Delitto/Castigo, con Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini, al Teatro Duse di Bologna

Delitto/Castigo

Delitto/Castigo, lo spettacolo in scena al Teatro Duse di Bologna dal 25 al 27 gennaio, vede Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini raccontare un conflitto interiore che crea una lotta tra autoaffermazione del sé e colpevolezza.

Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini sono i protagonisti di Delitto/Castigo, lo spettacolo tratto dal capolavoro di Fëdor Dostoevskij, e diretto dallo stesso Rubini, che andrà in scena dal 25 al 27 gennaio al Teatro Duse di Bologna (venerdì e sabato alle ore 21, domenica alle ore 16). 

Vertigine e disagio accompagnano il lettore del celebre romanzo russo. La vertigine è quella di chi finisce dentro all’ossessione di una voce che individua nell’omicidio la propria e unica affermazione di esistenza. Allo stesso tempo cresce il disagio derivante dall’avere commesso un delitto che diventa specchio del proprio limite, orizzonte da superare per l’autoaffermazione del sé. Un conflitto che crea una febbre, uno sdoppiamento; un omicidio che produce un castigo, un’arma a doppio taglio. 

Delitto/castigo
Delitto/castigo – Foto di scena

È proprio la natura bitonale di Delitto e Castigo, insita nella scrittura stessa del romanzo in cui la realtà raccontata in terza persona è continuamente interrotta e aggredita dalla voce, in prima persona, del pensiero del protagonista, a suggerire la possibilità di portare l’opera in scena attraverso una lettura a due voci: quelle di due sublimi interpreti come Rubini e Lo Cascio

La trama di Delitto e Castigo (1866), l’opera più letta e conosciuta di Dostoevskij, è nota. Il romanzo racconta il tormento di Rodiòn Romànovic Raskòl’nikov, un giovane poverissimo, strozzato dai debiti, che uccide una vecchia e meschina usuraia. Il delitto crea, però, nel protagonista un lacerante conflitto interiore, una scissione. 

Sergio Rubini in Delitto/Castigo
Sergio Rubini in Delitto/Castigo

Da un lato, Rodja pensa che l’omicidio dell’usuraia, grazie al quale ha liberato dal giogo molti poveri creditori ed eliminato un essere maligno dalla faccia della terra, non sia condannabile e non dovrebbe procurargli alcun rimorso. Non solo. 

Il protagonista tenta di convincersi che il delitto costituisca la dimostrazione stessa della sua appartenenza ad una categoria superiore, quella degli uomini grandi, “i napoleonici”, come li definisce lui stesso, ovvero menti superiori, dalle idee rivoluzionarie, autorizzati a vivere e agire al di sopra della legge, perché tutte le loro azioni, anche quelle immorali, hanno come fine ultimo il bene collettivo. Dall’altro lato, però, affiora in lui la consapevolezza di non riuscire a sfuggire ai sensi di colpa e al terrore di essere scoperto. Alla fine, Raskòl’nikov dovrà rassegnarsi ad essere non già un grande uomo, ma un ‘pidocchio’ che, come tale, merita il castigo. 

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