La nostra recensione di Iddu – L’ultimo padrino di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza con Toni Servillo ed Elio Germano, in concorso a Venezia 81: la Mafia come farsa in un film a due facce, affascinante e sconnesso
Nel cinema di Piazza e Grassadonia la Mafia torna sempre, a Venezia o altrove. Iddu – L’ultimo padrino è infatti solo l’ultimo tassello della filmografia della coppia di registi milanese-palermitana, arrivato a 7 anni di distanza da Sicilian Ghost Story che lavorava però su ben altre atmosfere.
A questo giro il duo abbandona i territori del thriller e della favola nera per addentrarsi nell’insidioso arenile della farsa, con un lieve retrogusto di commedia nera e con una volontà dissacratoria più forte che in passato. Elio Germano qui diventa Matteo Messina Denaro, l’ultimo vero boss ammantato di leggenda, mentre Toni Servillo è colui che deve tendergli una trappola per conto dei servizi segreti.
Guarda la nostra video intervista a Toni Servillo ed Elio Germano
L’ultimo grande latitante di Mafia
Sicilia, primi anni Duemila. Dopo alcuni anni in prigione per mafia, Catello (Toni Servillo), politico di lungo corso, ha perso tutto. Quando i Servizi segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio Matteo (Elio Germano), ultimo grande latitante di mafia in circolazione, Catello coglie l’occasione per rimettersi in gioco. Uomo furbo dalle cento maschere, instancabile illusionista che trasforma verità in menzogna e menzogna in verità, Catello dà vita a un unico quanto improbabile scambio epistolare con il latitante, del cui vuoto emotivo cerca di approfittare. Un azzardo che con uno dei criminali più ricercati al mondo comporta un certo rischio.
La pochezza di due uomini soli
“La vita è una farsa dove tutti abbiamo una parte” scriveva Rimbaud, e la vicenda umana ed esistenziale di alcuni uomini rispetto ad altri sembra avvalorare questa massima del poeta francese. Tra questi uomini non possiamo non citare i grandi capi di Mafia, i grandi latitanti, perché nel loro perpetuo nascondersi dalla giustizia evidenziano la miseria di un potere – quello mafioso – che è tanto grande quanto labile nel tempo. Dipingerli come mostri assetati di sangue, denaro e appunto potere sarebbe troppo facile però, troppo comodo, perché vorrebbe dire disumanizzarli al punto da deresponsabilizzarli.
Per questo la farsa e la tragedia, sebbene agli antipodi, rappresentano i due linguaggi migliori per provare a scavare nell’umanità nerissima degli uomini d’onore e l’ambizione del film sta proprio nel cercare un mezzo per farli convivere.
Prima però era necessario spogliare Messina Denaro della propria sacralità, riportarlo in una dimensione più intima, restituirlo alla sfera privata attraverso il rapporto con il padre defunto e con i propri fratelli, una spietata tanto quanto lui e forse di più mentre l’altro più sommesso e ingenuo e con Lucia Russo, la sua unica confidente nonché responsabile dello smercio dei pizzini che manda o che gli vengono mandati.
Ecco, in Iddu – L’ultimo padrino è paradossalmente quello femminile lo sguardo meno disilluso e disincantato, quindi più feroce, ferino e lucido, il mondo sta cambiando, la terra sta franando sotto i piedi di tutta l’organizzazione mafiosa costringendola ad un cambiamento che però viene intercettato dalle donne, le quali sono costrette a rimanere ai margini anche dall’altra parte della barricata e cioè nei servizi segreti. Alla fine, gira che ti rigira, il tentativo di Piazza e Grassadonia è quello di portarci nella solitudine di Catello e in quella di Matteo, due losers che non sanno ancora di esserlo e che per questo sono ancora più ridicoli nell’esibizione di un’egemonia polverosa.
L’amorale e il grottesco
Dov’è che deraglia quindi la pellicola? Lo fa dalla metà del secondo atto in avanti, e cioè da quando l’operazione inizia a mostrare le prime crepe perché lo script non riesce a riannodare i fili di una narrazione fin lì tenuta in piedi più dai dialoghi che dagli eventi, più dalla fascinazione dei personaggi che dalla loro effettiva costruzione. In un film come questo che vive attraverso i fantasmi e che l’orrore lo soprassa a destra, lasciandolo lì a decantare perché non c’è bisogno di farlo riaffiorare, la chiave è allora quella di un’amoralità che contagia tutti e che lega il passato al presente e la legalità all’illegalità, anche attraverso l’uso della parola scritta (i pizzini) i quali diventano una maniera per poter decifrare i codici di questa amoralità.
Il problema però sta nella laconicità di questa rappresentazione, di un ritmo che tiene a fatica sia l’impianto tragico che quello grottesco, di un movimento drammaturgico che non ha né la spinta e né la forza sufficiente a sublimare tragedia e farsa in un atto compiuto e coerente fino alla fine. E se, alla fine, sia Toni Servillo che Elio Germano sembrano cercare più dentro se stessi Catello e Matteo che sulla pagina di sceneggiatura, è perché Iddu – L’ultimo padrino si arrotola su se stesso e sulle proprie ambizioni.
A Venezia lo hanno già premiato sia col Premio Carlo Lizzani al miglior film italiano che col Premio Mimmo Rotella, ma per chi scrive avrebbero meritato film più compiuti, più a fuoco.
TITOLO | Iddu – L’ultimo padrino |
REGIA | Fabio Grassadonia, Antonio Piazza |
ATTORI | Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi, Antonia Truppo, Tommaso Ragno, Betti Pedrazzi, Filippo Luna |
USCITA | 10 ottobre 2024 |
DISTRIBUZIONE | 01 Distribution |
Due stelle e mezza