Dalla Festa del Cinema di Roma la nostra recensione di Emilia Pérez, il nuovo atteso lavoro di Jacques Audiard con Zoe Saldana e Selena Gomez: uno sfavillante thriller/melò/noir/musical su transizione di genere, maternità e senso di colpa che però fatica ad emozionare
Dal trionfo cannense al RoFF19 la parabola di Emilia Pérez sembra non arrestarsi. Questa miscela di thriller, telenovela, musical, noir, melò diretta da Jacques Audiard (Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa, Una lunga domenica di passioni, I fratelli Sisters, giusto per citarne alcuni) e interpretata dalle vincitrici del Prix d’interprétation féminine Zoe Saldana, Selena Gomez e Karla Sofía Gascón (prima donna trans premiata di sempre) è tanto sfavillante nella confezione, quanto frustrante per come non riesca a trovare una sintesi tra stile e racconto, tra capacità di rappresentazione visiva e tenuta drammaturgica.

Una missione particolare
Rita (Zoe Saldana) è un avvocato al servizio di un grande studio, più interessato a scagionare i criminali che ad assicurarli alla giustizia. Un giorno riceve un’offerta del tutto inaspettata: aiutare un potente boss del cartello messicano della droga, Manitas Del Monte (Karla Sofía Gascón), a ritirarsi dai suoi loschi affari e sparire per sempre. L’uomo ha in mente di attuare il progetto su cui lavora da anni: diventare Emilia Pérez, la donna che ha sempre sognato di essere. Insoddisfatta del suo lavoro, Rita decide di accettare l’incarico, ignara del fatto che questa scelta cambierà per sempre la vita di molti, a partire dalla moglie di Manitas, Jessi (Selena Gomez), e dei loro figli.

Tra colpa e redenzione, tra maschile e femminile
Molto del cinema di Audiard, specialmente a livello tematico, fa capolino in questo Emilia Pérez. Innanzitutto c’è il femminile, qui portatore di perdono, di pace, di uguaglianza sociale, che si contrappone ad un maschile gretto, violento, ingiusto. Poi c’è la sempreverde questione del rapporto tra colpa e redenzione, poiché il personaggio stesso di Manitas/Emilia – ma anche in minor parte quelli di Rita e Jessi – vivono questo continuo conflitto interiore. Tante dicotomie che modellano i personaggi, le loro psicologie, le loro azioni e quindi, per una sorta di sineddoche diegetica, tutta la pellicola.
Un’opera messicana nel ritmo indiavolato, nel calore dei corpi e della fotografia, nel come impasta e rimesce a sé la tragedia di una vita vissuta in un’identità fallace e la rinascita sottoforma di un nuovo corpo, di un nuovo nome e di una nuova sé. Pare quasi una telenovela Emilia Pérez, anzi senza il quasi, per come non si preoccupa minimamente di fornire un minimo senso drammaturgico all’azione e allo sviluppo della storia; al contrario, il patto con lo spettatore è di assoluta sospensione dell’incredulità anche di fronte alle evidenti ingenuità di scrittura perché qui non importa molto il cosa, ma il come. Ti stordisce con la sua confezione patinata (e con qualche notevole trovata visiva) e ti atterra.
Senso di colpa e redenzione, quindi, ma anche identità (sessuale, di genere, ideologica) e women empowerment, il tutto frullato in un calderone di donne forti e di uomini inetti, con la costruzione psicologica un po’ labile e un po’ piena di cliché (anche) di alcuni personaggi femminili e l’uso della forma musical che in alcuni momenti regala l’intensità necessaria, ma che in altri francamente stona fino a diventare un po’ ridondante. Un film in cui il cambiamento è necessario e vitale, ma anche la capacità di ritornare su quel passato ingombrante per provare a renderlo un po’ meno pesante, accettando i propri errori e orrori per guardare al futuro.
Emilia Perez – Karla Sofía Gascón
La temperatura emotiva
C’è però un’evidente contraddizione in termini tra ciò che Emilia Pérez si promette di essere e quello che effettivamente fa, ed è una freddezza francamente inspiegabile. Com’è possibile che un film che prende così tanto dalla telenovela, dal noir, dal melò e dal thriller poliziesco non riesca ad infondere la necessaria temperatura emotiva ai propri personaggi, e quindi di rimando allo spettatore, lasciandolo tanto stravolto negli stimoli visivi quanto inerme nel tessuto emozionale? Forse dipende dalla grande artificiosità del progetto, il quale parte in quarta, compie tante (troppe) deviazioni in corsa, cambia pelle e volto costantemente senza dare il tempo a tutti i generi di “respirare”.
Audiard sa girare, e pure bene, e per un po’ azzecca anche la gestione del ritmo che però diventa parecchio compassato ad un certo punto, senza però sfruttare del tutto quel rallentamento per farci entrare meglio e più da vicino in quel gineceo vorticoso di anime e cuori. Eppure la macchina da presa è incapace di scollarsi da Emilia e Rita (bravissime Karla Sofía Gascón e Zoe Saldana, la Gomez è un passo dietro), perché anime affini in corpi diversi; alle volte ci lascia intravedere la loro oscurità, ma è soprattutto la luce ad entrare e forse è questo uno dei motivi per cui queste donne le amiamo ma non siamo capaci di capirle fino in fondo. Tanto fumo, meno arrosto del previsto.
TITOLO | Emilia Pérez |
REGIA | Jacques Audiard |
ATTORI | Zoe Saldana, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Édgar Ramírez, Adriana Paz, Mark Ivanir, Eduardo Aladro |
USCITA | 8 gennaio 2025 |
DISTRIBUZIONE | Lucky Red |
Tre stelle