La nostra recensione di Asteroid City, il nuovo film di Wes Anderson con un cast all-star composto tra gli altri da Tom Hanks, Scarlett Johansson, Margot Robbie ed Edward Norton: il trionfo dello stile sul racconto e sull’emozione
A due anni di distanza da The French Dispatch e reduce dal premio Cartier Glory to the Filmaker ricevuto a Venezia, dove ha presentato il suo nuovo corto, Wes Anderson torna con Asteroid City (qui la conferenza stampa) in cui ha riunito un cast all star: Jason Schwartzman, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Edward Norton, Adrien Brody, Liev Schreiber, Maya Hawke, Steve Carell, Matt Dillon, Willem Dafoe, Margot Robbie e tanti altri. Lo stile resta inconfondibile così come il marchio autoriale, ma la sensazione è che ormai ad Anderson siano rimasti solo quelli da offrire.
Arrivano gli Ufo (?)
È il 1955. Nell’immaginaria cittadina americana desertica di Asteroid City si svolge un convegno di astronomia, noto come Junior Stargazer. L’evento attira molti studenti con i rispettivi genitori, che giungono da ogni parte del paese per prendere parte alla competizione accademica che si tiene in contemporanea. È qui che diverse vite si incontrano e si sovrappongono in modi inaspettati, come quelle di Augie (Jason Schwartzman), Midge (Scarlett Johansson), Stanley (Tom Hanks) o Conrad (Edward Norton). Quando i visitatori di Asteroid City hanno un incontro molto ravvicinato, l’esercito americano decide di intervenire, costringendo tutti i testimoni a una quarantena nella cittadina.
Sempre più Wes Anderson
Sono più o meno nove anni, dai temi del suo (bel) Grand Budapest Hotel, che Wes Anderson sta cercando una nuova forma per il proprio cinema. Un regista elegante, ossessionato dalle geometrie e dalla messa in scena pulita lo è sempre stato, ma negli ultimi anni questa sua ricerca si è spinta fino al limite arrivando quasi a superarlo. Asteroid City è un po’ la sublimazione del suo nuovo modo di fare e intendere il cinema, una visione che privilegia la ricerca della perfezione stilistica a scapito di storia, tema e personaggi e che diventa per questo essa stessa un manifesto artistico tout court.
E però è questa la trappola in cui Anderson si è ficcato nel momento in cui ha deciso per un approccio così “violento” e senza sconti: il suo cinema si è letteralmente spento, o almeno si è spenta quella parte sentimentale, quell’attenzione alle storie di ogni singolo personaggio ,alle psicologie, ai difetti fatali o ai bisogni che ogni personaggio richiede per essere veritiero e un po’ più umano. Ora Wes Anderson è diventato una versione ancora più integralista di sé stesso, ossessionato da tutto ciò che appare sullo schermo e non nello schermo e quindi costretto a sacrificare il cuore emotivo delle storie che racconta.
Un cast di stelle
C’è un’altra caratteristica comune a tutte le ultime produzioni di Anderson e se a primo acchitto potrebbe sembrare non legata strettamente al discorso di cui sopra, in realtà è un altro sintomo della sua disperata ricerca della perfezione: l’usufrutto di un cast formato da grandi nomi. Già in The French Dispatch avevamo assistito ad uno spiegamento di forze non comune neanche nel dorato mondo hollywoodiano, ma qui riesce persino a superarsi con nomi di prestigio come Tom Hanks, Scarlett Johansson, Edward Norton, Margot Robbie e Bryan Cranston.
Ma a cosa ti serve un cast di attori simili se poi, in gran parte, le loro comparsate sono macchiettistiche, vittime di una scrittura fortemente deficitaria e superficiale e di personaggi che non lasciano il segno perché non lasciano neanche la minima traccia? Eppure non è che non ci provi Anderson a dare linfa e vitalità al racconto, arrivando persino a scomodare la fantascienza anni ’50 e gli Ufo, ma Asteroid City gira totalmente a vuoto sin dall’avvio calcolato e fin troppo teatrale, con una suddivisione in tre atti più ingenua che geniale e l’incapacità di lavorare con ritmo e pacing narrativi.
Manca l’anima
È essenzialmente un problema di anima che manca, di un film che porti lo spettatore a gioire di un dialogo meno espositivo e più fine, di un sottotesto che non viene mai calibrato perché si lavora quasi ed esclusivamente sul testo, di un sussulto che faccia vibrare le corde del cuore e non soltanto quelle degli occhi. Manca la lucida follia de I Tenenbaum, la poesia di Moonrise Kingdom, la dolenza de Le avventure acquatiche di Steve Zissou, il cuore amaro di Rushmore. Tutto ormai è artificioso, prevedibile e stanco nel cinema di Wes Anderson, come ha dimostrato anche il mediocre corto presentato a Venezia che con questo Asteroid City condivide purtroppo tantissimi elementi.
Manca Wes Anderson così come l’abbiamo conosciuto e amato, ed è ancora lì da qualche parte, perché qualche piccolo lampo lo si intravede ancora anche in Asteroid City. Non basta però perché la scintilla si riaccenda, è necessario tornare ad un cinema più di pancia e meno di testa, in cui l’onnipresente simmetria delle inquadrature si faccia da parte per tentare di far tornare un po’ di sano caos artistico. Certo, non è mai stato il cinema di Wes Anderson questo, ma se cambiare fosse la soluzione per tornare ad essere sé stessi?
Asteroid City. Regia di Wes Anderson con Jason Schwartzman, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Edward Norton, Adrien Brody, Liev Schreiber, Maya Hawke, Steve Carell, Matt Dillon, Willem Dafoe e Margot Robbie, uscirà nelle sale giovedì 28 settembre distribuito da Universal Pictures Italia.
Due stelle