Da Venezia 81, in concorso, la nostra recensione di Campo di battaglia di Gianni Amelio con Alessandro Borghi, Gabriel Montesi e Federica Rosellini: se il tema è interessante e provocatorio e la storia potenzialmente esplosiva, come mai quest’anemia?
A due anni da Il signore delle formiche Gianni Amelio torna nel suo Festival con Campo di battaglia, liberamente tratto dal romanzo La sfida di Carlo Patriarca a sua volta tratto da una storia vera. Stavolta il cineasta calabrese torna nel cuore della Grande Guerra, ma al posto di girare un film bellico sceglie di rimanere fuori dalle trincee per raccontarci un’altra guerra di natura morale ed etica. Se però sia il tema che la materia diegetica sono di grande rilevanza ed interesse, con la possibilità di girare un’opera esplosiva, qualcosa non ha funzionato come avrebbe voluto e si avverte una fastidiosa quanto inopportuna anemia, soprattutto in contrasto alle buone prove attoriali di Borghi, Montesi e Rosellini.
L’ospedale di guerra
Sul finire della Prima guerra mondiale, due ufficiali medici amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però sono impostori che si sono procurati da soli le ferite, e che farebbero di tutto per non tornare a combattere. Stefano (Gabriel Montesi) è ossessionato da questi autolesionisti e cerca di contrastarli con ogni mezzo. Giulio (Alessandro Borghi) invece è più portato per la ricerca e avrebbe voluto diventare un biologo. Anna (Federica Rosellini), amica di entrambi dai tempi dell’università, fa la crocerossina: un duro lavoro che affronta con determinazione, consapevole che è il prezzo che sta pagando per essere donna.
Qualcosa di strano accade intanto tra i malati, poiché molti si aggravano misteriosamente. È possibile che qualcuno stia provocando di proposito complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, pur di non farli tornare al campo di battaglia. Nell’ospedale c’è dunque un sabotatore, di cui Anna è la prima a sospettare. Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche e che, molto presto, contagia anche la popolazione civile.
Il dilemma morale
Il più classico dei dilemmi morali (ed etici) è quello dello scambio ferroviario formulato da Philippa Ruth Foot alla fine degli anni ’60, per poi essere riproposto in varie forme nel corso dei decenni. Amelio parte da quel dilemma e lo espande, provando a immaginare che cosa voglia dire infrangere la legge militare e rischiando così la propria carriera (o peggio) pur di salvare dei poveri cristiani dal fronte, con il rischio però di uccidere coloro che al fronte ci sono già. Perché è questo che Giulio fa, mentre dall’altra parte di questa bilancia etica c’è l’assoluta devozione alla legge e l’intransigenza ferrea dell’amico Stefano.
Campo di battaglia lavora perciò su queste figure quasi totalmente antitetiche e opposte facendole convivere assieme in un segreto inconfessabile. E poi, ovviamente, c’è una figura femminile – quella di Anna – che è esattamente in mezzo, che serve a smorzare anche quando all’inizio prende decisamente le parti di uno piuttosto che dell’altro, ma che ha anche una funzione riequilibratrice rispetto al conflitto centrale. Il primo atto – e in parte anche il secondo – di Campo di battaglia sono, a dire la verità, piuttosto promettenti: il conflitto tra gestione del potere, dovere morale ed etica del dolore è interessante, le premesse narrative promettono scintille, la curiosità aumenta.
È proprio in questo momento che il cinema mai sopra le righe di Amelio trova il suo habitat ideale, in una costruzione che svela mano a mano i rapporti di forza tra i personaggi ma anche le ferite del loro passato, le loro fragilità e la messa in discussione di certi valori che sembravano scontati. Il gioco di contrasti si fa vivido, l’ironia drammatica rispetto alle azioni di Giulio funziona proprio perché accentua lo scontro tra la misericordia umana e il pragmatismo militare e il film pare prendere quota, grazie anche alla prova di buona intensità del trio Borghi- Montesi – Rosellini.
Un’inspiegabile anemia
Poi però, puntualmente, arrivano tutti i limiti di Amelio nel gestire questo tipo di conflitto drammaturgico. Lo avevamo già visto due anni fa, ma qui l’errore è opposto forse perché la distanza rispetto alla materia tematica è molto maggiore. Così come si gonfia Campo di battaglia finisce per appiattirsi, il formalismo esagerato diventa quasi insopportabile, le interpretazioni senz’anima e senza vita, il ritmo cede all’autocompiacimento. Tutto diventa inspiegabilmente anemico e privo di forza, fino ad un finale che finale poi non è perché troppo affrettato, troppo buttato via.
La sensazione è che Amelio (non ce ne voglia) non fosse il regista più adatto per questo tipo di storia, la quale invece avrebbe richiesto una mano un po’ meno gentile e più ferma, perfino più audace. Invece, così com’è, Campo di battaglia rimane un film pieno di promesse non mantenute e con pochi momenti degni davvero di nota (la fucilazione del soldato traditore, il primo dialogo tra Giulio e Stefano); un vero peccato, insomma, ma anche la dimostrazione ulteriore che al cinema raccontare una storia non è solo una questione di gentilezza.
Guarda la nostra video intervista ad Alessandro Borghi e Gianni Amelio
Guarda la nostra video intervista a Gabriel Montesi e Federica Rosellini
TITOLO | Campo di battaglia |
REGIA | Gianni Amelio |
ATTORI | Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rosellini, Giovanni Scotti, Vince Vivenzio, Alberto Cracco, Luca Lazzareschi, Maria Grazia Plos, Rita Bosello |
USCITA | 5 settembre 2024 |
DISTRIBUZIONE | 01 Distribution |
Due stelle e mezza