A un metro da te, recensione: una storia d’amore e coraggio che racconta la fibrosi cistica

A un metro da te

A un metro da te, diretto dal regista emergente Justin Baldoni, uscirà nelle sale il 21 marzo. Una storia di coraggio e rinunce che sa emozionare e che racconta la difficile vita dei malati di fibrosi cistica; un mix di sentimenti che sensibilizzano lo spettatore e lo avvicinano a questa patologia ancora poco nota.

Una storia d’amore e coraggio in corsia 

Stella (interpretata da Haley Lu Richardson) ha diciassette anni, due genitori separati, manie di controllo e delle amiche che le vogliono molto bene. Will (Cole Sprouse) ha la stessa età, la passione per i fumetti, una scarsa attitudine a seguire le regole ed una mamma che combatte per lui. Ciò che accomuna i due ragazzi è la fibrosi cistica, una malattia che costringe entrambi a vivere periodicamente in ospedale. Ed è proprio lì che i due si conoscono e superano quella iniziale antipatia: hanno un passato diverso alle spalle, hanno differenti modi di vedere il futuro, hanno tante barriere da dover superare, una in particolar modo: la distanza fisica. I malati di fibrosi cistica, infatti, non possono toccarsi tra loro, abbracciarsi, baciarsi, non possono stare più vicini di due metri. E questa, tra tutte le difficoltà, è la maggiore: stare con una persona e non poterla vivere, non poterle stringere la mano o accarezzarla è ciò che fa sentire ancora più estraniati i pazienti.

Stella e Will affrontano la loro relazione con naturalezza, si spalleggiano: lui dà conforto a lei e la aiuta a superare la perdita di una persona cara e lei cerca di dare voglia di vivere a lui. È una storia d’amore fatta di dolci compromessi, di distanza fisica ma vicinanza emotiva, una storia fatta anche di grandi rinunce e di desideri mancati. Quella che il regista Justin Baldoni ci propone è una vicenda dai colori tenui che si stagliano sulla durezza dei colori scuri che fanno da contorno al racconto. La dolcezza dei personaggi e la loro tenacia si scontrano con la bruttura della vita in ospedale e delle cure quotidiane che sono obbligati a seguire.

A un metro da te si prefigura come un racconto dal sapore dolce amaro in grado di fare chiarezza su una patologia ancora poco nota e di emozionare il pubblico attraverso dialoghi frizzanti ed un finale per nulla scontato. Una pellicola amabilissima che, nonostante la sua lunga durata, riesce a farsi apprezzare dall’inizio alla fine lasciando che lo spettatore resti incollato al maxi schermo.

Haley Lu Richardson e Cole Sprouse in una scena del film
Haley Lu Richardson e Cole Sprouse in una scena del film

La forza dei combattenti e la famiglia che ci si crea

Da uno scenario tetro come quello di un reparto ospedaliero, Justin Baldoni, il Rafael Solano della fortunata serie TV Jane the Virgin, riesce a lanciare un messaggio di speranza e di amore: nulla è davvero perduto, nessuna causa è davvero persa in partenza. I protagonisti di questo racconto, Stella, Will e Poe (Moises Arias), ne sono una prova. Hanno coraggio e paura, voglia di vivere e la stanchezza di chi ha combattuto una vita intera contro se stesso, sono felici di ogni giorno vissuto ed impauriti da tutti quelli che verranno. Will, Poe e Stella, così come tutte le altre persone affette dalla stessa patologia, sono dei combattenti, giocano tutti la medesima partita, quella più importante e vera, quella in cui ci si aggiudica la sopravvivenza. E stare uno a due metri di distanza dall’altro significa privarsi anche di quel contatto che talvolta sembra essere vitale.

Ma vivere periodicamente in un ospedale non significa soltanto fare amicizia con chi condivide con te le stesse esperienze, ma anche con chi ti aiuta quotidianamente nelle cure, ossia medici e infermieri. Si crea una sorta di famiglia adottiva, un nucleo dal quale si esce in modo totalmente involontario e che aggiunge amore e affetto alla vita dei piccoli pazienti. Ci si improvvisa genitori, si entra in totale empatia con loro, si abbracciano le loro cause e si finisce inevitabilmente con il soffrire insieme a loro. È un lavoro straziante e totalizzante quello degli operatori sanitari che Baldoni ha saputo portare con maestria davanti alle telecamere: non è una professione come tante altre, ma una vera e propria vocazione che si basa sulla conoscenza del paziente e che va ben oltre il recitare a memoria una cartella clinica.

Cole Sprouse in A un metro da te
Cole Sprouse in A un metro da te

Un riflettore puntato sulla fibrosi cistica 

Non tutto va sempre nella direzione sperata, non tutti i nostri desideri verranno esauditi, si sa. Ma finché possiamo contare sull’abbraccio di chi amiamo siamo comunque fortunati. I malati di fibrosi cistica vengono privati anche di questa gioia. Justin Baldoni non conosceva questa realtà, non era mai entrato in contatto con un paziente affetto da questa patologia prima di incontrare Claire Wineland, una ragazza di diciotto anni a cui i medici avevano dato meno di un anno di vita. Quando il regista di A un metro da te conosce Claire, comprende l’importanza di fare luce su una patologia di cui si sa veramente poco e di cui si discute ancor meno.

La fibrosi cistica è una malattia genetica degenerativa che colpisce l’apparato respiratorio e digerente: una quantità eccessiva di muco denso va ad ostruire gli organi e rende sempre più difficoltosa la vita dei pazienti. Si stima che nel mondo ne soffrano oltre 70 mila persone. Aver dato voce a questa patologia ed aver incentivato verso una maggiore conoscenza del problema è l’ultimo regalo fatto dalla giovane Claire a Baldoni.

Haley Lu Richardson in una scena di A un metro da te
Haley Lu Richardson in una scena di A un metro da te

L’impegno sociale 

In Italia la visione del film coinciderà anche con una raccolta fondi a sostegno del progetto Case LIFC per la Lega Italiana Fibrosi Cistica, di cui l’attore Marco Bocci è testimonial. Le proiezioni (il cui intero incasso verrà devoluto in beneficenza) si terranno il 21 marzo alle ore 21.00 al The Space Cinema Parco De Medici di Roma e, contemporaneamente, al Notorious Cinemas Centro Sarca di Sesto San Giovanni. Il ricavato servirà per garantire ai pazienti di fibrosi cistica ed ai loro familiari la possibilità di soggiornare gratuitamente durante tutto il percorso lungo e faticoso che segue il trapianto di polmoni.

Indubbiamente un incentivo in più per andare al cinema e guardare un film dal grande potenziale che sa insegnare qualcosa di realmente importante nella vita: il superamento dei propri limiti e la tenacia nel voler raggiungere dei meritati traguardi.

Uno scatto del regista Justin Baldoni con i protagonisti Richardson e Sprouse
Uno scatto del regista Justin Baldoni con i protagonisti Richardson e Sprouse

 

A un metro da te, diretto da Justin Baldoni, con Cole Sprouse, Haley Lu Richardson, Moises Arias, Elena Satine, Claire Forlani uscirà nelle sale il 21 marzo 2019 distribuito da Notorious Pictures.

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