredatrice di interni e il marito, Mark (Arian Moayed), è un attore in crisi di autostima. Quando Beth e Sarah ascoltano una conversazione fra Don e Mark in cui Don confessa di aver trovato deludente l’opera seconda di Beth, quest’ultima si ritrova a mettere in discussione il loro matrimonio.
Anatomia di un errore
Alle volte sono le piccole bugie a fregarci, anche se si tratta di bugie dette per non ferire la persona che amiamo. Il paradosso però arriva quando quella stessa persona rimane ferita a causa della nostra incapacità di esprimere sincerità, anche se brutale, ed è da questo paradosso che A dire il vero parte e poi si sviluppa. Perché il nuovo film della newyorkese Nicole Holofcener altro non è che l’anatomia di una bugia bianca e delle sue ripercussioni, del suo riverbero sempre maggiore in grado di sconvolgere anche l’apparente solidità di un matrimonio perfetto. Una disamina attenta e tutt’altro che piatta, perché pur non proponendo situazioni ingigantite o forzate regala un’ora e mezzo di cinema intelligente.
Merito in primis di una scrittura attenta e calibrata al millimetro, in cui i pochi personaggi davvero rilevanti ai fini diegetici hanno tutti una costruzione coerente con il tema e definita e i personaggi secondari (come i pazienti dello stesso Don) lavorano sul tema del non sentirsi valorizzati in maniera più sottile, ma non per questo meno marcata. Perché, in fondo, è di questo che A dire il vero parla davvero: di valore, del nostro bisogno forse compulsivo di sentirci capiti, apprezzati, ascoltati. E non è un caso che i due protagonisti siano una scrittrice e un terapista, due persone che devono ascoltare gli altri, provare a comprenderne le debolezze e farne risaltare i punti di forza.
L’intelligenza del meno
Un film ben riuscito però si nota anche e soprattutto per come riesce a lavorare sulla sottrazione, soprattutto quando a parlare sono i gesti, gli sguardi catturati dai primi piani, la macchina da presa che segue costantemente Don e Beth e ne smaschera le menzogne, le meschinità, le fragilità. In bilico tra una rom-com di Nancy Meyers o Nora Ephron e il cinema nervoso del primo Allen, A dire il vero ha anche il merito di non appesantire mai il tono grazie a dei dialoghi semplici ma centrati e grazie ad un uso dell’arena newyorkese sapiente, che non sposta mai l’attenzione dal privato o dal particolare sapendoli però collocare in un contesto geografico perfetto in cui far maturare la storia.
Ci vuole intelligenza e una certa capacità di capire il cinema come sguardo e non solo come rappresentazione, e questo piccolo film di intelligenza ne possiede non poca. Poi, certo, il finale non rischia granché e l’arco narrativo e tematico di Beth e Don non riserva particolari sorprese, ma forse in questo caso il prezioso sta nei piccoli momenti di scarto come quello della rapina o nelle divertentissime sedute di Don coi suoi pazienti. E poi questo è un film di sentimenti feriti (come il titolo originale, You hurt my feelings, suggerisce) e di riavvicinamenti, e come nella miglior tradizione delle commedie indie made in Usa i primi non possono guarire senza i secondi e senza una grossa dose di leggerezza che li faciliti.
A dire il vero resta quindi costantemente sospeso ma in perfetto equilibrio tra la necessità drammaturgica di gravitas e un’ironia che ne svuota il patetico lasciando intatto il senso, riuscendo a farci ridere delle nostre bugie, dei nostri pietismi e delle nostre insicurezze. Non gli si poteva chiedere molto di più, onestamente.
TITOLO | A dire il vero |
REGIA | Nicole Holofcener |
ATTORI | Julia Louis-Dreyfus, Tobias Menzies, Michaela Watkins, Arian Moayed, Owen Teague, Jeannie Berlin, Rebecca Henderson |
USCITA | 8 febbraio 2024 |
DISTRIBUZIONE | Vertice 360 |
Tre stelle e mezza