Il traditore, recensione: Favino e Bellocchio non smettono di stupire

Pierfrancesco Favino ne Il traditore
Pierfrancesco Favino ne Il traditore

Il traditore, uscito ieri, giorno dell’anniversario della strage di Capaci in cui ha perso la vita il magistrato dell’antimafia Giovanni Falcone, vede un Favino superlativo per un film che lascia incollati al maxi schermo per tutta la sua durata. Bentornato Bellocchio!

Un uomo d’onore

Tommaso Buscetta (interpretato magistralmente dal fantastico Pierfrancesco Favino), rivale della famiglia dei Corleonesi e considerato il “boss dei due mondi”, è un capo mafioso appartenente ad una delle vecchie famiglie siciliane affiliate a Cosa Nostra. Negli anni ’80 la situazione in Sicilia precipita e le due cosche rivali cominciano a sterminarsi a vicenda: chi pare avere la meglio è il clan dei Corleonesi, al cui vertice c’è il temibile e spietato Totò Riina (interpretato nel film da Nicola Calì). Alla base del loro interesse c’è il predominio sul narcotraffico, chiaramente. La lotta assume i caratteri più impensabili: vengono uccisi donne, bambini, gente innocente, parenti delle famiglie rivali fino alla ventesima generazione. «Va cancellata la semenza», afferma Riina.

In quel periodo Buscetta non si trova in Italia; è in Brasile con la terza moglie (Maria Fernanda Cândido, la Paula dello sceneggiato anni ’90 Terra Nostra) e alcuni dei suoi otto figli. Fa affari da lontano e si tiene alle larghe dalla guerriglia che i suoi compari stanno portando avanti. Il problema sorge quando viene a sapere della morte di Benedetto ed Antonio Buscetta (Gabriele e Paride Ciriello), suoi figli, rimasti a Palermo con la madre. È in quel momento che Buscetta comprende l’importanza di non restare a guardare mentre i Corleonesi gli distruggono la famiglia. Dopo essere stato espatriato dal Brasile, torna in Italia e comincia così un lungo percorso da collaboratore di giustizia che lo porterà ad essere conosciuto in tutto il mondo.

«Io non sono un pentito. Io sono un uomo d’onore». Inizia così la confessione lunga 487 pagine che Tommaso Buscetta, rilascia al magistrato dell’antimafia Giovanni Falcone (che nel film è interpretato dal bravissimo Fausto Russo Alesi). Il boss dei due mondi fa nomi e cognomi, racconta dei valori della vecchia Cosa Nostra, del bene che lui e il suo clan hanno portato tra i meno abbienti e del lavoro che hanno dato a chi ne aveva bisogno, della crudeltà dei Corleonesi e della complicità con alcuni esponenti politici italiani. Per la prima volta viene fuori anche il nome di Giulio Andreotti. Grazie alle dichiarazioni di Buscetta è stato possibile incriminare 455 esponenti mafiosi ed arrestarne 366.

Pierfrancesco Favino e Fausto Russo Alesi, rispettivamente Tommaso Buscetta e Giovanni Falcone ne Il traditore
Pierfrancesco Favino e Fausto Russo Alesi, rispettivamente Tommaso Buscetta e Giovanni Falcone ne Il traditore

Il Buscetta uomo e il Buscetta mafioso 

Il ritratto che il regista Marco Bellocchio riesce a far emergere ne Il traditore di Tommaso Buscetta è quello di uomo, ma anche quello di un mafioso. Le due cose non sono mai viste dalla stessa angolazione; il personaggio che emerge nella pellicola viene descritto in tutta la sua interezza, cercando di delineare la complessità di un uomo che ha alle spalle decine di omicidi, ma anche quella di uomo pacato, vicino alla famiglia, mai scomposto. La maestria di Bellocchio la si riconosce anche nel saper dipingere la figura di Buscetta senza voler mai calcare la mano su dettagli, frasi o atteggiamenti. Tutto viene lasciato così com’è, anche le inquadrature tendono a non suggerire alcunché del personaggio che si ha davanti.

