La recensione de Gli occhi del diavolo di Daniel Stamm, horror dal taglio femminista in cui la prima donna esorcista, interpretata da Jacqueline Byers, scaverà nel suo passato oscuro per avere ragione del Male supremo
È arrivato nelle sale Gli occhi del diavolo, nuovo film di un lungo filone di horror demoniaci diretto dall’esperto nel genere Daniel Stamm (L’ultimo esorcismo) con protagonista Jacqueline Byers affiancata nella lotta al Maligno dall’indimenticato Ben Cross, qui al suo ultimo film, e da Virginia Madsen. Un film dal concept interessante ma che scade troppo velocemente nelle dinamiche già ampiamente rodate del genere, senza guizzi neanche dal punto di vista visivo.
La lotta contro Lucifero
In risposta all’aumento globale delle possessioni demoniache, la Chiesa cattolica riapre le scuole di esorcismo per formare i sacerdoti al rito sacro dell’esorcismo stesso.
Sebbene alle suore sia vietato eseguire esorcismi padre Quinn (Colin Salmon) riconosce le doti di suor Ann (Jacqueline Byers), tra cui l’empatia con le vittime possedute dai demoni, e accetta di addestrarla nonostante le reticenze del cardinale Matthews (Ben Cross). Spinta in prima linea con il suo compagno di studi padre Dante (Christian Navarro), Ann si ritrova a combattere per l’anima di una giovane ragazza, Natalie (Posy Taylor), che crede sia posseduta da un demone che anni prima tormentava la madre mentalmente instabile di Ann. Il tutto mentre la dottoressa Peters (Virginia Madsen), la psichiatra che segue il caso di Natalie, crede che il Diavolo non c’entri proprio nulla con gli strani comportamenti e le cose inspiegabili che accadono intorno a quest’ultima.
Un horror di matrice femminista
Gli occhi del diavolo non si proponeva (almeno nelle intenzioni) come il classico film di esorcismi infarcito di troppi jumpscare e di elementi da body horror in grado più di disgustare che inquietare lo spettatore, ma puntava un po’ più in alto. Il concept alla base, di per sé piuttosto interessante, vuole infatti che sia una giovane suora la protagonista assoluta del film, una donna che deve farsi largo in un ambiente estremamente maschilista, rigido e reazionario come quello delle alte gerarchie ecclesiastiche. Suor Ann deve infatti lottare con un nemico che potrebbe rivelarsi persino più insidioso e pericoloso del diavolo: il pregiudizio. È quindi una vera disdetta che il film non sfrutti questa carta potenzialmente vincente, perché avrebbe potuto raccontare moltissimo della condizione delle donne all’interno della Chiesa denunciandone le varie ipocrisie e svelandone i tanti lati oscuri. Una strada che il film sceglie di percorrere solo nel primo atto e senza troppa convinzione, togliendo così un punto di vista interessante sia a livello narrativo che tematico e scegliendo Satana come unico nemico.
Il passato non è mai un buon affare
Anche in questo Gli occhi del diavolo i traumi del passato giocano un ruolo tutt’altro che marginale. Ann, infatti, viene da un’adolescenza travagliata il cui evento culmine farà da filo conduttore per tutta la storia, oltre a rappresentare un colpo di scena per la verità fin troppo telefonato. Per tutto il film il legame di questo avvenimento nel passato con quello che succede nel presente costringerà il personaggio di Suor Ann a fare i conti con i demoni che abitano il suo passato e con quelli che nel presente tormentano i corpi e le anime di una giovane ragazza e di una bambina, lacerandone i tessuti e le carni, giocando con le loro paure più ancestrali e profonde. E se il sottogenere dell’horror demoniaco si è sempre dimostrato territorio fertilissimo per questo tipo di dicotomia, la pellicola di Daniel Stamm non fa assolutamente nulla per allontanarsi da questo solco procedendo dritta col pilota automatico, accumulando qualche momento fatto di spaventi di discreta fattura, inquadrature sporche e con poca luce, musiche gotiche e tutto l’armamentario tipico del genere. Aggressioni, riti di esorcismo, uomini e donne che si deformano e si inerpicano su per i muri, formule in latino, candele e acqua santa, c’è tutto quello che non dovrebbe mancare in un buon film sul Maligno compreso per l’appunto un segreto oscuro del proprio passato, ma manca l’inquietudine, manca la paura, e soprattutto manca l’intenzione.
Dove risiede il Male?
In un panorama cinematografico ormai sempre più colmo di film a tematica religiosa, e non necessariente horror, la soluzione per distinguersi e proporre qualcosa di nuovo e interessante è allora quella di puntare meno sull’effettaccio gore e sullo spavento a buon mercato e più su un taglio tematico interessante, su una visione laterale della condizione umana di fronte al problema del male. In questo senso Gli occhi del diavolo offre un primo atto quantomeno invitante, in cui si parla di salute mentale e di società -quella ecclesiastica- ancora legata a dogmi oramai obsoleti e privi tra l’altro di qualsiasi riferimento biblico o evangelicale. Ed è proprio in quel primo atto che il film presenta tutto il suo potenziale, accrescendo il rimpianto non di un mancato capolavoro ma di un film che avrebbe potuto rischiare molto di più, affrontare di petto un tema scomodo e mostrarci il vero volto del Diavolo. Che non è, o non è solo, quello di una creatura piena di luce che si ribellò a Dio per diventare regina di un mondo di oscurità, ma anche quella di un’istituzione affamata di potere e di denaro, composta da uomini che in quanto tali sono deboli e facilmente manipolabili, corrotti e moralmente tutt’altro che immacolati.
Un vecchio detto afferma che il diavolo stia sempre nei dettagli. Eppure, almeno sul grande schermo, il diavolo raramente riesce a sedurci, ammaliarci, lusingarci: è quello che il buon cinema dovrebbe saper fare, ma per farlo bisogna abbandonarsi ai filtri e cominciare a vedere l’orrore come qualcosa di affascinante e non di spaventoso. D’altronde anche lo stesso Lucifero all’inizio era un angelo, il più bello di tutti nondimeno.
Gli occhi del diavolo. Regia di Daniel Stamm con Jacqueline Byers, Colin Salmon, Virginia Madsen, Christian Navarro e Ben Cross, uscito nelle sale il 24 novembre distribuito da Eagle Pictures.
Due stelle