La nostra recensione de I cassamortari, tragicomico family drama di Claudio Amendola, su un’esilarante famiglia di becchini e un cantante redidivo, con Lucia Ocone, Massimo Ghini e Piero Pelù, su Prime Video
Tutti devono morire, ma solo in pochi ci guadagnano. Non c’è malvagità in questa constatazione, ma solo del cinico pragmatismo. La stessa concreta spregiudicatezza che ha permesso alla famiglia Pasti, proprietaria da generazioni di un’agenzia di pompe funebri, di ascendere nell’olimpo dei cassamortari romani. In questa premessa c’è tutta la natura tragicomica di un family drama sopra le righe, I cassamortari appunto, diretto da Claudio Amendola. Con un cast di mattatori come Massimo Ghini, Lucia Ocone, Gian Marco Tognazzi e la partecipazione speciale di Piero Pelù, il regista confeziona una commedia nera leggera e molto kitsch.
L’ascesa dell’arcangelo
La famiglia Pasti scopre di dover versare allo Stato un’ingente somma di denaro per sopperire ad anni in cui loro padre, fondatore dell’azienda di famiglia, non aveva pagato le tasse. Giovanni (Massimo Ghini), fratello maggiore con la stessa spregiudicatezza e passione per il lavoro del padre, Maria (Lucia Ocone), esperta consolatrice di vedovi, Marco (Gian Marco Tognazzi), luminare della tanatoestetica (la ricostruzione e trucco delle salme) e il giovane Matteo (Alessandro Sperduti), influencer che si occupa delle pagine social dell’azienda, devono unire le forze per salvare le sorti dell’impresa. Una ghiotta occasione si presenta loro con la morte della celebre star della musica Gabriele Arcangelo (Piero Pelù): l’organizzazione del suo funerale potrebbe permettere ai Pasti di saldare tutti i loro debiti.
Nel nome del padre
Vivere nella perenne glorificazione dei propri genitori o tentare in qualsiasi maniera di fuggirne l’ombra. Attraverso le storie dei quattro fratelli alla guida dell’azienda Pasti, I cassamortari, mette in scena le diverse conseguenze di un rapporto genitoriale mancato. Se da un lato Giovanni osanna la figura di suo padre in quanto temerario imprenditore, Maria mette da parte le sue ambizioni per stare al passo con le logiche della famiglia (non dimenticandosi di divertirsi nel frattempo). Se Marco ha scelto deliberatamente di comunicare attraverso una sorta di lingua dei segni e discute filosofeggiando solo con i suoi amati cadaveri (in una grottesca ma efficace esagerazione della misantropia), Matteo, da perfetto figlio minore, è il cocco di sua madre e tenta di emergere e farsi notare dai suoi fratelli mettendo in gioco le sue doti comunicative sui social.
Uno spettacolo tragicomico
A rendere tragicomica una narrazione che non rinuncia a offrire spunti di riflessione morale interessanti è la figura di Gabriele Arcangelo, cantante alcolizzato che perde la vita e la cui immagine (e il cui cadavere) vengono utilizzati per macinare denaro. I dilemmi etici che la speculazione sulla morte induce nei fratelli Pasti smuovono un’organizzazione familiare che inizia a scricchiolare. Conseguenza di questo sono un’alternanza serie di gag e siparietti comici spumeggianti romanità cui si intrecciano scene drammatiche non sempre particolarmente riuscite. L’effetto da iper-enfatica fiction di Rai1 si rischia in più occasioni. Nonostante questo, a tenere alto l’interesse per tutta la durata della pellicola è un ensemble attoriale esilarante in cui spiccano certamente Massimo Ghini e Lucia Ocone. Furbo sfruttare l’immagine da rock star dannata di Piero Pelù centellinando le scene in cui al cantante è effettivamente chiesto di recitare e trasformandolo in un cadavere per il resto del film.
I cassamortari, quindi, senza rinunciare a una consapevole dose di estetica kitsch, sfrutta i caratteri abbastanza stereotipati dei suoi personaggi per intessere una narrazione vivace che riesce a divertire.
I cassamortari. Regia di Claudio Amendola, Massimo Ghini, Gian Marco Tognazzi, Lucia Ocone, Alessandro Sperduti, Sonia Bergamasco, Piero Pelù, Alice Benvenuti, Giuliana Loiodice, Massimo Dapporto, Antonella Fassari e Edoardo Leo. Dal 24 marzo su Prime Video.
3 stelle