Recensione de Il delitto Mattarella, diretto da Aurelio Grimaldi: il film riporta alla memoria un fatto di cronaca che vale la pena ricordare, eppure la messa in scena cinematografica si perde nell’eccessiva dovizia di particolari.
Piersanti Mattarella
Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica Italiana, era il Governatore della Regione Sicilia quando fu assassinato da Cosa Nostra. Si trovava in una Fiat 132 e si stava recando a messa con la sua famiglia quando un sicario si avvicinò al finestrino e lo uccise a colpi di pistola. Pur nel disorientamento del momento con una serie di depistaggi verso il terrorismo, il delitto apparve anomalo per le sue modalità. Il giovane Sostituto Procuratore di turno sarà Pietro Grasso, futuro Procuratore Antimafia e Presidente del Senato. Le indagini saranno proseguite dal Giudice Istruttore Giovanni Falcone, che scoverà pericolose relazioni tra Mafia, Politica, Nar e neofascisti, banda della Magliana, Gladio e Servizi Segreti. Il regista Aurelio Grimaldi, grazie ad una ricerca durata anni, ha raccolto molto materiale sul caso e ha scritto una sceneggiatura densa di fatti e documenti con l’intento di combattere l’oblio in cui è caduta la vicenda. Il film ricostruisce il clima politico che ha preceduto l’omicidio ma è anche la storia di una famiglia, di esseri umani, nonché di valori e di ideali perseguiti con sincerità.
Un fatto da ricordare
Il delitto Mattarella racconta uno degli episodi più vergognosi della cronaca italiana. Chi non ricorda – o non conosce affatto – gli avvenimenti del 6 gennaio 1980 farebbe bene a colmare la lacuna, poiché l’assassinio dell’allora governatore della Sicilia rappresenta una macchia indelebile nella storia del Mezzogiorno al pari dei più noti omicidi di Falcone e Borsellino. Sebbene il killer fosse solo un mero esecutore, è ormai chiaro che sia tutto riconducibile alla potente mano della mafia siciliana, più che mai decisa a fermare il desiderio di “pulizia” di Mattarella. Ricordare è sicuramente necessario per arrivare ad una presa di coscienza a più ampio raggio, eppure il modo in cui il regista Grimaldi ha deciso di rendere la storia sul grande schermo solleva ammirazione ma anche alcune perplessità.
Eccesso di zelo?
Grimaldi ha voluto in primis realizzare un tributo alla memoria di Piersanti Mattarella. Non è un caso che il progetto coinvolga solamente attori siciliani, per una troupe a sua volta 100% siciliana. Tuttavia il desiderio di completezza e l’importante lavoro documentaristico ha finito nello sfociare in un eccesso di zelo. Tanti i fatti da narrare, tanti i personaggi da prendere in considerazione, infiniti i legami presi in causa. Tutto questo sfugge di mano e finisce per il ritorcersi contro lo spettatore, che viene investito da una miriade di informazioni che non riescono a scorrere in modo lineare. Sicuramente il rapporto di causa-effetto esiste ed è lampante nel racconto, eppure resta la sensazione che le vicende potessero essere raccontate in un’altra maniera e con controllo più saldo.
Conclusione mancata
La scelta di ricorrere ad una voce narrante esterna si rivela un vantaggio ma al tempo stesso uno svantaggio. Se da un lato si dà ordine al racconto, dall’altra non si riesce a tenere le redini di un discorso complesso che senza dubbio meritava di essere affrontato con maggior lucidità. Arrivati alla fine ci si potrà sentire arrabbiati per quanto subìto dal coraggioso protagonista della vicenda (figura che la pellicola riesce certamente ad onorare), sentimento giusto e probabilmente voluto da Grimaldi. Resta però un senso di incompiuto per un finale che non riesce a convogliare tutti i fatti e le informazioni fornite dalla trama. Peccato, perché correggendo il tiro si sarebbe potuto trovare un compromesso più efficace tra cronaca e finzione cinematografica. Un plauso al primo elemento, qualche critica al secondo.
Il diritto Mattarella, prodotto da Cine 1 Italia e Arancia Cinema, sarà in sala dal 2 luglio, distribuito da Cine 1 Italia. Nel cast Antonio Alveario, Claudio Castrogiovanni, Nicasio Catanese, David Coco, Francesco Di Leva, Donatella Finocchiaro, Lollo Franco, Sergio Friscia, Ivan Giambirtone, Leo Gullotta, Guia Jelo, Francesco La Mantia, Tuccio Musumeci, Tony Sperandeo, Andrea Tidona e Vittorio Magazzù.