Con Downsizing – Vivere alla grande il regista Alexander Payne parte da uno spunto estremamente originale per la risoluzione del sovraffollamento, procedendo poi, tra distopia e comicità, verso direzioni inaspettate
L’incipit
Downsizing si apre con una incredibile rivoluzione scientifica: un gruppo di scienziati norvegesi scopre come ridurre gli esseri umani a soli dodici centimetri d’altezza, rendendo così in primis il pianetà più sostenibile, eliminando il problema del sovraffollamento e quello dei riufiuti. Una scoperta che andrà a cambiare un mondo in cui Paul Safranek e sua moglie Audrey vivono una vita stressata e monotona, segnata da una costante instabilità finanziaria: il rimpicciolimento, come auspicabile, diventa rapidamente business in quanto soluzione per una vita ricca ed agiata, e i coniugi decidono di sottoporsi all’intervento per andare a vivere in una delle sfrenatamente ricche small town che stanno crescendo negli Stati Uniti, risolvendo i propri problemi.
Svolta ecologica o opportunità di guadagno?
Inizia così il nuovo film di Alexander Payne, in un incredibile prima ora raccontata attraverso numerosi salti temporali, per accompagnare tanto il rapido avanzamento tecnologico e mutamento sociale, quanto le vicende dei protagonisti inevitabilmente intersecate ad esso. Nel film la scoperta del rimpicciolimento (o downsizing, che dà il nome alla pellicola), parte da scopi puramente ecologici nella mente degli scienziati, per poi trasformarsi rapidamente in grande occasione di mercato e guadagno. Fantastici in tal senso i camei di Neil Patrick Harris e Laura Dern nella scena in cui questo viene reso più esplicito possibile, durante la presentazione di una small town: centri per cittadini rimpiccioliti in cui i pochi risparmi diventano patrimonio, tanto da poter tranquillamente arrivare a vivere di rendita. Il mondo rimpicciolito diventa in altre parole un riflesso del capitalistico fratello più grande, prima della crisi economica.
Protagonista e comprimari
Nonostante la svolta in positivo che dovrebbe rappresentare il rimpicciolimento, il protagonista Paul Safranek, interpretato da un convincente Matt Damon, mantiene una certa disillusione e tristezza. È infatti un personaggio segnato da una profonda crisi, che cerca di affrontare rimanendo alla ricerca di se stesso fino alla fine del racconto. Il suo percorso è attraversato da comprimari comici e improbabili, a partire da un Cristoph Waltz in gran forma, metà di uno spassoso duo con Udo Kier perfettamente riuscito. Del tutto particolare anche e soprattutto il personaggio femminile: parliamo di una donna delle pulizie vietnamita fastidiosa e a tratti ingenua, che esce però in fretta dalla macchietta, distinguendosi per una grande forza interiore e per il viso di Chau Hong, che sa mostrarsi anche incredibilmente tenero.
Un quadro stravolto
Secondo quanto scritto fino adesso, il film di Payne si potrebbe comunque dire di una certa linearità, un percorso con una direzione unica e precisa. Niente di più falso: Downsizing cambia spesso strada in un collage che potrebbe anche risultare grottesco e far storcere il naso. Il regista non segue infatti la via distopica inizialmente improntata (difficile dire se per mancanza di fede nelle potenzialità di quel tipo di racconto o nella precisa volontà di essere altro), dà anzi al film svolte inaspettate sia nella trama che nel genere. Si passa quindi da grandi risvolti comici a momenti di viaggio alla ricerca di se stessi, passando per trip acidi e scoperte desolanti. Payne, regista di una certa costante amarezza, si dimostra in questo caso poco istituzionale e convezionale: peccato per un finale che poteva rivelarsi forse più audace rispetto al percorso e alla carne messa a fuoco inizialmente.
Downsizing – Vivere alla grande diretto da Alexander Payne, con Matt Damon, Christoph Waltz, Chau Hong, Jason Sudeikis e Kristen Wiig uscirà in sala il 25 gennaio 2018 distribuito da 20th Century Fox