Il mio giardino persiano, recensione: una storia d’amore tragicomica come specchio dell’Iran

Il mio giardino persiano - Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi (foto di Hamid Janipour)
Il mio giardino persiano - Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi (foto di Hamid Janipour)

La nostra recensione de Il mio giardino persiano, piccolo gioiellino passato a Berlino diretto da Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha e interpretato da Lili Farhadpour ed Esmaeel Mehrabi: una storia d’amore commovente ed esilarante, capace di raccontare l’anima sovversiva e libera dell’Iran attraverso i suoi anziani

Il mio giardino persiano conferma, come se ce ne fosse ancora bisogno, che il cinema iraniano è sempre più in salute e che è ormai rimasto uno dei pochi baluardi contro l’oppressivo regime sciita di Khamenei. Già passata alla Berlinale dello scorso anno con grande successo ma senza riconoscimenti, questa irresistibile commedia drammatica diretta da Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha risplende, oltre che nella sottile denuncia del clima politico oppressivo, anche nelle prove attoriali meravigliose di Lili Farhadpour ed Esmaeel Mehrabi che dimostrano una chimica incredibile, riuscendo a rendere perfettamente credibile ogni gesto, ogni parola, ogni attimo del loro incontro.

Il mio giardino persiano - Lily Farhadpour (foto di Hamid Janipour)
Il mio giardino persiano – Lily Farhadpour (foto di Hamid Janipour)

Un uomo e una donna

La settantenne Mahin (Lili Farhadpour) vive da sola a Teheran, il marito è morto e la figlia si è trasferita in Europa; Mahin, però, è anche una donna ironica e ottimista che affronta con spirito positivo la sua vita solitaria. Un tè con le amiche un pomeriggio la convincerà a rompere la sua routine quotidiana e a ridare vitalità alla sua vita amorosa, e l’incontro fortuito con il gentile tassista Faramarz (Esmaeel Mehrabi) le darà speranza per aver trovato un possibile nuovo amore con cui trascorrere il resto della sua esistenza. Purtroppo i progetti di Mahin e Faramarz saranno destinati a vedersela con la dura oppressione del regime, e con il destino stesso.

Il mio giardino persiano - Esmail Mehrabi (foto di Hamid Janipour)
Il mio giardino persiano – Esmail Mehrabi (foto di Hamid Janipour)

Un racconto di solitudine

Il fatto che Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha siano stati accusati di aver attentato alla sicurezza nazionale per aver girato Il mio giardino persiano dovrebbe dirla lunga sulla situazione terribile che i cineasti (e gli artisti tutti) iraniani stanno vivendo da ormai decenni a questa parte. Cosa può spaventare così tanto una teocrazia come quella di Khamenei di una storia apparentemente così semplice, persino frivola in certi aspetti, che racconta il colpo di fulmine tra due settantenni di Teheran e che non lascia trasparire quasi nessun riferimento politico o sociale diretto? È il film stesso a rispondere. Perché ad una lettura anche solo un po’ più profonda è evidente come i due autori ci stiano dicendo altro.

Ci dicono innanzitutto che le persone in Iran si sentono sole e sono sole, specie se anziane, con i figli all’estero e con i ricordi di un paese profondamente diverso prima della rivoluzione del 1979. Persone e personaggi come Mahin e Faramarz, bellissimi e scritti con estrema cura e sensibilità, che combattono questa solitudine provando a sfidare nella loro quotidianità i tabù, innamorandosi l’uno dell’altra, cercando un appiglio di umanità quando è loro possibile (lei con i rari pranzi con le amiche, lui con le conversazioni in taxi). Il tono è sempre reale e realistico, la macchina da presa attaccata ai personaggi e alle pareti di questa prigione in cui gli attori sono costretti.

Girato praticamente in segreto, Il mio giardino persiano trova allora proprio nel giardino del titolo una specie di Eden tra le rovine di un Paese, in cui potersi accompagnare ai piaceri proibiti (il vino fatto in casa, la musica di gioventù). Eppure, quando il film esce da quelle pareti come nella bellissima sequenza in cui Mahin difende una ragazza da un agente della polizia morale, si sente ancora più nitida la necessità di eversione di una pellicola che fa del potere della gentilezza il proprio grimaldello narrativo.

Il mio giardino persiano - Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi (foto di Hamid Janipour)
Il mio giardino persiano – Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi (foto di Hamid Janipour)

Un racconto di libertà

In questo spirito eversivo si avverte, altrettanto profondamente, il sentimento di libertà e liberazione dall’oppressione della tirannia che Moghaddam e Sanaeeha nascondono tra le pieghe di questa storia, in cui ogni piccolo gesto è rivoluzionario, ogni sentimento contrario alla bigotta e ottusa morale comune diventa esplosivo perché capace di accendere la miccia. Mahin e Faramarz perciò rivivono quella gioventù perduta e lontana, in cui le donne potevano persino uscire coi tacchi e i vestiti scollati, ma guardano il presente ancora con speranza. Il mio giardino persiano è perciò un grido sommesso che vibra attraverso la forza dei sentimenti e grazie anche alla prova meravigliosa di Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi.

Senza di loro e senza quella precisione e umanità di scrittura, non avremmo avuto un simile gioiello che commuove e diverte, che fa suonare le corde della commedia più pura (come il pranzo con le amiche che sembra una versione più matura e acida di alcune romcom americane) per poi spiazzarci nel finale con l’ineluttabilità del destino, di una vita che continua nonostante tutto. Quello che è certo è che il cinema iraniano continua a restare grande testimone dei cambiamenti sociali di un Paese che, attraverso i suoi cittadini tutti, ha cominciato a voler scorgere oltre le mura di quel giardino.

TITOLO Il mio giardino persiano
REGIA Maryam Moghaddam, Behtash Sanaeeha
ATTORI Lili Farhadpour, Esmaeel Mehrabi, Mohammad Heidari, Mansoore Ilkhani, Soraya Orang, Homa Mottahedin, Sima Esmaeili
USCITA 23 gennaio 2025
DISTRIBUZIONE Academy Two

 

VOTO:

Quattro stelle

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