La recensione de Il commissario Ricciardi, la serie diretta da Alessandro D’Alatri con Lino Guanciale: sullo sfondo di una Napoli elegantissima in chiaroscuro, una storia in cui amore e fame si contendono la verità
Il primo caso de Il commissario Ricciardi
Napoli, marzo 1931. Mentre un inverno particolarmente rigido tiene la città stretta in una morsa di gelo, un assassinio scuote l’opinione pubblica per la ferocia con cui il crimine è perpetrato e per la notorietà del morto. Il grande tenore Arnaldo Vezzi, artista di fama mondiale e amico del Duce, viene trovato cadavere nel suo camerino al Teatro di San Carlo, prima della rappresentazione de I Pagliacci. A risolvere il caso è chiamato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi (Lino Guanciale, qui la nostra video intervista), che in quell’occasione conosce la vedova del tenore: Livia Lucani (Serena Iansiti). Ad aiutarlo nelle indagini anche il parroco locale don Pierino (Peppe Servillo), esperto conoscitore dell’opera e inaspettato testimone oculare.
Napoli in chiaroscuro
Il commissario Ricciardi, tratto dagli omonimi romanzi di Maurizio de Giovanni, sarà protagonista di 6 prime serate in onda su Rai 1 a partire dal 25 gennaio. La regia di Alessandro D’Alatri è ricca di dettagli e gode di una fotografia elegante. Ciò è coadiuvato, nel primo episodio, dall’esclusiva cornice del Teatro di San Carlo. Anche gli esterni contribuiscono al buon risultato finale, vista l’aura misteriosa e affascinante che viene conferita alle strade di Napoli. I suoi chiaroscuri toccano tutte le tonalità del grigio, rispettando il mix di generi che la serie vuole incarnare: poliziesco, mystery e melò.

L’ultimo pensiero delle vittime
Lino Guanciale affronta così una nuova sfida televisiva, incarnando un personaggio ricco di sfaccettature. Il commissario Ricciardi, infatti, possiede lo strano dono – del quale nessuno conosce l’esistenza – di vedere l’ultimo istante di vita delle vittime (come fossero fantasmi) nonché di ascoltare il loro ultimo pensiero. Questo lo aiuta nelle indagini ma al tempo stesso lo rende schivo e un po’ distaccato. Sebbene appaia come un uomo scontroso, la sua natura sensibile viene mostrata dai bei rapporti instaurati con l’anatomopatologo anti-fascista Bruno Modo (Enrico Ianniello), con il brigadiere Raffaele Maione (Antonio Milo) e con la vecchia tata-governante Rosa (Nunzia Schiano).
Amore e fame
Ne Il commissario Ricciardi è presente infine una marcata vena sentimentale. Prima di tutto ci sono due donne a contendersi il cuore del bel commissario. Si tratta della giovane e semplice Enrica, che ha il volto pulito di Maria Vera Ratti, e dell’affascinante Livia, interpretata da Serena Iansiti. Ricciardi guarda Enrica dalla finestra e le augura silenziosamente la buonanotte ogni singola sera: è lei a rappresentare i valori familiari cui il commissario aspira. Nel corso della sua prima indagine, tuttavia, si imbatte nella misteriosa Livia, che lo attrae grazie alla sua passionale sensualità. Questo triangolo è destinato a tenere banco fino alla puntata conclusiva, ma non è solo in questo che si approfondisce il tema amoroso. Il commissario Ricciardi crede che i crimini avvengano per fame o per amore, e proprio questi due filoni sembrano destinati a costituire il fil rouge di un progetto televisivo esteticamente interessante, dalla trama intrigante e con un validissimo cast.
Il commissario Ricciardi è una coproduzione Rai Fiction–Clemart, prodotta da Gabriella Buontempo e Massimo Martino, scritta da Maurizio de Giovanni con Salvatore Basile, Viola Rispoli e Doriana Leondeff. Nel cast, accanto a Lino Guanciale, Antonio Milo, Enrico Ianniello, Serena Iansiti, Maria Vera Ratti, Mario Pirrello, Peppe Servillo, Fabrizia Sacchi, Nunzia Schiano, Marco Palvetti, Adriano Falivene, Massimo De Matteo e Susy Del Giudice.
Voto due non esiste una fine bieca speculazione commerciale
Assurdo fuori dal tempo senza un finale buono o cattivo che uno voglia