La nostra recensione de Il ragazzo dai pantaloni rosa, film diretto da Margherita Ferri e presentato alla 19ª Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella città che racconta la storia di Andrea Spezzacatena, una delle primissime vittime di bullismo
Il ragazzo dai pantaloni rosa lascia sconcertati ed increduli di fronte alla forza della cattiveria e del bullismo adolescenziale. Con Claudia Pandolfi, Samuele Carrino, Sara Ciocca e Corrado Fortuna, il film scritto da Roberto Proia e diretto da Margherita Ferri è stato presentato alla 19ª Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella città e racconta la storia di Andrea Spezzacatena, una delle primissime vittime di questo ignobile fenomeno. Una pellicola che presenta dei difetti ma che riesce nel prezioso intento di veicolare con forza la sua testimonianza, da mostrare ai giovanissimi per invitarli alla riflessione.
Guarda la nostra video intervista a Samuele Carrino e Claudia Pandolfi
Il ragazzo dai pantaloni rosa
Andrea Spezzacatena (Samuele Carrino) è diligente, bravo a scuola, affettuoso. I suoi genitori (Claudia Pandolfi e Corrado Fortuna) litigano di continuo e alla fine divorziano, ma lui continua ad essere un adolescente modello, protettivo nei confronti del fratello minore. Un lavaggio sbagliato di mamma Teresa fa diventare rosa i suoi pantaloni rossi, ma ad Andrea piacciono e decide di indossarli lo stesso. Questo semplice gesto lo renderà definitivamente il bersaglio preferito dei suoi compagni, capitanati dalla figura tossica del bel Christian (Andrea Arru), che Andrea vorrebbe come amico ma dal quale riceverà solo indifferenza e frustrazioni.
Il bullismo di cui è vittima lo inghiottisce sempre di più, fino ad un punto di non ritorno: Andrea si toglie la vita a soli 15 anni. Diretto da Margherita Ferri e sceneggiato da Roberto Proia, il film è accompagnato dalle note della dolcissima Canta Ancora, scritta e interpretata da Arisa.
Guarda la video intervista a Margherita Ferri, Sara Ciocca e Andrea Arru

Un racconto in prima persona
Margherita Ferri sceglie di far raccontare la storia al diretto interessato, il che non può che riportare alla mente la Susie del toccante Amabili resti di Peter Jackson. Stavolta è la voce di Andrea a guidarci all’interno della sua vita, ripercorrendo gli anni che lo hanno trasformato da bambino diligente e studioso a vittima di un bullismo cui non ha saputo far fronte. La sceneggiatura purtroppo ha basi più che concrete e porta sul grande schermo il tragico episodio di suicidio avvenuto nel 2012 e già raccontato dalla madre Teresa Manes nel libro Andrea oltre il pantalone rosa.
Un peso divenuto insostenibile
Il quindicenne Andrea Spezzacatena ha deciso di togliersi la vita, stanco delle continue derisioni dei suoi coetanei: solo in un secondo momento la donna, qui interpretata da Claudia Pandolfi, ha scoperto l’esistenza di una pagina Facebook creata appositamente per schernirlo senza alcun freno. La Pandolfi abbraccia questo ruolo con la solida compostezza di una madre che purtroppo non è riuscita a capire fino in fondo – non certo per mancanza di interesse – la gravità di ciò che stava accadendo nella testa e nel cuore di suo figlio.
Nella realtà, la donna ha cercato di dare un senso a questa terribile perdita portando la sua testimonianza in tantissime scuole in giro per l’Italia al fine di sensibilizzare i giovani su una piaga ormai sempre più frequente.

Quanto lavoro c’è da fare
A giudicare dalle risate di scherno che hanno accolto la proiezione della pellicola alla Festa del Cinema di Roma, in una sala Sinopoli gremita di studenti, è evidente quanto lavoro ci sia ancora da fare. La proiezione infatti è stata rovinata da fischi, ululati e frasi offensive quali “Fr*cio” e “Ma questo quando s’ammazza”: parole che fanno male per la terribile realtà che fotografano ma che non devono distogliere dal focus della pellicola, ovvero mostrare le conseguenze di questa mancanza di empatia e tolleranza mista a profonda ignoranza. Un peccato gravissimo e imperdonabile, su cui le famiglie devono davvero mettersi in discussione.
Regia oggettiva, fin troppo
Tornando a considerazioni più tecniche, Il ragazzo dai pantaloni rosa si avvicina agli stilemi del Coming of age, cercando di raccontare l’adolescenza e i suoi lati oscuri. Il protagonista, ormai straniato dal suo corpo, ha acquisito nuove consapevolezze e un oggettività che guida lo spettatore all’interno del racconto. La regia di Margherita Ferri è da manuale – forse fin troppo – e asseconda questo viaggio in modo neutro, andando ad immortalare i fatti senza indugiare sui momenti che hanno avuto il peso maggiore sul precipitare degli eventi: fotogrammi fugaci, cui dare poco peso, apparentemente ininfluenti ma che quel peso lo assumeranno col senno del poi.

Una richiesta d’aiuto universale
Samuele Carrino è eccezionale nell’apparire composto, impaurito e sempre in apnea, così fragile e incapace di dare un nome ai suoi demoni interiori. Accanto a lui si fa notare Sara Ciocca, amica fedele e spensierata ma comunque mai idealizzata. Due profili coerenti e perfettamente umani, concreti nel loro essere semplicemente “adolescenti di oggi”. Il tempo insieme è sano, positivo, ma evidentemente non sufficiente.
La pellicola riesce ad essere piacevole per gli occhi e un macigno sul cuore, ma porta a termine egregiamente il suo dovere di cronaca. Nessun colpevole eppure tutti colpevoli, per una richiesta d’aiuto universale che ci si augura non cada nel vuoto. Mezza stella in più per gli intenti.
TITOLO | Il ragazzo dai pantaloni rosa |
REGIA | Margherita Ferri |
ATTORI | Claudia Pandolfi, Samuele Carrino, Sara Ciocca, Corrado Fortuna, Andrea Arru |
USCITA | 7 novembre 2024 |
DISTRIBUZIONE | Eagle Pictures |
4 stelle