Rami Malek e Gwilym Lee attori di Bohemian Rhapsody hanno presentato a Roma il film, raccontando com’è stato portare sullo schermo Freddie Mercury e i Queen. Ecco l’intervista.
Sarà al cinema il 29 novembre Bohemian Rhapsody – il film diretto da Bryan Singer – un racconto realistico ed elettrizzante degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid, nel luglio del 1985. Sul grande schermo Rami Malek, celebre per il ruolo in Io Robot vestirà i panni di Freddie Mercury, affiancato da Lucy Boynton – nel ruolo di Mary Austin l’amore della vita di Freddie – e da Gwylim Lee, Joseph Mazzello, Ben Hardy, con cui ricomporrà lo storico gruppo rock. Rami Malek e Gwilym Lee attori di Bohemian Rhapsody hanno presentato a Roma il film.
Quanto é stato difficile essere credibile come il Freddie Mercury cantante?
Rami Malek: «Vi chiedo di chiudere gli occhi e dare voi una risposta. In realtà devo dire che è stato estremamente difficile, non voglio dire che sia stato un peso ma sicuramente la natura mitologica di questo uomo ha fatto sì che significasse davvero tanto, che fosse una specie di dio musicale quindi potete immaginare quanto sia stato pesante per me. Questa è la ragione per cui per me è stato estremamente importante riuscire a rendere giustizia al suo retaggio, questo ha significato un anno e mezzo di lezioni di canto, piano, un coreografo ed un coach che mi ha insegnato ad entrare nei suoi movimenti. Ho anche imparato ad esprimermi col suo accento. Il film non aveva finanziamenti e ho tirato fuori i soldi per le lezioni di tasca mia».
Io che ho incontrato Brian Mai ho dimenticato di stare guadando un attore, le tue espressioni e il modo di suonare come lui è incredibile in Bohemian Rhapsody. Quanto hai studiato e quanto ti è venuto naturale?
Gwilym Lee:« Anche io sono d’accordo, devo dire che come per Rami è stata una prospettiva che mi intimidiva molto. Però ogni volta che stavo per essere travolto mi sono concentrato su ciò che era ottenibile e devo dire Brian è stato fantastico. La cosa che dovevo cercare di fare era suonare la chitarra senza alcuna difficoltà. Il compito più difficile non era di suonare alla perfezione, ma come se fosse stato qualcosa che facevamo da tutta la vita in modo naturale . Quando mi avvicino ad un personaggio parto da dentro, dalla sua psicologia e poi lo creo al di fuori, ma con uno come lui che tutti quanti conoscete ho dovuto fare il processo inverso andando soltanto in un secondo momento all’interno. La cosa buffa è che il primo giorno sul set lui che non mi aveva mai visto mi ha fissato con un attimo di silenzio, questa cosa è durata qualche minuto e poi ha iniziato a sistemarmi la parrucca. Ciò premesso però non mi ha mai fatto sentire giudicato».
Ha scoperto qualcosa di Freddie Mercury che non sapeva prima di girare Bohemian Rhapsody?
Rami Malek: « Innanzitutto devo dire che tutti conoscono l’aspetto macho, audace, impertinente di Freddie Mercury però io non credo che nessuno conoscesse la parte più intima e personale. Io non sapevo della sua storia con Mary, non sapevo che fosse mai stato fidanzato. Ho scoperto nel processo di interpretazione tantissime cose, non sapevo che si chiamasse con un altro nome. Ho pensato anche a tutte queste cose quando ho affrontato la difficoltà di mettermi nei suoi panni, poi però ho cercato il punto in comune ed in un certo senso l’ho trovato in un giovane nato a Zanzibar, che aveva fatto le scuole in India e poi è scappato da Zanzibar in Inghilterra. Anche la mia famiglia è andata in America dalla Egitto, mi sono rivisto in lui. Ho cominciato da lì e dalla sua identità sessuale per interpretarlo».
Quali sono stati i pregi e i difetti di avere i Queen sempre sul set di Bohemian Rhapsody?
Gwilym Lee: «Devo dire che la prima sequenza che abbiamo girato era quella del concerto e loro erano presenti dal primo momento, hanno studiato la ricostruzione e hanno subito detto come fosse accurata. Brian però mi ha detto di non dimenticare che lui era una rock star, quindi mi ha detto di metterci spirito e anima ed è quello che ho cercato di fare. Non volevamo cercare di realizzare qualcosa di perfettamente uguale, ma una storia umana. Ogni volta che si parlava di performance musicale loro c’erano, le scene personali e umane sono state molto libere perché la parte recitativa era nostra».
