Il grande passo, recensione: fantasticando col naso in su, ma senza osare

Il grande passo: recensione film

Recensione de Il grande passo, con Giuseppe Battiston e Stefano Fresi nei panni di due fratelli che non potrebbero essere più diversi: l’opera seconda di Antonio Padovan è una commedia brillante cui manca però la forza di fare la differenza

Due fratelli che si scoprono

Dario (Giuseppe Battiston) aveva solo 6 anni quando ha visto in diretta le immagini del primo sbarco dell’uomo sulla Luna. Da quel momento però non ha mai smesso di volerci andare. Mario (Stefano Fresi) gestisce con la madre un negozio di ferramenta a Roma, ma un giorno la sua banale esistenza fatta di routine sempre uguali viene scombussolata dallo squillo del telefono: suo fratello Dario ha causato un incendio ed è finito in prigione. I due si sono visti solamente una volta in vita loro e sono praticamente degli sconosciuti, eppure Mario è l’unico parente che può occuparsi di lui. Comincia così un rapporto all’insegna dei sogni (perennemente con il naso in su, rivolto verso il cielo) e del ricordo di un padre egoista che ha abbandonato entrambi segnandoli in un modo più profondo di quanto avessero mai percepito.

Sogni e fratellanza

Fresi e Battiston – da sempre confusi l’uno con l’altro – analizzano questo strano rapporto tra due fratelli che in fondo devono imparare a riconoscere le caratteristiche portanti del loro legame. Pratico e con i piedi per terra l’uno, inguaribile sognatore l’altro, il loro essere si riflette anche nel modo di vedere e vivere la vita. Far incontrare questi due universi non è semplice, eppure è proprio la fratellanza a rappresentare una buona chiave di lettura del film diretto da Antonio Padovan. La morale de Il grande passo risiede anche lì: per dimostrare solidarietà alle persone che si amano non è necessario essere uguali o d’accordo su tutto. È importante semplicemente “esserci”.

Il grande passo: Giuseppe Battiston e Stefano Fresi
Il grande passo – Giuseppe Battiston e Stefano Fresi

Paura di osare

Il grande passo si inserisce bene nella commedia italiana dell’ultimo decennio: ironica, riflessiva, per metà leggera e per metà indagatoria. Il ritratto che esce dalla pellicola mostra un Paese in cui le realtà più piccole fanno fatica ad uscire da pregiudizi e mentalità chiuse ma nel quale non mancano i cuori puri (come quello di Dario o del personaggio interpretato da Camilla Filippi). Ciò che manca, semmai, è una vera e propria svolta nel genere. Quest’opera seconda, arrivata a qualche anno di distanza dall’esordio con Finché c’è prosecco c’è speranza, dimostra idee brillanti ma una sorta di timore. La storia è gradevole ma senza guizzi, capace di raccontare la società moderna ma senza avere la forza di criticarla o rivelarla fino in fondo.

Solo gli uomini possono sognare?

Per quanto la visione sia gradevole e poco impegnativa, a Il grande passo manca un po’ di coraggio. Le tematiche affrontate, da quelle familiari e a quelle esistenziali, vengono sfiorate ma mai portate a termine. Peccato, perché gli spunti efficaci non mancano. Basti pensare alla tematica del sogno. “Qual è la differenza tra gli uomini e gli animali?”, chiede Dario a Mario. Quest’ultimo risponde: “Il cervello”, ma non è la riisposta esatta. “La capacità di sognare”, lo corregge il fratello. Una considerazione stimolante e per nulla banale, che spinge alla riflessione ma che purtroppo viene abbandonata frettolosamente.

Il grande passo riporta il cinema italiano in sale a partire dal 20 agosto 2020 distribuito da Tucker Film e Parthenos. Nel cast anche Roberto Citran, Vitaliano Trevisan, Teco Celio e Flavio Bucci (nella sua ultima apparizione).

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