La nostra recensione di Borderlands, adattamento del celeberrimo videogame diretto da Eli Roth con protagoniste le premio Oscar Cate Blanchett e Jamie Lee Curtis: la mano di Roth si vede, il ritmo tiene abbastanza ma è un’esperienza troppo evanescente
Punto primo: Eli Roth ci ha messo anni a farsi produrre e a realizzare Borderlands. il progetto di una vita, forse di una carriera, che si è concretizzato quando a bordo sono saliti due pesi massimi come Cate Blanchett e Jamie Lee Curtis e che il regista americano dev’essersi divertito un mondo a realizzare. Punto secondo: dentro questo adattamento a suo modo folle, ma non al limite del parossismo, c’è davvero condensato gran parte del cinema pop degli ultimi due decenni (incluso quello dello stesso Roth). Punto terzo: ancora una volta Hollywood guarda alla contemporaneità, con un film che si lega a doppio filo al female empowerment e alle istanze di valorizzazione del femminile. Tutto questo però basta? Nì.
Reietti su Pandora
Lilith (Cate Blanchett), una famigerata cacciatrice di taglie dal passato misterioso, è costretta a tornare, a malincuore, su Pandora, il suo pianeta natale che è il più caotico della galassia. La sua missione è trovare la figlia scomparsa di Atlas (Edgar Ramírez), il più potente figlio di puttana dell’universo. Lilith stringerà un’alleanza con un’improbabile squadra di reietti: Roland (Kevin Hart), un mercenario esperto, Tiny Tina (Ariana Greenblatt), una adolescente amante degli esplosivi e il suo muscoloso protettore Krieg (Florian Munteanu), Tannis (Jamie Lee Curtis), una scienziata pazza che ne ha viste di tutti i colori e Claptrap (Jack Black), un robottino logorroico e saccente.
Insieme, questi strampalati eroi dovranno sconfiggere una specie aliena, pericolosi banditi e scopriranno uno dei segreti più incredibili di Pandora. Il destino dell’universo potrebbe essere nelle loro mani, ma alla fine combatteranno per qualcosa di più grande: la loro amicizia.
Un film videogioco, in tutti i sensi
Come adattare uno dei videogiochi più longevi e iconici di sempre, amato da milioni di appassionati in tutto il mondo? Le scelte non sono molte: o lo tradisci (scegliendo di mantenerne al massimo lo spirito) o lo adatti al millimetro, con tanto di inside jokes e citazioni più o meno sottili. A detta di chi conosce bene il gioco pare che Eli Roth sia andato decisamente più verso la seconda direzione, e forse questa scelta non è di per sé criticabile. D’altronde il cinema dell’americano del Massachusetts non ha mai brillato per la capacità metatestuale, per il ricorso al sottotesto o per la leggerezza del tocco, quindi perché sgrezzarsi ora davanti ad un materiale simile?
Borderlands è un cine-videogioco talmente sfacciato nella struttura a livelli, nell’aumento graduale della posta in gioco e nell’impianto diegetico da non preoccuparsi troppo del resto. Tridimensionalità dei personaggi, interazioni, relazioni e conflitti sono talmente basici, fieramente anni ’90 (perché nel frattempo anche i videogame si sono adattati ad una maggiore complessità di scrittura, e non di poco) e un po’ “cazzoni” da provocare almeno un sorriso bonario in chi guarda. Roth va al sodo, asciuga tutto quello che può asciugare, riesce a stare persino in una durata molto contenuta (appena più di 90 minuti) e restituisce un prodotto che lavora di machete.
Un difetto? Non necessariamente, se non altro perché il ritmo tiene, il divertimento non latita e gli attori – chi più e chi meno – si guadagnano la pagnotta. Certo, da nomi come quelli di Cate Blanchett, Jamie Lee Curtis ed Edgar Ramirez ci si aspettava qualcosa in più che un lavoro col pilota automatico attivo e il freno a mano tirato, ma c’è da dire che i personaggi sono troppo monodimensionali per permettere loro di attingere a chissà quali sfumature. Borderlands è una festa caciarona, fieramente aggiungeremmo, e anche un po’ paracula nel senso che niente aggiunge e niente toglie al genere, non riuscendo quindi ad attraversare la soglia della godibilità.
Azione, violenza e fondazione
In tutto questo Borderlands prova anche a trovare il tempo di infilarci, di straforo, anche una riflessione attuale sulla natura fondativa della femminilità perché per accedere al Sancta Sanctorum di Pandora è necessaria una prescelta, una guida spirituale anche un po’ messianica. Non sarà affatto difficile capire a chi toccherà questo compito, né come ci si arriverà, ma è innegabile come siano le donne il motore narrativo, tematico e spirituale della pellicola tutta. Poi, per il resto, le citazioni abbondano, i mondi si moltiplicano ma manca sempre quell’effetto di meraviglia che l’allargamento dei confini immaginifici presupporrebbe.
Di questo viaggio interstellare rimane perciò meno di quanto avremmo sperato, a partire da una messa in scena forse troppo piatta e di una totale mancanza di epos nel racconto. Divertente a tratti, abbastanza godibile nel complesso ma mai in grado di stupire, di far entrare nello spazio dello schermo la potenza del mito, il racconto per immagini, la vastità di un immaginario che appare un po’ riciclato. Non è un disastro, ma probabilmente avrete voglia di riaccendere la vostra consolle e tornare su Pandora per ben altre vie.
TITOLO | Borderlands |
REGIA | Eli Roth |
CAST | Cate Blanchett, Kevin Hart, Ariana Greenblatt, Florian Munteanu, Jack Black, Jamie Lee Curtis, Gina Gershon, Bobby Lee, Janina Gavankar, Olivier Richters, Cheyenne Jackson, Charles Babalola |
USCITA | 7 agosto 2024 |
DISTRIBUZIONE | Eagle Pictures |
Due stelle e mezza