Rami Malek: «Per quello che riguarda Roger e Brian posso raccontarvi che loro non mi avevano mai visto nei panni di Freddie Mercury prima di questo episodio. Avevo fatto un provino agli Abbey Studios e avevamo registrato delle canzoni dopo il mio allenamento, dopo di che lo sceneggiatore mi comincia a fare delle domande indirizzate a Freddie e io ho risposto come se fossi lui. Mi chiese cosa aveva significato per me crescere a Zanzibar e altre cose, poi mi chiese qual era la persona di cui mi fidassi di più e io il giorno dopo feci vedere la registrazione a Brian e Roger. Loro dissero che poteva andare, erano abbastanza convinti fino alle canzoni, poi mi hanno detto che avevo risposto giusto perché lui si fidava più di tutti di Mary».
La scena più difficile da girare in Bohemian Rhapsody?
Rami Malek: «Ogni giorno è stato difficile, perché ovviamente cercavamo di ricreare urto quello che era successo. Ogni volta che interpretavo una scena cercavo di immedesimarmi in lui. La parte più difficile è stata ricreare il live Aid che abbiamo voluto fare nel modo più preciso possibile, l’abbiamo rifatta più volta inquadratura per inquadratura ed è stata la prima cosa che abbiamo girato. Siamo saliti sul palco provando queste canzoni e ogni giorno ce n’era una nuova da fare finché non ci riuscivamo. Alla fine ho chiesto al regista e al direttore della fotografia di girare tutta la sequenza insieme. Abbiamo cominciato a parlare con i fan tutte le canzoni in sequenza e li ci siamo resi conto che c’era un crescendo di energia, una carica che veniva da dentro e ti dava la percezione di cosa avesse significato per la band. Quel momento ci ha unito creando la nostra band, anche il feedback dei fan è stata importante ci hanno fatto sentire sovrumani. Alla fine eravamo sdraiati e distrutti, ma prima ci siamo guardati tutti negli occhi e questo ci ha dato la spinta per finire il film».
Gwilym Lee: «Devo dire che questo ci ha aiutato tantissimo perché ci ha consentito di sviluppare un nostro linguaggio, mano a mano durante la realizzazione del film non era la coreografia che seguivano alla fine ma l’improvvisazione. Questa naturalezza era proprio dovuta a quello che avevamo fatto nei primi giorni».
Lei ha l’ambizione di recitare fuori dagli schemi come Freddie Mercury? Attraversa dei momenti di solitudine ogni tanto proprio come è capitato a lui?
Rami Malek: «Devo dire intanto grazie per aver fatto questo ruolo. Il fatto è che di tanto in tanto devi accettare un incarico o un ruolo per le bollette, ma c’è sempre la sensibilità personale nelle proprie scelte almeno per me. Non ho mai voluto fare qualcosa a cui non potessi guardare all’indietro essendone orgoglioso, e non solo per me. Ho sempre cercato di fare ruoli che poi potessero anche minimamente alterare la percezione della gente relativamente a se stessi. Ho comunque sempre cercato di accettare ruoli che mi consentissero di dare un minimo di contributo da parte mia al personaggio e alla storia. Anche oggi non accetto ruoli forzati per non uscire fuori dal mercato. La cosa che mi piace è la sfida e come artista cerco di collaborare con persone ancora più competitive di me che vogliano sfidarmi. Credo di aver ottenuto il risultato con Mr. Robot proprio per la percezione che ha del mondo e di se stesso, a maggior ragione questo è avvenuto con Freddie che ha avuto una fortissima influenza su così tante persone. È stato così capace ed efficace perché ha trovato un eco in molte persone, è stato un uomo alla ricerca di un senso di appartenenza e riusciva a far arrivare questo anche al pubblico oltre che a sé stesso. Questa l’ho trovata una cosa eccezionale e fantastica. La solitudine è estremamente umana e tutti credo ci sentiamo a volte soli».
Quali problemi ci sono stati con Bryan Singer sul set di “Bohemian Rhapsody” e come avete vissuto voi il cambio?
Gwilym Lee:« In realtà questa cosa si è verificata verso la fine delle riprese quando ormai conoscevamo i nostri personaggi e sapevamo bene la storia. Non è stato un fatto di grande impatto per noi, sono cose che possono succedere, siamo attori abituati a lavorare con diversi registi e ci siamo adattati».