Escape at Dannemora, diretta da Ben Stiller, con Benicio Del Toro, Patricia Arquette e Paul Dano, racconta in modo esemplare l’evasione di due detenuti avvenuta nel 2015, con una tecnica e un’interpretazione perfette.
Ispirata a una storia vera
La miniserie si basa su una storia vera, accaduta nel 2015 in un carcere nella parte settentrionale dello stato di New York, una fuga che ha generato una massiccia caccia all’uomo per due assassini, in parte aiutati da una dipendente della prigione con cui entrambi avevano un rapporto ambiguo e utilitaristico. Diretta da un inaspettato Ben Stiller e con un cast d’eccezione, la serie parte nel carcere dove Richard Matt (Benicio Del Toro) controlla e gestisce la maggior parte di ciò che entra ed esce da quelle quattro mura, ricevendo aiuti dalle guardie, in particolare da Gene Palmer (David Morse), avendo così il ruolo di boss in una prigione dove sta da ben diciotto anni. David Sweat (Paul Dano) e suo compagno di cella, si dimostra più bravo di quanto lo stesso Matt pensasse, nel sopravvivere senza problemi all’interno del carcere, nonostante la sua strana e opportunistica relazione con Joyce Mitchell (Patricia Arquette), chiamata da tutti Tilly, direttrice della sartoria dove lavorano alcuni detenuti. Quando Matt scopre la possibilità di un passaggio verso l’esterno attraverso le condutture fognarie, insieme a Sweat iniziano ad escogitare la loro fuga.
Un ottimo progetto
Una miniserie perfetta in ogni suo aspetto, Escape at Dannemora non cala né delude neanche per un attimo, in un crescendo di emozioni, scoperte, tensione e sorprese inaspettate. Dalle prime puntate, in cui la fuga non è neanche un’idea nella mente dei protagonisti, viene presentato il mondo del carcere, dove Richard Matt, straordinaria interpretazione di Benico Del Toro, si aggira come capo indiscusso della prigione, una persona a cui si può chiedere aiuto, ma a cui bisogna stare attenti, un uomo che agisce indisturbato, senza però mai esagerare, in un perfetto equilibrio che gli dà quasi assoluta libertà: in una cella, dietro le sbarre, in un’ora d’aria e in qualche parola con la guardia Palmer, collegamento con il mondo esterno. Matt appare un uomo attento, calcolatore, capace di incenerire gli altri con un solo sguardo, un manipolatore che dietro ogni favore e ogni aiuto ha sempre un tornaconto personale.
Personaggi straordinari
David Sweat, impeccabile interpretazione di Paul Dano, d’altra parte, è un ragazzo giovane, con un animo del tutto diverso da Matt, una persona che non cerca problemi neanche se si tratta di danneggiare se stesso; utilizza Tilly come lei stessa usa lui e all’inizio sembra l’ultimo uomo che potrebbe far del male a qualcuno, altro grande pregio della serie: lo spettatore, irrimediabilmente, si ritroverà dalla parte di due assassini, a sperare che riescano nel loro intento e che la loro fuga abbia successo. Sweat è un uomo autosufficiente, abile, intraprendente e determinato, ma anche capace di avere quella tranquillità, fondamentale in un carcere. Lui diventa compagno di cella, amico, alleato, complice in quella fuga in cui Matt sarà la mente e Sweat il corpo, l’adulto e il giovane, il maestro e il discepolo, un rapporto capace di capovolgersi da un attimo all’altro.
Un’interpretazione insuperabile
I due rappresentato per la stessa Tilly, magistrale straordinaria interpretazione di Patricia Arquette, due facce della stessa medaglia. Tilly è una donna apparentemente insoddisfatta della propria vita, una vita che le sta stretta, insofferente a quella quotidianità e al marito Lyle (Eric Lange), un uomo perdutamente innamorato di lei che Tilly non sopporta più. Tilly sogna una vita diversa, almeno idealmente, un uomo che la faccia sentire viva, amata, che la porti via di lì, una relazione clandestina che le dia quell’adrenalina e sensazione di pericolo che le permette di sorridere ogni giorno, dandole una spinta che non sente più da anni. Tilly appare come una bambina indifesa e ingenua in un covo di squali, chiedendosi se le attenzioni di un uomo come Matt siano amore e non mero opportunismo, credendo di essere davvero contesa e legata ai due detenuti.
