Il Delitto di via dell’Orsina, Dapporto e Fassari debuttano all’Ambra Jovinelli

Il Delitto di via dell'Orsina - Antonello Fassari e Massimo Dapporto
Il Delitto di via dell'Orsina - Antonello Fassari e Massimo Dapporto (foto di Francesco Bozzo)

Il Delitto di via dell’Orsina, Massimo Dapporto e Antonello Fassari debuttano all’Ambra Jovinelli con una commedia nera energica e divertente diretta da Andrée Ruth Shammah

Il Delitto di via dell’Orsina, Massimo Dapporto e Antonello Fassari debuttano all’Ambra JovinelliDal 6 al 17 dicembre, al Teatro Ambra Jovinelli, Massimo Dapporto e Antonello Fassari, sono i protagonisti de Il Delitto di via dell’Orsina, diretto e adattato da Andrée Ruth Shammah. Una commedia nera, una macchina fatta di trovate, energia, divertimento.

La piéce è uno degli atti unici più conosciuti di Eugène Labiche, padre nobile del vaudeville, talento prolifico e sopraffino capace di svelare, con indiavolate geometrie di equivoci e farse, il ridicolo nascosto sotto i tappeti della buona borghesia. Una commedia nera, una macchina fatta di trovate, energia, divertimento.

Il Delitto di via dell’Orsina è uno degli atti unici più conosciuti di Eugène Labiche, padre nobile del vaudeville, talento prolifico e sopraffino capace di svelare, con indiavolate geometrie di equivoci e farse, il ridicolo nascosto sotto i tappeti della buona borghesia. Due uomini, un ricco nobile ed elegante (Massimo Dapporto) e un proletario rozzo e volgare (Antonello Fassari), si risvegliano nello stesso letto, hanno le mani sporche, le tasche piene di carbone e non ricordano nulla di quanto accaduto la notte precedente.

Quando dal giornale apprendono della morte di una giovane carbonaia si convincono di essere stati loro a commettere l’omicidio. Per i due protagonisti, disposti a tutto pur di sfuggire alla colpa e mantenere le apparenze, non resta che far sparire ogni prova. Andrée Ruth Shammah che firma la regia e, assieme a Giorgio Melazzi, l’adattamento, mantiene intatta la struttura della pochade e del gioco indiavolato degli equivoci ma vira al noir seminando inquietudini all’ombra di qualcosa che incombe.

La Francia perbenista e ottocentesca di Labiche diventa l’Italia del primo dopoguerra, prefascista e conformista. Alcune battute e personaggi sono “rubati” da altri lavori del drammaturgo francese per dare più spessore alle sottotrame e rendere più stratificata la vita che c’è dentro. Un sottile turbamento, fatto di piccole sospensioni, guida gli attori. Clownerie e astrazione beckettiana, il ritmo del vaudeville e la tradizione del teatro brillante italiano si incontrano in un vaudeville noir che fa ridere e pensare e che con i suoi vorticosi intrecci riesce a raccontarci, in modo non scontato, il disorientamento che stiamo attraversando.

Il Delitto di via dell'Orsina - Antonello Fassari e Massimo Dapporto
Il Delitto di via dell’Orsina – Antonello Fassari e Massimo Dapporto foto di Francesco Bozzo)

Un atto unico che spinge sul gran gioco del teatro e delle sue possibilità, in cui si inseriscono couplets cantati. Una vicenda fatta di tensioni che gioca con i tanti tic di oggi e mette in scena il contrasto tra come vogliamo apparire e come siamo davvero dentro la solitudine che ci attanaglia.

Le parole del regista

IL TESTO Il primo lavoro fatto sul testo di Labiche è stato quello della traduzione. Ho scelto di lavorare con Giorgio Melazzi che è un attore e ama questo tipo di teatro, e con lui abbiamo concluso una prima stesura spostando l’intera vicenda dalla Francia all’Italia e in un periodo storico differente, più vicino a noi.

