Coronavirus, continuano le proteste nelle carceri: il numero delle vittime è salito a 12, mentre 22 detenuti sono ancora in fuga. Il ministero della Giustizia archivia i disordini come ‘conclusi’ ma alcune manifestazioni sono tuttora in corso.
I fuochi di proteste provenienti dagli istituti di detenzione di tutt’Italia continuano a moltiplicarsi. Il ministero della Giustizia considera ‘concluse’ le proteste in alcune città dopo i disordini verificatisi l’8 e il 9 marzo, ma in altri comuni la situazione resta complessa. Non a caso si contano 12 defunti, mentre a Foggia 22 persone risultano ancora in fuga. Approfittando dei disordini, 77 detenuti sono infatti riusciti a fuggire. 54 sono stati già catturati, tra cui due persone che hanno scelto di costituirsi. Tra gli evasi c’è anche un condannato per omicidio e alcune persone vicine alla mafia garganica.
Proteste e furto di psicofarmaci
Proteste scoppiate anche nelle carceri di Caltanissetta, Enna, Larino, Genova, Campobasso, Pescara e Avellino, con gruppi di detenuti che rifiutano di rientrare nelle celle. Nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia alcuni detenuti hanno iniziato a battere sulle inferriate e poi sono state avvistate delle fiamme, ma per fortuna la normalità è stata ristabilita in poco tempo. A Rieti 3 detenuti sono morti dopo aver assunto farmaci rubati dall’infermeria mentre altri 7 sono stati trasportati in ospedale (3 sono attualmente ricoverati in terapia intensiva, mentre un altro, in condizioni più gravi, è stato trasferito in elicottero a Roma). Sono 9 invece le vittime tra i detenuti del carcere di Modena, dopo la rivolta di lunedì. Dalle prime indagini risulta che avevano assunto psicofarmaci rubati dal cassetto delle medicine dopo l’assalto all’infermeria del carcere.
Agenti e infermieri in ostaggio
Nel carcere di Cavadonna a Siracusa 70 detenuti hanno fuoco alle lenzuola e hanno utilizzato le brande per sfondare alcuni cancelli. Inoltre è stato distrutto l’impianto di videosorveglianza e resa inagibile anche una delle due cucine. Nel carcere Pagliarelli di Palermo, invece, un gruppo di detenuti si è impossessato di un intero piano prendendo le chiavi della guardia penitenziaria. La direttrice Francesca Vazzana sta tentando una mediazione e ha assicurato che la “situazione sta tornando alla normalità”. Caso apparentemente rientrato anche a Melfi (Potenza) dove si è sfiorata la tragedia: i detenuti, dopo aver tenuto in ostaggio 4 agenti della polizia penitenziaria e 5 operatori sanitari per circa 10 ore, hanno deciso di ritornare nelle rispettive sezioni. Altre proteste sono in corso anche a Campobasso e Matera, ma in questi casi non si è andati oltre la semplice battitura delle sbarre.
I motivi delle rivolte
I motivi delle rivolte, in tutti gli istituti, sembrano sempre gli stessi: molti carcerati chiedono l’amnistia, a quanto pare temendo la paura del contagio da Coronavirus. Altri hanno voluto protestare perché le misure varate dal governo per combattere l’emergenza comprendono anche una serie di restrizioni ai colloqui con i parenti. “I provvedimenti presi hanno proprio la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria, ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”, ha dichiarato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.