La nostra recensione de Il migliore dei mondi, terzo lungometraggio del comico Maccio Capatonda che ancora una volta fa valere la propria comicità straniante e grottesca, con Pietro Sermonti: tra analogico e digitale si consuma la risata per il mondo che sarebbe potuto essere
Erano sei anni che Maccio Capatonda non si riaffacciava in un lungometraggio, sebbene ci abbia deliziato con un paio di sketch d’antologia nella seconda stagione di LOL, ma ora è tornato ancora grazie a Prime Video con Il migliore dei mondi (qui l’intervista esclusiva). Questa volta nel mirino del comico abruzzese finisce il mondo digitale con tutte le sue storture, ovvero il mondo che stiamo vivendo e che in qualche modo ci sta togliendo qualcosa di prezioso; per farlo ha chiamato come spalla comica un altro fuoriclasse come Pietro Sermonti e la rivelazione Martina Gatti, per una pellicola che vorrebbe coniugare le risate ad una riflessione non banale sul tema. Ci riesce? Sì, ma non sempre.
Benvenuti nel 2023, senza la tecnologia del 2023
Immaginiamo un uomo comune del millennio digitale catapultato in un inaspettato viaggio analogico. È quello che succede a Ennio Storto (Maccio Capatonda), il nostro protagonista, che si ritrova improvvisamente in un 2023 alternativo dove la tecnologia si è fermata per sempre agli anni ’90. Ma quello che nasce come un disastroso imprevisto può evolvere in un’avventura straordinaria, in cui Ennio scoprirà un nuovo lato di sé grazie all’aiuto di Viola (Martina Gatti).
Un mondo diverso
Quante volte sentiamo sui social persone lamentarsi della piega (o piaga) che il nostro mondo sta attraversando nel suo passaggio sempre più irrefrenabile verso la digitalizzazione compatta? Certo, già in questa domanda è racchiusa la contraddizione di fondo che poi è la stessa nel quale questo terzo film di Maccio Capatonda si muove e dalla quale ha preso forma. Già nel titolo, Il migliore dei mondi, è infatti racchiusa la sottile satira che tende ad esorcizzare la convinzione per la quale il mondo che ci ha preceduto fosse migliore di quello attuale e che i cambiamenti sociali, politici, di costume e tecnologici siano tutti, incommensurabilmente, negativi.
Nel passaggio di matrice distopica che il personaggio di Ennio Storto compie da un 2023 contemporaneo ad un 2023 fermo al 31 dicembre 1999 c’è già un pensiero radicale che serpeggia attraverso il film. Un film nel quale, tra l’altro, il Millennium Bug ha rappresentato davvero la fine del mondo come lo conoscevamo e che quindi non ha vissuto nessuno degli eventi cardine della storia contemporanea come l’11 settembre o l’elezione di Obama; Capatonda ha quindi cambiato la storia ma non del tutto la percezione della contemporaneità, perché i suoi personaggi sono comunque spaesati e a loro modo tristi come nel 2023 originario, solo che lo sono in maniera diversa.
Trovare il compromesso
Ennio si ritrova perciò in un universo che conosce e che non conosce allo stesso tempo, in cui ogni forma di tecnologia avanzata è bandita e punita persino con il carcere e in cui la vita ha un passo più lento, più analogico per l’appunto. Ed è proprio qui che Ennio riesce a trovare il senso incompiuto del mondo da cui proviene e allo stesso tempo il valore, perché in questa sua opera terza l’importanza di trovare un equilibrio e un compromesso tra le due visioni assume un ruolo vitale. Per farlo il comico abruzzese non rinuncia ad una sorta di nostalgica malinconia, il che fa è strano da scrivere o immaginare, senza abbandonare la sua comicità stralunata e all’apparenza nonsense.
Perché si ride ne Il migliore dei mondi ma con uno sguardo puntato verso una velata tristezza, per un mondo pieno di stronzate in cui il valore di un singolo modem datato con l’adesivo a forma di cuore perde di ogni significato affettivo o sentimentale. Intendiamoci, Capatonda non è diventato un romantico bensì è un cinico dal cuore d’oro che in questa pellicola, molto più che nelle altre, miscela satira sociale e sentimentalismo ma sempre e comunque con la sua tipica vena corrosiva. Il tutto cercando un equilibrio e un compromesso tra le due posizioni, quella analogica e quella digitale, perché semplicemente il migliore dei mondi non esiste e non è mai esistito.
