It Will Be Chaos – Sarà il caos, il docu-film HBO che racconta in presa diretta la crisi di tutti i rifugiati alla ricerca disperata di una nuova vita andrà in onda domenica 7 ottobre alle 21.15 su Sky Atlantic.
Sullo sfondo, milioni di persone in fuga da guerre e dittature, ma anche gli epicentri della crisi migratoria come Lampedusa e il tragico naufragio del 3 Ottobre 2013, il corridoio balcanico, i luoghi dell’accoglienza, e la crisi d’identità di un’intera nazione. In primo piano, due famiglie di rifugiati alla disperata ricerca di una nuova vita, e il loro road-movie attraverso un paese diviso tra compassione e rancore e colpito da una dilagante deriva populistica. Per il ciclo Il Racconto del Reale, domenica 7 ottobre dalle 21.15 su Sky Atlantic va in onda It Will Be Chaos – Sarà il caos, documentario prodotto da HBO che è stato presentato al Milano Film Festival il 2 ottobre. Il film affronta con complessità i risvolti umani e sociali della crisi migratoria nel Mediterraneo. Lo fa raccontando in presa diretta le storie di due uomini, costretti a mettere a repentaglio la vita delle proprie famiglie nel drammatico viaggio alla ricerca di una nuova esistenza.
It Will Be Chaos – Sarà il caos non trascura alcun aspetto della crisi, e include anche quella parte di società che si chiude di fronte agli sbarchi, tra le preoccupazioni dei residenti, il diffondersi di populismi, e l’intolleranza verso i nuovi arrivati. Tra i commenti della stampa americana, il Boston Globe sottolinea il pregio del documentario di “dare un viso e un’identità ad una catastrofe in corso spesso trattata solo come astrazione politica e numerica” e l’Hollywood Reporter lo definisce come “ritratto intimo del dramma della crisi migratoria che … mette gli spettatori nei panni dei rifugiati” e ne esorta la visione per tutti coloro che hanno il compito “di legiferare sulle politiche migratorie”. Diretto da Lorena Luciano e Filippo Piscopo, It Will Be Chaos – Sarà il caos – Miglior Regia al Festival di Taormina – è un viaggio durato cinque anni, di perdita e di ricerca, proprio come quello dei due protagonisti, e che racconta “una crisi antica come il mondo, di cui – nelle parole dei due registi – siamo protagonisti e spettatori al tempo stesso”. Aregai è eritreo ed è un sopravvissuto al naufragio del 3 ottobre 2013, durante il quale persero la vita 367 persone, tra cui tre suoi cugini – inghiottiti dal mare a poche centinaia di metri da Lampedusa. Dopo il salvataggio, avvenuto grazie ad una famiglia di pescatori locali, il film immortala la sua fuga verso il nord-Europa, punteggiata da convocazioni in tribunale e pellegrinaggi attraverso centri di detenzione popolati da migliaia di richiedenti asilo bloccati nel limbo di un sistema migratorio allo sfascio. Nel 2015 comincia invece il drammatico viaggio da un altro territorio in crisi, la Siria, di Wael e della sua famiglia, gli Orfahli. Da Smirne, in Turchia, il film segue in presa diretta il cammino di Wael, della moglie e dei quattro figli piccoli attraverso l’intero corridoio Balcanico. Un’odissea che, dopo 7 paesi diversi, 24 giorni di fame, ansia, e pericoli costanti, si conclude in Germania, dove Wael ritrova suo fratello Thair.
È sui loro passi che It Will Be Chaos – Sarà il caos racconta i territori distrutti dal terrore che questi uomini e donne hanno lasciato, e le contraddizioni di quelli nei quali approdano, dopo aver abbandonato tutto alla ricerca di una nuova vita. La narrazione del microcosmo familiare degli Orfahli, che durante il suo percorso incontra altrettante vite in pericolo, diventa emblema di una crisi umanitaria che coinvolge tutti. Costruire una storia esemplare è l’obiettivo dichiarato dei registi, entrambi italiani da anni a New York, che durante le riprese si sono confrontati con un’umanità in difficoltà e hanno cercato la chiave per trasmettere senza filtri questo impatto emotivo: “Durante i nostri viaggi a Lampedusa – hanno raccontato – ma anche quando ci siamo imbarcati nello straordinario viaggio filmico nei Balcani, la sfida più grande è stata quella di intersecare storie e geografie diverse per creare un racconto ad altezza d’uomo, saldamente ancorato ai fatti, che potesse narrare in modo eloquente la crisi globale delle migrazioni con una valenza universale, ingrediente essenziale per tutte le storie che vogliono sopravvivere alla contemporaneità”.