Poi c’è stato l’adattamento, durante il quale ho deciso di inserire all’interno di questo atto unico elementi presi da altre opere di Labiche, come la presenza dei due camerieri, che ho pensato avrebbero arricchito lo spettacolo di alcuni aspetti della vita profondamente umani: il confronto tra un giovane e un vecchio, il passaggio di consegne da una generazione all’altra, il doppio punto di vista sull’epoca presente. In questa fase, mi sono anche permessa di inventare io stessa alcune aggiunte al testo, anche grazie al prezioso aiuto datomi da tutti gli attori durante le. prove, in un costante lavoro sugli specifici personaggi che ho portato avanti nel corso di tutto l’allestimento.

LA SCENA A quel punto c’è stata la prova del meccanismo: si lavora sul far funzionare insieme tutte le parti che compongono lo spettacolo, e sull’inserire poi tutte queste parti all’interno della scena. Questo è stato un lavoro non semplice, che ci ha richiesto del tempo, perché la bellissima scenografia dello spettacolo disegnata da Margherita Palli si compone di diversi livelli, e questa sua complessità comporta un utilizzo attento e preciso della scena stessa.

Abbiamo quindi studiato come far comparire e scomparire il letto, come far entrare e uscire gli oggetti di scena, ma anche come armonizzare i colori rispetto alla particolarità dei toni scelti da Margherita.

LE MUSICHE Un altro elemento sono state le musiche, composte per l’occasione dal Maestro Alessandro Nidi, durante le prove a tavolino. Il lavoro fatto è stato non solo di capire quali scene musicare e come, ma anche di comporre insieme le parole delle canzoni, e di usarle per dare a ogni personaggio il proprio spazio, e il proprio carattere, all’interno dello spettacolo.

IL CAST Massimo Dapporto conosce bene il mondo del teatro di varietà che io, con la guida magistrale di Franco Parenti, incontrai e amai da molto giovane quale ero. In quel contesto basta un suggerimento, nessun bisogno di spiegazioni, tutto rapido e creativo. Per questo motivo non avrei potuto fare questo spettacolo senza di loro: perché sapevo che per lavorare su questo testo, sarebbe stato necessario rievocare quel mondo e che avrei potuto farlo solo con attori con cui fosse possibile raggiungere quell’armonia di ricordi e significati che ho raggiunto con Massimo e Antonello.

E questa armonia è un qualcosa che non si può insegnare né spiegare, ma solo conoscere. Credo poi che l’abilità di un regista consista nel riconoscere il mondo teatrale da far risuonare dentro ciascun attore e nel saper utilizzare al meglio le doti di ciascuno. La personalità di un attore come Dapporto ha risvegliato in me tutto ciò che conoscevo dei grandi attori del passato, e l’umanità di Antonello Fassari mi ha portata a lavorare molto sul suo personaggio, inventando per lui delle battute e un’intera canzone che in Labiche non c’erano, e che restituissero ad Arturo Mistenghi tutta la complessità d’animo suggerita dal suo interprete.

Per Norina invece, un personaggio difficile, che crea una frattura ogni volta che entra in scena, ho pensato di usare la femminilità e le doti canore di Susanna Marcomeni, per dare alle sue entrate un crescendo, nel corso di tutto lo spettacolo, che rendesse Norina uno dei fili conduttori della commedia. Ed è stato infine proprio partendo dalla poeticità che sempre contraddistingue Andrea Soffiantini, un attore che ormai conoscono molto bene, che ho disegnato il personaggio di Amedeo.

E poi Marco Balbi, per me oramai una certezza. Giustino poi, è una scoperta di cui vado fiera. È un personaggio riservato nelle battute, ma imponente come carattere e lucido e freddo in tono dialogante con tutto lo spettacolo.

(ANDRÉE RUTH SHAMMAH)

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