Le idee salvano il risultato
Dove invece questo terzo film non convince molto è proprio nella costruzione drammaturgica, molto più sfilacciata che in passato perché basata su un bel concept che però non viene sfruttato al fondo delle proprie possibilità. Ed è un peccato perché Capatonda azzecca la protagonista femminile, una sorprendente e completamente centrata Martina Gatti, e lo stesso personaggio di Viola, scheggia impazzita che si scontra con il formalismo controllato di Ennio.
Il migliore dei mondi non è il più riuscito dei lavori di Maccio ma rimane comunque una scommessa interessante e a suo modo coraggiosa, che avrebbe avuto bisogno di un maggior respiro nello sviluppo diegetico invece che di una progressione di scene legate un po’ debolmente, per quanto esilaranti, come l’inseguimento tra la macchina di Ennio e quella della polizia o le tante gag sul regresso tecnologico che ci impedisce persino di trovare agevolmente un indirizzo, se non con una serie di indicazioni a voce per le quali “non possiamo sbagliare”. Mancano quindi la zampata del fenomeno e una struttura più solida a favorirla, però nel complesso qualche bel graffio viene sferrato.
➡️ GUARDA ⬅️ la nostra video intervista a Maccio Capatonda, Pietro Sermonti e Martina Gatti
TITOLO | Il migliore dei mondi |
REGIA | Danilo Carlani, Alessio Dogana e Maccio Capatonda |
ATTORI | Maccio Capatonda, Pietro Sermonti, Martina Gatti, Luca Vecchi, Stefania Blandeburgo |
USCITA | 17 novembre 2023 |
DISTRIBUZIONE | Prime Video |
Tre stelle
Ci sono delle cose troppo illogiche, sembra che chi ha fatto il film sia un riccone che vive in un mondo dorato.
1)un 50enne, brutto come lui: una 25 enne che ci sta con lui, così facilmente poi, non la trova forse nemmeno se la paga 1000 euro al mese. Anche a pagamento fra ricconi c’è una concorrenza pazzesca, e solo a pochi succede. Una ragazza può avere 10 offerte da 1000 euro al mese, solo per accompagnarli e stare con loro in poco tempo. Nel film sembra che sia lei a correrle dietro! ahahahahaah! A un bruttone, non esiste proprio. Non per niente esistono rapporti con molti anni di età di differenza ma di solito sono sugar daddy, ovvero rapporti a pagamento fra uomini over 40 molto facoltosi e ragazze più giovani circa sui 25. Allo stesso modo esiste il toy boy, ovvero uomo giovane che accompagna una donna più matura e ricchissima a pagamento. Oppure ci sono casi di persone famose che si fidanzano con più giovani, ma ovviamente c’è sempre il denaro, il potere, la carriera di mezzo. Mica con un operaio! 🙂 Mai visto niente di diverso e assicuro che non esiste e sicuramente non è la norma.
2)nelle chat ci sono tipo 50 maschi per ogni donna, basta che aprite le finestrelle con un nick femminile per accorgervene. Lui fa vedere un bruttone come lui, che trova tutte quelle donne, anche se mature che vogliono avere rapporti con lui. La realtà virtuale non è così. è falsissimo. Nella realtà da non ricco, con tutti i profili di belli, imprenditori, in cerca non avrebbe trovato niente, o comunque poco. Allora perché raccontare la realtà odierna diversa da quello che è realmente? ok.. sei un attore e trovi mille donne, ma se descrivi il mondo della chat avresti dovuto metterti nei panni di una persona normale, 50 enne, operaio o impiegato, quindi non ricco non famoso.
3)non è vero che si usa mandare la foto del membro maschile, in una realtà normale lo avrebbero preso per maniaco e avrebbero chiuso. Ma perché i film, per il politicamente corretto, devono sempre rappresentate realtà inesistenti? Questo si che è realtà virtuale, non esiste!
Ora passiamo ai punti positivi
1)le battute sono divertenti, lui recita bene.
2)la storia nonostante le mille incongruenze rimane coinvolgente e in certi punti anche emozionante.
3)stupenda la visualizzazione del modem 56k, la riproduzione del mondo digitale anni ’90, cellulari nokia, le cabine telefoniche, sembra di fare un salto nel passato. Sembra molto accurata
è il mio parere.