Chiamami col tuo nome: recensione del film da Oscar di Luca Guadagnino

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Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino ottiene 4 nomination all’Oscar, tra cui quella per il miglior film. Ecco la recensione in anteprima.

L’approccio

Approcciarsi al nuovo film di Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome, è in definitiva cosa assai meno semplice di quanto possa sembrare. Se non altro perché il terzo e ultimo atto della “trilogia del desiderio” arriva in Italia già forte di quasi un anno di premi, critiche entusiastiche e lodi illustri – due su tutte: l’endorsement di Xavier Dolan all’ultima Festa del Cinema di Roma e Paul Thomas Anderson che, di recente, lo ha indicato come il miglior film dell’anno – e un po’ perché, inutile negarlo, fa seguito a quel A Bigger Splash le cui ambizioni superavano di gran lunga la bontà del risultato finale, soprattutto per le sue derive più grottesche, laddove per “grottesco” si intende per lo più l’utilizzo sconsiderato di Corrado Guzzanti in un quasi remake de La piscina di Jacques Deray.

Ma è davvero così bello?

Resta però il fatto che Chiamami col tuo nome ha creato attorno a Guadagnino un hype obiettivamente difficile da ignorare, oltre che inimmaginabile per un autore italiano, Paolo Sorrentino a parte. Detto ciò, resta da capire com’è il film. È davvero il capolavoro di cui tutti parlano, osannato ovunque sia stato presentato, dal Sundance a Toronto passando per il Festival di Berlino? In realtà sì, e forse è ancora più bello di quanto non si sia detto finora. Perché è un miracolo di equilibrio e di delicatezza firmato da un regista che, al contrario, ha sempre praticato l’eccesso, di mélo in Io sono l’amore o di kitsch, come nel già citato A Bigger Splash. Ma procediamo per gradi.

Luca Guadagnino - Chiamami col tuo nome
Il regista italiano Luca Guadagnino

La storia

Intanto una storia, mutuata dall’omonimo romanzo di André Aciman che, a volerla sintetizzare, è il non plus ultra dei racconti di formazione. La nascita dell’amore lungo una sola estate che travolge il diciassettenne Elio (uno straordinario Timothée Chalamet giustamente candidato all’Oscar come miglior attore protagonista) e Oliver (Armie Hammer), studente di ventiquattro anni ospite del padre di Elio (Michael Stuhlbarg), docente universitario, per completare il proprio dottorato diventa invece, tra le mani di James Ivory (sceneggiatore) e Guadagnino, narrazione (ultra)emotiva di una “estate” universale. La tematica esplicitamente gay – così come la collocazione temporale in un 1983 ricostruito in maniera filologicamente perfetta – non nega infatti a nessuno la possibilità di un’immedesimazione che, una volta in atto, non lascia scampo.

Un senso di bellezza diffusa

Un senso di bellezza diffusa avvolge lo spettatore dai (bellissimi) titoli di testa fino alla struggente sequenza finale in cui, accompagnato dalle note di Sufjan Stevens, è racchiuso più o meno il senso di qualsiasi adolescenza. Ecco, se si mettono da parte eccessive speculazioni analitiche e ci si abbandona a questa bellezza – in modo non dissimile, poi, da come Elio e Oliver si lasciano andare al reciproco desiderio, consapevoli del suo essere destinato a finire insieme a quella estate assolata – Chiamami col tuo nome si rivela uno di quei film capaci di continuare a lavorarti dentro anche dopo l’uscita dalla sala. Perché se è vero che i punti di riferimento di Guadagnino, da Rohmer a Bertolucci e Visconti, sono tutti lì in bella vista, lo è altrettanto la sua maestria nel rimescolarli fino a produrre un linguaggio nuovo, che parla allo stomaco e alla testa con la medesima intensità.

Armie Hammer e Timothée Chalamet in Chiamami col tuo nome
I protagonisti Armie Hammer e Timothée Chalamet in una scena del film

L’elogio della lentezza

In cambio di tutto questo stupore e meraviglia, Guadagnino chiede in fondo solo un po’ di pazienza. Quella necessaria a entrare in una storia che all’inizio quasi respinge, con il suo ritratto di questa borghesia talmente illuminata da risultare irritante, e che si prende i suoi tempi, con una lentezza alla quale il cinema sembra quasi non essere più abituato. Solo così si potrà godere appieno di un’opera che corre il serio rischio di diventare un classico prima ancora che il tempo abbia fatto il suo dovere. Poi, certo, ci sarà chi si soffermerà (magari sentendosi anche offeso) sulla scena – già cult – dell’utilizzo a scopo onanistico di una pesca da parte di Oliver, magari senza concentrarsi su come, per la prima volta, un rapporto omosessuale venga rappresentato senza particolari conflitti culturali e/o sociali a fare da sfondo, ma come la più naturale delle cose.

In conclusione

Qualora non si fosse capito, Chiamami col tuo nome è il primo grande film di questo 2018 e l’invito a non perderlo è qualcosa di molto più simile a un ordine che non a un consiglio. Correte a vederlo e, mentre i titoli di coda scorrono su Oliver e sul suo piccolo mondo che va in frantumi insieme alla sua adolescenza – mentre alle sue spalle, fuori fuoco, la vita continua e i genitori apparecchiano la tavola – provate a ripensare a quel periodo della vita, per fortuna breve, in cui un’estate è più che sufficiente a devastarci il cuore. L’ascolto reiterato di Love My Way degli Psychedelic Furs farà il resto.

Chiamami col tuo nome, diretto da Luca Guadagnino, con Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, uscirà nelle sale italiane il 25 gennaio 2018, distribuito da Warner Bros.

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