Con I morti non muoiono Jim Jarmusch prosegue il processo di rielaborazione dell’horror iniziato sei anni fa con il bellissimo Solo gli amanti sopravvivono e affronta il più codificato tra i suoi sottogeneri: lo zombie movie. Peccato che il risultato non sia all’altezza delle aspettative e del cast coinvolto.
Jim Jarmusch e l’horror
Ideale secondo atto di un processo di rielaborazione dei canoni del cinema horror a uso e consumo della propria personalissima poetica, iniziato sei anni fa con il bellissimo Solo gli amanti sopravvivono, I morti non muoiono vede Jim Jarmusch alle prese con quello che è forse il più fortemente codificato tra i sottogeneri del perturbante, ossia lo zombie movie. E se, nel passato recente, Tom Hiddleston incarnava tutto il romanticismo decadente di un “musicista vampiro”, non stupisce affatto che, qui, il primo morto vivente che incontriamo sia uno che musicista lo è per davvero: Iggy Pop, icona già ampiamente celebrata da Jarmusch nel documentario sugli Stooges Gimme Danger.
L’invasione di zombie più bislacca della Storia del Cinema
Non è, in verità, nemmeno il solo, vista la presenza nel cast di altri nomi noti a chi ne sa di musica, come RZA del Wu-Tang Clan (già presente in Cigarettes and Coffee) e Tom Waits che, con il suo inconfondibile timbro baritonale, fa da voce narrante all’invasione di zombie più bislacca della Storia del Cinema. Che, oltre ad essere, a suo modo, un horror, è anche – anzi, soprattutto – una commedia. O almeno, quanto di più simile a una commedia ci si possa aspettare da un film di Jim Jarmusch. I ritmi, infatti, sono quelli rarefatti e dilatati ai quali il regista di Akron ci ha abituati sin dai tempi di Stranger Than Paradise e il sorriso è motivato più dalla giustapposizione di un piano perfettamente reale a un contesto che, invece, di reale non ha nulla, che non dalla scrittura in sé.
La trama
A Centreville – “a very nice place”, come ci informa un cartellone all’ingresso della cittadina – non tutto va come dovrebbe. La luna splende grande e bassa nel cielo, le ore di luce diurna diventano imprevedibili e gli animali iniziano a mostrare comportamenti insoliti. Nessuno sa bene perché. Le prime notizie che circolano sono allarmanti e gli scienziati preoccupati. Ma nessuno riesce a prevedere la conseguenza più strana e pericolosa che, di lì a poco, inizierà a tormentare Centerville. Accade infatti che i morti non muoiono. Escono invece dalle loro tombe per nutrirsi di esseri viventi. E gli abitanti di quella cittadina un tempo così tranquilla dovranno combattere per la loro sopravvivenza.
L’influenza degli zombie di Romero
Il punto di vista si sposta sull’inarrestabile declino del genere umano che i due vampiri di Solo gli amanti sopravvivono erano costretti a testimoniare. Una deriva che principalmente affonda le sue radici nello sfrenato consumismo denunciato già da Romero nel suo Dawn of the Dead e porta gli zombie di Jarmusch a ripetere come dei mantra le proprie ossessioni terrene. L’iconografia classica dei morti viventi è rispettata alla lettera, compresa l’andatura lenta e le mani che spuntano all’improvviso dal terreno. Ciò che a tratti sembra latitare, semmai, è un maggiore bilanciamento tra le istanze più citazioniste – e quindi di genere – e lo stile più propriamente filosofico dell’autore di Daunbailò, all’interno, come dicevamo, di una cornice che è comunque riconducibile alla commedia.
Un Greatest Hits di Jim Jarmusch?
In altre parole, ne I morti non muoiono, il crossover tra lo stile di Jarmusch e la cultura pop – o, meglio, i suoi detriti – diverte ma non funziona con la stessa grazia di un Ghost Dog o dello stesso Solo gli amanti sopravvivono. L’impressione è di trovarsi di fronte a un divertissement di lusso la cui natura vagamente autocelebrativa rischia però, in più di un’occasione, di minarne la coerenza interna. Lo stesso fantasmagorico cast, così pieno di volti noti ai frequentatori del cinema di Jarmusch, suggerisce l’idea di una sorta di personale Greatest Hits in cui lasciare che confluiscano attori feticcio vecchi (Bill Murray) e nuovi (Adam Driver), la passione mai sopita per certo rock underground e la fascinazione per il codice dei samurai qui presente nel folle personaggio interpretato da Tilda Swinton.
In conclusione
Sia ben chiaro, però, che per quanto I morti non muoiono non possa dirsi il migliore dei Jarmusch – il precedente Paterson era oggettivamente più a fuoco – resta pur sempre un Jarmusch. Il che vuol dire infinitamente al di sopra di un buon 80% dei film che ogni anno raggiungono le sale. Con un cast talmente assortito che non si vedeva dai tempi di America oggi di Altman e un’esilarante rottura della “quarta parete” che se, da un lato, contraddice tutte le rigide regole di un gioco al quale l’autore ha deciso comunque di giocare, dall’altro ci ricorda come, inevitabilmente, sempre di un gioco si tratti.
I morti non muoiono, diretto da Jim jarmusch e interpretato da Bill Murray, Adam Driver, Chloë Sevigny, Steve Buscemi e Tom Waits, sarà in sala dal 13 giugno distribuito da Universal Pictures.