Il quadro che ne deriva è di un uomo completo, pacato, orgoglioso, a tratti dolce; un uomo che, seppur non abbia mai rinunciato a quella posizione di uomo d’onore che l’ha contraddistinto per tutta la vita, riesce a mostrarsi chiaro, risoluto e fermo davanti alle domande di magistrati e giudici, ma soprattutto davanti alle offese dei mafiosi presenti al Maxiprocesso. Solo quando scopre chi sono gli esecutori dell’omicidio dei figli, Buscetta tentenna, pare avere un attimo di smarrimento. Perché la famiglia non va nominata né toccata, è quanto di più sacro esista per un uomo, qualunque sia la sua caratura. E anche questa volta, davanti a confessioni brutali, emergerà il Buscetta padre di famiglia in tutta la sua totalità.

Favino interpreta Buscetta mentre testimonia al Maxi processo
Favino interpreta Buscetta mentre testimonia al Maxiprocesso

La Sicilia degli anni ’80

Sono gli anni ’80 e la Sicilia vede fronteggiare, dopo qualche anno di tregua ed affiliazione, due grandi famiglie mafiose, gli appartenenti alla vecchia Cosa Nostra ed i Corleronesi. Lo scettro del potere è rappresentato dal traffico di eroina e dal contrabbando di sostanze stupefacenti. È da anni che le due società siciliane tentano di raggiungere il potere: ma la vecchia mafia è ancorata fortemente a dei valori ormai perduti a causa dell’arrivo sulla scena dei Corleonesi, spietati, crudeli ed incuranti della povera gente. A capo di questi ultimi vi è Totò Riina, boss mafioso il cui unico motto è «Meglio comandare che fottere», motto per il quale è pronto a camminare su chiunque possa ostacolare il raggiungimento dei propri obiettivi.

Dall’altra parte, invece, troviamo la famiglia Buscetta (al cui vertice c’è Tommaso, definito universalmente “boss dei due mondi”), la famiglia Inzerillo e la famiglia Bontate. Ciò che separa i clan rivali è il modus operandi attraverso il quale fare affari. Se per i Corleonesi non esisteva età, condizione fisica, grado di parentela che potesse fermare la propria sete di denaro, per le vecchie famiglie mafiose esisteva un codice deontologico da rispettare che escludeva dalle cosiddette “ammazzatine” donne e bambini. D’altronde, come più spesso ha affermato lo stesso Tommaso Buscetta «La mafia sa aspettare».

Pierfrancesco Favino e Fabrizio Ferracane sono Tommaso Buscetta e Pippo Calò
Pierfrancesco Favino e Fabrizio Ferracane sono Tommaso Buscetta e Pippo Calò

Pierfrancesco Favino e Marco Bellocchio

Amato, seguito e talvolta osannato, Pierfrancesco Favino si riconferma per l’ennesima volta una garanzia di qualità. La firma di Bellocchio, poi, dona al film un’aura di poesia e perfezione. Il traditore, presentato ieri 23 maggio al Festival di Cannes, possiede tutte le qualità (attoriali, registiche, scenografiche, di montaggio) per poter stravincere ed incantare il pubblico e la giuria francese. Non siamo davanti all’ennesimo film sulla mafia, ma assistiamo ad un vero e proprio ritratto quanto più reale possibile del primo pentito di Cosa Nostra. Ciò che traspare in maniera evidente è la volontà di Bellocchio di non accentuare nulla di ciò che è già presente nella storia, come se lui fosse un regista invisibile di una storia già scritta ed interpretata da altri.

Favino, romano d’origine, si cala nei panni di un palermitano doc e lo fa con la maestria e la naturalezza che lo contraddistingue da sempre. Nulla di ciò che farà Buscetta lascerà in alcun modo palesarsi la preparazione e le doti recitative di Favino: la naturalezza con cui riveste la parte lo rende un tutt’uno col personaggio e sa emozionare, incantare e stupire per tutta la durata della pellicola. A ciò va aggiunto un Bellocchio che pare essere tornato quello delle origini, ben lontano dal regista di Fai bei sogni del 2002.

Un duo, quello di Marco Bellocchio e Pierfrancesco Favino, come da tempo non se ne vedevano e che assicura qualità e passione. Che dire?! A quando il prossimo film insieme?

Il traditore, diretto da Marco Bellocchio, con Pierfrancesco Favino, Maria Fernanda Cândido, Fabrizio Ferracane, Luigi Lo Cascio, Fausto Russo Alesi e Pier Giorgio Bellocchio è nelle sale italiane dal 23 maggio 2019 distribuito da 01 Distribution.

VOTO:

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci qui il tuo nome