La recensione de Il patto del silenzio – Playground, film selezionato dal Belgio per gli Oscar 2022 e presentato a Cannes 2021 nella sezione Un Certain Regard: un’opera prima che parla di bullismo con la giusta sensibilità
Prima la vittoria del premio FIPRESCI e la nomination alla Camera D’Or come miglior opera prima al Festival di Cannes 2021 e poi l’onore di essere stato selezionato come proposta belga per gli Oscar 2022. Il patto del silenzio – Playground è il primo lungometraggio della regista belga Laura Wandel e ha il compito non facile di affrontare il tema del bullismo attraverso gli occhi delle vittime e non dei carnefici, senza risultare pedante e retorico, riuscendoci quasi sempre con una buona dose di sensibilità e il giusto approccio emotivo.
Abel e Nora
Nora (Maya Vanderbeque) ha sette anni, è una bambina timida e introversa e frequenta una scuola elementare di una piccola cittadina del Belgio assieme al fratello maggiore Abel (Günter Duret). Quando lo stesso Abel viene preso di mira da un gruppo di bulletti e intima a Nora di non immischiarsi, quest’ultima decide invece di raccontare tutto al padre Finnigan (Karim Leklou) e alla sua insegnante Agnes (Laura Verlinden). Abel, nel frattempo, comincia ad isolarsi sempre più dagli altri, a diventare scontroso e irrequieto oltre che aggressivo nei confronti di Nora e degli altri bambini, finchè pian piano comincerà a trasformarsi da vittima in carnefice. Nora dovrà provare a salvare il fratello da se stesso, ma scoprirà che non è così facile come pensava.

Il cortile
Gran parte de Il patto del silenzio – Playground si svolge all’interno di un cortile della scuola elementare che Nora e Abel frequentano, e a cui i genitori non sono ammessi. Il motivo lo si capisce presto, e cioè che il cortile rappresenta un vero e proprio microcosmo sociale, una microsocietà fatta di oppressi e oppressori, di deboli e di forti. La regista Laura Wandel rimane incollata ai suoi due personaggi principali ed è soprattutto quello di Nora ad interessarle di più, perché attraverso il suo volto spesso intimorito scorgiamo quell’incapacità di comprendere le ingiustizie della vita e di opporsi ad esse che è tipica dei bambini, ma non solo. In tutto questo la Wandel lavora sui primi piani, sui dettagli, prova a farci entrare nell’animo di Nora e nella mente di Abel, lascia fuori gli adulti perché distratti, impotenti, inutili.

Due fratelli a confronto
Nora e Abel sono molto diversi tra loro, ma entrambi soffrono una condizione di profonda solitudine. Il padre si occupa di loro, si interessa a loro, è vero, ma è anche un uomo frustrato dalla vita, incapace di tenersi un lavoro e quindi di provvedere adeguatamente ai propri figli. Le maestre invece sono troppo impegnate a gestire tanti bambini nello stesso tempo, ed è quindi una condizione perfetta affinché il bullismo possa crescere e diffondersi a macchia d’olio in tutta la scuola. Ma è la diversità di atteggiamento di Nora e Abel il motivo principale di interesse de Il patto del silenzio – Playground: Nora, pur nella sua timidezza, decide di reagire, di provare a rompere quella barriera di silenzio e omertà mentre Abel la subisce tanto quanto subisce il bullismo. Una situazione che lentamente precipita in un caos silenzioso e impercettibile dal di fuori, poiché il cambiamento interiore di Abel non viene mai esteriorizzato se non nel finale. Un finale dolce e toccante, che livella di nuovo le asperità ma non le cancella, in nome di una pace ritrovata ma di una guerra che non è ancora stata vinta.

La semplicità è un’arma a doppio taglio
Il patto del silenzio – Playground è quindi un film molto intimo, che lavora sul non detto e su un sottotesto visivo che fa dell’essenzialità e della semplicità il suo tratto distintivo. In meno di 70 minuti ci dice tutto ciò che ha dire sul tema, ci mostra i suoi protagonisti e in qualche modo li fa evolvere attraverso un arco di trasformazione abbastanza ben definito. Questa sua ricerca di immediatezza però è anche un po’ il tallone di Achille del film, perché non permette allo spettatore di ragionare sul tema, di scandagliarlo in profondità e anestetizza troppo lo sguardo su una realtà molto più pesante e devastante di come viene filtrata in questa pellicola. E allora quest’opera prima della regista Laura Wandel, comunque da tenere d’occhio, riesce a liberarsi un po’ di più nelle poche scene in cui vediamo Nora venire a contatto con l’acqua, sua panacea ed elemento salvifico, perché lì Il patto del silenzio – Playground sprigiona un po’ di quella potenza che altrimenti era mancata altrove. E che sarebbe stata necessaria.
Il patto del silenzio – Playground. Regia di Laura Wandel con Maya Vanderbeque, Günter Duret, Karim Leklou, Laura Verlinden e Thao Maerten, uscito nelle sale il 2 marzo distribuito da Wanted Cinema.
Tre stelle