La recensione di Decision to Leave, il nuovo thriller del regista di culto Park Chan-wook vincitore della Palma d’Argento allo scorso Festival di Cannes: un thriller sentimentale potente e ammaliante, ma non per tutti
Dopo il trionfo a Cannes con la Palma d’Argento alla miglior regia andata a Park Chan-wook, la nomination ai Golden Globe come miglior film straniero e l’incredibile esclusione dalle nomination dei prossimi Oscar, arriva nelle sale l’atteso Decision to Leave. Un film che si insinua sottopelle, dal ritmo cadenzato di una ballata d’amore e dalla tensione degna di un’opera di Hitchcock ma anche un’opera probabilmente non per tutti i gusti da assaporare e digerire con calma, soprattutto a visione terminata.
Una relazione pericolosa
Un detective insonne, Hae-Jun (Park Hae-il), lavora a Busan e vede la moglie, Jung-An (Lee Jung-hyun), operaia di una centrale nucleare situata nella città di Ipo solo una volta alla settimana. Hae-Jun e il suo partner Soo-Wan (Go Kyung-pyo) si imbattono in un caso in cui un ufficiale dell’immigrazione in pensione, Ki Do Soo (Yoo Seung-mok), viene trovato morto ai piedi di una montagna che scalava spesso. Cominciano così a interrogare la moglie molto più giovane, Seo-Rae (Tang Wei), un’immigrata cinese che lavora come badante per anziani e che non ha ancora molta dimestichezza con la lingua coreana. Sospettano di lei a causa delle sue mancate manifestazioni di dolore, di un graffio sulla mano, di lividi sulle gambe e sul busto e di un tatuaggio con le iniziali di Ki che fa capire loro come Seo-Rae fosse vittima di frequenti abusi da parte del marito. Nel corso delle indagini la relazione tra Hae-Jun e Seo-Rae si fa sempre più intensa rischiando di portare il detective fuori strada nella scoperta della verità, ma la domanda che quest’ultimo deve porsi è una sola: Seo-Rae è innocente o colpevole?
A metà tra il giallo e il melò
Sono piuttosto evidenti i riferimenti cinematografici che Park Chan-wook ha voluto regalare a questo Decision to Leave; c’è ovviamente l’Hitchcock di Vertigo e de Il delitto perfetto, ma anche molto noir anni ’40 come Il terzo uomo o film come Le relazioni pericolose e Attrazione fatale. Sebbene l’autore coreano ormai di culto (sua la celeberrima e bellissima trilogia della vendetta) faccia completamente suo l’archetipo della donna misteriosa e letale e dell’uomo educato ed elegante che si innamora di lei mettendo a rischio tutto, il suo rimane comunque uno sguardo lucido e compassato che tiene sui giusti binari il film senza rischiare di farlo deragliare nel melò più totale o nel giallo freddo e opaco privo di sentimenti. È un’opera elegantissima che rimane perfettamente in equilibrio fino alla fine, disegnando un rapporto – quello che si instaura tra Hae-Jun e Seo-rae – fatto di sfaccettature e non detti, di pieghe tra le quali trovare l’orrore della violenza, il parossismo della vendetta, l’ineluttabilità dell’amore. Un amore tossico sotto certi punti di vista, ma anche disperato e commovente e che sfocia in un finale terribile e poetico allo stesso tempo.
Un duetto di grandi attori
Park Hae-il e Tang Wei sono le due anime che popolano questo Decision to Leave, un film violentissimo in cui il sangue non è quasi mai presente. La loro relazione si intreccia continuamente all’indagine che il personaggio di Hae-Jun porta avanti, ma è la pellicola intera che li fa trovare per poi far sì che si perdano e si ritrovino ancora parecchi mesi dopo. Come scritto all’inizio questa è una pellicola che richiede una grande pazienza allo spettatore e la capacità di saper stare al suo passo, poiché Decision to leave flirta in maniera spudorata con il thriller investigativo, il noir e il romantic drama in un continuo cavallamento di luoghi, di luci e di situazioni. Si parte dalla montagna e si finisce sul mare, come in una sorta di percorso di purificazione che pareggi tutto e tutti, senza lasciare sul campo vincitori e vinti ma solo superstiti se si è abbastanza fortunati. In questo senso la prova dei due protagonisti Park Hae-il e Tang Wei è immensa, regalandoci due interpretazioni mai sopra le righe, misurate e del tutto in sottrazione ma capaci di esplodere con uno sguardo, un movimento degli occhi o col semplice linguaggio del corpo.
Vita, amore e morte
E in fondo la forza di un film come Decision to Leave sta proprio nel voler raccontare una storia tutto sommato semplice e nel farlo nella maniera più impattante possibile. Impattante non per cosa racconta o per come lo racconta, ma per chi racconta. Due anime costrette a vivere l’una per l’altra, alla ricerca di un po’ di quell’effimera ma latente felicità per la quale sono disposte ad uccidere o a coprire un omicidio. Park Chan-wook ci illude, ci fa vagare in un bosco pieno di nebbia e false piste, ci domanda pazienza e attenzione continue e ci mette alla prova, ma la ricompensa di un simile sforzo è un film perfettamente in controllo dei propri personaggi e del proprio arco narrativo che non dimentica di parlarci di amore e di vita, e di come solo la morte stessa o le situazioni fuori dal nostro controllo siano capaci di dar loro valore. Perché forse per Park Chan-wook la bellezza vera è sempre stata nella distruzione e nella successiva ricostruzione, nel doversi per forza di cosa separare per poi ritrovarsi. Ma la verità è che è difficilissimo lasciare andare via un pezzo di sé così importante, perché neanche tutta la tecnologia del mondo è in grado di ritrovare il nostro amore perduto, o sepolto sotto la sabbia.
Decision to Leave. Regia di Park Chan-wook con Park Hae-il, Tang Wei, Lee Jung-hyun, Go Kyung-pyo e Yoo Seung-mok in uscita nelle sale il 2 Febbraio distribuito da Lucky Red.
Quattro stelle