La nostra recensione di Cattiverie a domicilio, commedia nera inglese diretta da Thea Sharrock con protagoniste Jessie Buckley e Olivia Colman: lo spunto iniziale, tratto da una storia vera, è intrigante ma non sempre il film riesce a capitalizzarlo al meglio
Quella di Cattiverie a domicilio è una storia vera che ha “sconvolto” la Gran Bretagna dei primi anni ’20 quando moderne amenità come perizia calligrafica, test del DNA o telecamere non erano ovviamente presenti, trasformando quello che oggi vedremmo come un crimine di basso livello in un vero e proprio scandalo. Pensate che finì addirittura in tribunale, per dire. L’inglese Thea Sharrock ha dunque deciso di farci immergere in questo racconto d’atmosfera a forti sfumature di commedia nera, grazie anche ad un cast perfettamente calibrato e a proprio agio nel rendere al meglio la tragica assurdità della vicenda capitanato da Jessie Buckley e Olivia Colman.
Chi ha scritto quelle lettere?
Tutto molto British
Sa tutto di Gran Bretagna, questo Cattiverie a domicilio. Il villaggio con le case attaccate l’una all’altra e le porte colorate, il pub ovviamente, le iconiche mailbox rosse, le biciclette che sfrecciano lungo le stradine tortuose. E poi ovviamente i suoi abitanti, subdoli e infimi, con il sorriso in bocca e il coltello ben affilato nascosto nella mano non in vista, malefici proprio come le piccole lettere del titolo originale. Ed è ancora più incredibile pensare come quella portata in scena dall’inglese Thea Sharrock sia una storia vera, verissima, accaduta proprio negli anni ’20 che fanno da sfondo alla narrazione. Sa tutto di Gran Bretagna dicevamo, ed il tono, le intenzioni, perfino il modo in cui la Sharrock mette fine a questo divertissement nero sono molto British.
Perché in Cattiverie a domicilio la commedia nera tipicamente d’oltremanica non diventa solo l’espressione del tono del racconto, ma una vera e propria dichiarazione d’intenti per mettere alla berlina le tante idiosincrasie ed ipocrisie sociali e morali di una nazione. La nazione di sua maestà, che a quei tempi era Giorgio V nonno di Elisabetta II, e che nascondeva i tanti, troppi panni sporchi sotto tappeti immacolati. Ecco perché usare la parolaccia, l’insulto, l’appellativo dispregiativo. Nella commedia di Sharrock l’ingiuria si fa quindi volontà di liberazione, un urlo disperato contro l’oppressione borghese e quella religiosa, ma anche il mezzo attraverso cui criticare pregiudizio e intolleranza.
Quella guidata dalle bravissime Jessie Buckley e Olivia Colman è una commedia nera politica British, ma pur sempre una commedia, e quindi ad un certo punto i piani diegetici si accavallano, gli avvenimenti diventano sempre più assurdi, si entra perfino nei territori del legal movie quando la vicenda si sposta in tribunale, ma Cattiverie a domicilio nel suo essere anche un mystery guarda decisamente verso i Monty Python e Kirk Jones più che ad Agatha Christie. Ed è proprio però la componente mystery a risultare la meno riuscita, la più prevedibile e forse la meno necessaria di tutta l’operazione.
Un concept non pienamente sfruttato
L’idea di un mucchio di lettere, dai contenuti offensivi e dissacranti, che fa improvvisamente esplodere il caos in un piccolo villaggio di benpensanti inglesi era troppo invitante affinché Thea Sharrock e il suo sceneggiatore Jonny Sweet non ne approfittassero. E in effetti per buona parte della sua durata Cattiverie a domicilio la sfrutta in maniera più che discreta, perché – ammettiamolo – non c’è niente di più esilarante che assistere ad un mucchio di timorati e timorate di Dio anche un po’ bigotti restare senza fiato, piangere o addirittura sentirsi male mentre leggono tutte le oscenità che sono indirizzate loro, o mentre danno di matto contro la polizia locale affinché trovi lo scellerato responsabile.
Però poi il duo Sharrock-Sweet commette un errore quando svela il responsabile troppo presto (oltre al fatto che la rivelazione è giusto un filo scontata), perché di lì deve per forza trasformarsi senza avere bene idea di come farlo. Ecco allora che il gioco comincia a perdere di stamina, di carica, fino ad abbracciare l’assurdo quando Rose e Gladys devono cercare un modo per incastrare un colpevole che già conoscono. Anche il modo in cui la vicenda avrà un riverbero sui destini di una società così repressa e repressiva, oltre che giudicante, non emerge in modo ben chiaro dal film, perché si preferisce la costruzione del setup a quella del payoff comico.
Cattiverie a domicilio rimane quindi godibile e piuttosto divertente fino alla fine, anche se perde un po’ di ritmo nella seconda parte del secondo atto, ma non spinge mai fino in fondo sull’acceleratore dando quindi l’impressione di un prodotto formatosi a metà. Per fortuna il cast, alcuni scambi dialogici fulminanti (come quello finale tra Rose ed Edith) e il concept di partenza garantiscono quantomeno la giusta quantità d’intrattenimento tutt’altro che sciocco o superficiale, ma con simili premesse e una tale patata bollente tra le mani un semplice insulto avrebbe potuto trasformarsi in un knock-out.
TITOLO | Cattiverie a domicilio |
REGIA | Thea Sharrock |
ATTORI | Olivia Colman, Jessie Buckley, Anjana Vasan, Timothy Spall,
Malachi Kirby, Hugh Skinner, Alisha Weir, Gemma Jones, Eileen Atkins, Jason Watkins
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USCITA | 18 aprile 2024 |
DISTRIBUZIONE | Bim Distribuzione |
Tre stelle