La recensione dell’attesissimo Babylon di Damien Chazelle con protagonisti Margot Robbie e Brad Pitt: un racconto imperfetto, roboante e sincero di ascesa e caduta, vita e morte nella Hollywood dei Roaring Twenties
La Hollywood rutilante e folle a cavallo tra la seconda metà degli anni ’20 e l prima metà degli anni ’30 viene rappresentata in tutte le sue contraddizioni nel nuovo attesissimo Babylon diretto da Damien Chazelle, che arriva a cinque anni da First Man e a sei dal trionfo di La La Land. Un film tanto imperfetto e impreciso nella costruzione narrativa quanto ruggente, sincero e sfrenato nelle intenzioni, un vero e proprio giro sulle montagne russe destinato a dividere tra entusiasti e oppositori ma non ad essere dimenticato.
Un viaggio tra sogno e incubo
Verso la fine degli anni Venti, il cinema va incontro al più grande dei cambiamenti: il passaggio dal muto al sonoro. Molti artisti, ad Hollywood ma non solo, vedono la loro carriera stroncata mentre altri riescono a resistere al cambiamento e a traghettarsi nella nuova era, l’era dei talkies. Tra chi è costretto ad affrontare l’epocale passaggio ci sono star enormi come Jack Conrad (Brad Pitt), ma anche attrici in erba che sognano la gloria come la giovane Nellie LaRoy (Margot Robbie), appena arrivata nella città dei sogni con l’obiettivo di diventare la più grande star di tutti i tempi assieme al suo amico messicano Manny Torres (Diego Calva). I due giovani e ambiziosi attori si ritroveranno a fare la conoscenza proprio di Jack, il quale li introdurrà alla Hollywood più nascosta, eccitante e terribile: quella delle feste esagerate, del lusso sfrenato e del divertimento senza fine ma anche dei segreti, delle bugie, degli abusi sessuali, degli eccessi mortali e degli incubi più oscuri che hanno l’aspetto invitante di un sogno bellissimo.
Un rollercoaster impazzito
Nel corso dei suoi 188 minuti di durata Babylon fa molte cose, non tutte benissimo a dire la verità: tesse sottotrame che poi disfa quasi senza soluzione di continuità, bombarda lo spettatore a livello sensoriale con immagini, suggestioni, idee continue e sempre più apparentemente folli, non si vergogna di essere politicamente scorretto, volgare, eccessivo, scomodo. È un film che comincia con un elefante costretto a scalare una collina, quella di Hollywood per l’appunto, e finisce con dei fantasmi. Di più non si può dire per non incorrere nella lesa maestà dello spoiler, ma questo dovrebbe bastare per capire come Chazelle abbia buttato dentro questo Babylon tutte le sue paranoie, le sue urgenze e le sue velleità artistiche, filosofiche, politiche, umane. Una vera e propria montagna russa impazzita, un frullatore di morte, ambizione, vita e arte che ad un certo punto sembra letteralmente fregarsene dei concetti di coerenza interna o arco narrativo per poi cambiare (almeno parzialmente) rotta appena dopo il midpoint. Una pellicola che fa del pissing, della merda, del sangue e persino dell’insulto un inno di libertà incondizionata, un gigantesco dito medio puntato verso l’ipocrisia di tanto cinema e di tanta società contemporanea.
Il cinema come antidoto alla solitudine
Ma, in fondo, questo Babylon è anche e soprattutto una storia di ascese e cadute spesso vertiginose. Se il personaggio di Manny rappresenta un po’ la bussola morale e tematica del film, quelli di Nellie e Jack sono le trottole impazzite che catalizzano i conflitti portandoli allo stremo delle loro possibilità narrative e tematiche. Margot Robbie e Brad Pitt sembrano essersi divertiti un mondo nel girare questo Babylon e si vede, ma è soprattutto la chimica che si instaura fra i due a fornire benzina alla storia permettendole di non uscire troppo fuori dai binari del ritmo, nonostante nel terzo atto una certa sensazione di affaticamento dovuta alla durata forse eccessiva la si percepisca. Più di ogni altra cosa però Babylon è un’enorme, infinita e sincera dichiarazione d’amore per il cinema, per quell’arte che più di ogni altra riesce a raccontare e a rappresentare le contraddizioni, le cadute, le glorie e le mille deviazioni di un’intera vita. A fotografare un’intera epoca fatta non solo di star, di produzioni ultra costose e di sogni per molti irraggiungibili ma anche, e soprattutto, di incertezza per il futuro, di cambiamenti repentini e fatali per alcuni sfortunati, di ambizioni distrutte e di tante amarissime verità inghiottite a forza. Chazelle mira alto, altissimo per tutto il film e come un novello Icaro a volte resta scottato dalla sua stessa ambizione e rischia di precipitare al suolo, per poi salvarsi all’ultimo istante grazie ad un’inquadratura, ad un gioco di luci e colori o ad una battuta. Come quella che il personaggio di Brad Pitt pronuncia a proposito del cinema: un luogo sacro e necessario come antidoto al nostro eterno sentirci soli.
Take it or leave it
Babylon è un’opera costruita sull’accumulo, sull’eccesso, sull’incapacità di frenare parole, emozioni, idee, punti di vista o persino suoni e silenzi. A volte questo eccesso lo penalizza un po’, ma molto più spesso rappresenta la chiave di volta attraverso la quale provare ad entrare dentro questo mondo così ipnotico, ipercinetico e schizzato. Perché è attraverso il decadentismo dei volti, delle feste e delle azioni di questi personaggi che sembrano più zombie che esseri umani che Chazelle sembra voler descrivere il viaggio dall’inferno e ritorno di Nellie e Manny, in una sorta di riproposizione della visione sorrentiniana de La grande bellezza più che di quella scorsesiana di The Wolf of Wall Street. Due anime pure ( o forse solo una) scaraventate in pasto alla lussuria, al piacere, alla superbia, all’egocentrismo e all’edonismo ciechi, persino alla morte per poter sfuggire ad un altro tipo di inferno, forse peggiore. E allora nella sua abbondanza visiva e viscerale, nella sua ingordigia sfrenata e senza filtri Babylon riesce in qualche modo a raccontarci molto del mondo che rappresenta e, un secolo dopo, anche del nostro. Lo fa attraverso una narrazione che non accetta compromessi, che non vuole essere ignorata ma solo amata o al limite detestata all’inverosimile. Take it or leave it, come direbbero in quel di Hollywood. E voi da che parte starete?
Babylon. Regia di Damien Chazelle con Margot Robbie, Brad Pitt, Diego Calva, Tobey Maguire, Li Jun Li, Samara Weaving, Lukas Haas ed Eric Roberts, in uscita nelle sale il 19 gennaio distribuito da Eagle Pictures.
Quattro stelle