Scene studiate
Impeccabile, coinvolgente, a tratti poetica ed esteticamente perfetta, una serie che porta avanti la trama puntata dopo puntata regalando inquadrature, dialoghi, piani sequenza e scene indimenticabili. Per citare gli occhi di Benicio Del Toro nel finale della seconda puntata che con uno sguardo, apparentemente fisso, in realtà esprime più di mille parole, o lo sguardo ingenuo e sognante di Patricia Arquette in uno scambio di regali con Paul Dano. Per non parlare delle battute conclusive tra Del Toro e Dano nel finale della quinta puntata, scena statica e intensa a cui davvero non manca nulla, calcolata in ogni singolo istante. Tutti gli episodi di Escape at Dannemora hanno questa doppia struttura, oltre alla storia della fuga, si scopre qualcosa di nuovo su ognuno dei tre personaggi che acquistano sempre maggiore spessore e profondità, dando a tre straordinari attori la possibilità di entrare in perfetta sintonia con il proprio personaggio. Patricia Arquette subisce una trasformazione completa che la rende quasi irriconoscibile. L’eccezionale caratterizzazione dei personaggi coinvolge tutti, dai protagonisti a Palmer, a Lyle, ai secondini e a chiunque interagisca con la storia.
Tra complessità e realismo
Ben Stiller sottolinea vari temi in questa splendida serie, perché dopo aver fatto letteralmente innamorare lo spettatore di questi protagonisti, ricorda che si tratta di assassini, di persone che hanno ucciso, che hanno tolto la vita a un marito, a un padre o a un figlio. E quando si scopre cosa realmente si cela dietro a questi due anti-eroi, sembra crollare un mondo e succede proprio quando il rapporto tra i protagonisti e l’andamento della serie si ribalta e subisce un cambiamento. In Escape at Dannemora il carcere è un mondo completamente a parte rispetto a quello che c’è fuori, nessuno all’interno somiglia a ciò che è all’esterno. Le quattro mura della prigione si prendono la vita dei detenuti rendendola qualcos’altro, e in certi casi, facendo di loro delle persone migliori, non pericolose come lo sarebbero all’esterno, senza controllo. I tre personaggi cambiano dall’inizio alla fine, e il pubblico non smette mai di conoscerli davvero, proprio come succede nella vita. E la verosimiglianza di questa storia, oltre al fatto che si tratta di fatti realmente accaduti, aumenta l’eccellenza della serie.
Una miniserie completa in ogni aspetto
Escape at Dannemora inizia bene, continua perfettamente e termina con una conclusione straordinaria. La regia è chiara, ma al tempo stesso piena di tecniche complesse, come un lungo piano sequenza nei cunicoli sotto il carcere, in una simbolica corsa verso la libertà. La fotografia a tinte contrastanti tra interni ed esterni sta a sottolineare ancora di più la differenza di stati d’animo, emozioni e soprattutto stile di vita. Ben Stiller si rivela un regista sorprendente e capace di rendere eccellente un progetto già di per sé ambizioso. Inutile dire che l’interpretazione è ciò che rende questa serie straordinaria e una delle migliori degli ultimi anni. Forse l’unico difetto è che, come tutte le belle miniserie, durano troppo poco. Ma bisogna sopportare anche che le serie eccezionali finiscano ed Escape at Dannemora, anche nel numero di puntate è perfetta. Una strepitosa miniserie a cui non manca davvero nulla.
https://www.youtube.com/watch?v=0b7CSQqf3Bc
Escape at Dannemora, diretta da Ben Stiller, con Benicio Del Toro, Paul Dano, Patricia Arquette, David Morse, Eric Lange, Bonnie Hunt, Jeremy Bobb, Michael Imperiori è stata trasmessa su Sky Atlantic dal 4 dicembre 2018 al 15 gennario 2019.