Il mio vicino Adolf, la recensione: e se Hitler in persona fosse il nostro dirimpettaio?

Il mio vicino Adolf - David Hayman e Udo Kier (foto I Wonder distribuzione)
Il mio vicino Adolf - David Hayman e Udo Kier (foto I Wonder distribuzione)

La recensione de Il mio vicino Adolf, dramedy con protagonisti Udo Kier e David Hayman in cui un uomo ebreo sopravvissuto all’Olocausto crede che il suo nuovo vicino sia nientepopodimeno che Adolf Hitler

Il regista israeliano Leon Prudovsky gioca sull’ambiguità e sul sospetto con Il mio vicino Adolf, una dramedy intensa in cui Udo Kier e David Hayman interpretano due uomini che per tutta la vita hanno lottato per ideali opposti, costretti ora ad essere vicini di casa con in più il terribile sospetto che uno di loro due possa essere Adolf Hitler sotto mentite spoglie.

Chi è davvero il mio vicino?

Argentina, 1960. Il generale Eichmann viene trovato e arrestato dal Mossad israeliano, drogato e poi fatto volare in Israele dove avrebbe affrontato un lungo processo, per poi essere condannato a morte. In Colombia, nello stesso anno, Malek (David Haynam) è un ebreo polacco sopravvissuto agli orrori dell’Olocausto che vive in un piccolo casolare sperduto nel sud del paese. Un giorno, nella casa accanto, si presenta un uomo d’affari tedesco dal carattere spigoloso e inavvicinabile di nome Herman (Udo Kier), accompagnato dalla signora Kaltenbrunner (Olivia Silhavy). Per una serie di ragioni e dopo averlo spiato, Malek si convince che Herman possa essere niente meno che Adolf Hitler, fuggito sotto mentite spoglie dopo aver simulato il suo suicidio. Nonostante i tentativi di convincere una funzionaria dell’intelligence israeliana (Kinereth Peled) della sua scoperta, nessuno sembra volerlo prendere sul serio e David sarà costretto a smascherarlo da solo per assicurarlo alla giustizia. Sempre che quello sia davvero Adolf Hitler.

Il mio vicino Alfred - David Hayman e Kinereth Peled (foto I Wonder distribuzione)
Il mio vicino Alfred – David Hayman e Kinereth Peled (foto I Wonder distribuzione)

Le cicatrici del passato

L’Olocausto ha lasciato un segno, una ferita indelebile non solo nella storia collettiva ma soprattutto in quella dei protagonisti che lo hanno vissuto, marchiato a fondo sulla loro pelle. Quel segno Malek lo porta con sé ogni giorno, e anche se ha lasciato tra lui e quei campi di concentramento ormai ridotti in rovina migliaia di chilometri l’esperienza nei lager rimarrà una cicatrice impressa a fondo nell’anima e nel cuore. Ed è per questo che si chiude agli altri, che si isola, che sceglie una vita in cui i contatti umani sono pochissimi e solo in caso estremamente necessari. In questo senso l’arrivo di Herman lo costringe ad aprirsi, sebbene con motivi e finalità sbagliati, e ad uscire dal bozzolo in cui si era rifugiato per tentare di sfuggire al dolore e al ricordo del dolore. Sebbene il rapporto tra i due sarà per forza di cose costretto a cambiare, avvicinandosi persino ad un’insperata amicizia, è il rapporto che Malek ha con la Germania tutta a dover pian piano cambiare. Il mio vicino Adolf racconta quindi quel cambiamento, che avviene soprattutto in Malek, ma che anche Herman sarà costretto a subire quando dovrà finalmente aprirsi alle colpe del proprio passato.

Il mio vicino Alfred - David Hayman (foto I Wonder distribuzione)
Il mio vicino Alfred – David Hayman (foto I Wonder distribuzione)

Due popoli, due tragedie

Nel corso de Il mio vicino Adolf Malek e Herman rappresentano i due volti opposti di una tragedia comune, che però nel tempo si è scissa e ha dovuto fare i conti con il confronto tra vittime e carnefici. Da una parte il popolo ebreo, decimato dalla più grande epurazione di massa della storia moderna, che anche a distanza di quindici anni dalla fine della guerra continua comprensibilmente a rivivere gli spasmi di quel massacro, dall’altra parte il popolo tedesco che deve fare i conti con la vergogna storica, con la volontà di fare tabula rasa e ricominciare daccapo, con la colpa di una macchia impossibile da cancellare. Ed è difficilissimo che questi due popoli arrivino ancora a parlarsi, a comprendersi e ad aprirsi l’uno con l’altro, cosiccome è difficilissimo che il rapporto tra Malek ed Herman possa arrivare ad un punto di vicinanza comune. Ed è allora che scatta, che deve scattare qualcos’altro: la passione per gli scacchi, un consiglio su come far fiorire delle rose nere, una chiacchierata sul portico di notte. Per tentare di avvicinarsi, di chiedere perdono, di offrire perdono. Di essere non necessariamente amici, ma almeno buoni vicini.

Il mio vicino Alfred - Udo Kier (foto I Wonder distribuzione)
Il mio vicino Alfred – Udo Kier (foto I Wonder distribuzione)

Tra dolore e dolcezza

Ne Il mio vicino Adolf c’è un equilibrio continuo tra commedia e tragedia, tra dolore del passato e dolcezza del presente. Merito anche di Udo Kier e David Hayman, abilissimi nel tratteggiare questi due uomini che devono farsi carico delle responsabilità e della rabbia dei loro rispettivi popoli, poiché nessun altro può farlo al posto loro lì dove sono. E allora il film lavora quasi sempre in sottrazione, suggerisce, ci fa crogiolare prima nel sospetto per poi ci rivelarci le cose così come stanno, anche se quel filo di ambiguità non va mai davvero via. È davvero importante che Herman sia Hitler, dopotutto? O forse è più importante che sia prima di tutto un uomo, con la sua oscurità e la sua luce, con degli occhi di ghiaccio capaci però di sciogliersi davanti ad un buon bicchiere di vino o alla morte del proprio amato cane. Perché Hitler rappresentava il male assoluto, ma noi cosa rappresentiamo? Cosa siamo noi se non riusciamo a vedere gli altri che come nemici, se ci rifiutiamo di scorgerne l’umanità quando essa stessa è presente?

Due uomini ai bordi del mondo, al lato opposto di uno stesso tavolo, che condividono parte del dolore e del rimorso. Di essere vittima e di essere carnefice. Di aggrapparsi alla memoria come salvagente per il presente senza rischiare sì di essere trascinati dalla corrente, ma di poter quantomeno intravedere il futuro. Un futuro che sembra impossibile possa solo esistere ma che è l’unico appiglio per superare il passato. L’unico modo di perdonare ed essere perdonati, e di far entrare finalmente un po’ di luce in quell’oscurità chiamata Shoah.

Il mio vicino Adolf. Regia di Leon Prudovsky con David Hayman, Udo Kier, Olivia Silhavy e Kinereth Peled, uscito nelle sale il 3 novembre distribuito da I Wonder Pictures.

VOTO:

Tre stelle e mezzo

 

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