Killers of the Flower Moon, recensione: Scorsese ritrova DiCaprio, De Niro e lo sguardo feroce sull’America

Killers of the Flower Moon - Robert De Niro e Leonardo DiCaprio
Killers of the Flower Moon - Robert De Niro e Leonardo DiCaprio

La nostra recensione di Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio e Robert De Niro: il massacro del popolo Osage si fa lezione di cinema e racconto feroce del colonialismo opportunista americano

Dopo l’accoglienza trionfale ricevuta durante l’ultimo Festival di Cannes e quattro anni dopo l’epopea gangster di The Irishman, Martin Scorsese torna a raccontare gli Stati Uniti d’America con Killers of the Flower Moon, ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20 durante il massacro sistematico di diversi componenti della Nazione Osage. Un’opera fluviale questa, dalla durata che sfora abbondantemente le tre ore e che profuma di Cinema ad ogni inquadratura, in ogni dialogo, in ogni singola intenzione drammaturgica fino ad esplodere in un terzo atto prima e in un finale poi di rara maestria.

Killers of the Flower Moon - Leonardo DiCaprio
Killers of the Flower Moon – Leonardo DiCaprio

Gli assassini della Luna dei Fiori

Oklahoma, anni venti: i membri della Nazione Osage scoprono che sotto la terra in loro possesso si cela moltissimo petrolio e, appena la notizia diventa di dominio pubblico, molti di loro vengono uccisi o scompaiono. Il giovane Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio), reduce della Grande Guerra e sposato con l’indiana Mollie (Lily Gladstone), scopre ben presto che sul banco degli imputati c’è suo zio, lo spietato proprietario agricolo William Hale (Robert De Niro), il quale aveva inizialmente spinto il nipote a sposare proprio un’Osage in modo da aver la possibilità di mettere le mani sui terreni, e ad organizzare alcuni degli omicidi. Sulla loro strada però si metterà l’agente della neonata FBI Tom White (Jesse Plemons).

Killers of the Flower Moon - Lily Gladstone, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio
Killers of the Flower Moon – Lily Gladstone, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio

L’America, terra di sangue

C’è tanta di quella tradizione culturale americana (o lore per gli anglofili) che Scorsese ha voluto rievocare e soprattutto celebrare. Non solo perché la macchina da presa si sofferma sui riti, sulle cerimonie, sulle credenze del popolo Osage ( e di riflesso di tutti i popoli nativi americani), ma anche perché di quel popolo ci mostra il volto più stoico e resistente, fiero e indomabile, anche davanti alla violenza furiosa e cieca dei colonialisti bianchi. L’America è un paese nato dal sangue di chi non ha taciuto, scriveva William Faulkner, e di quell’America insanguinata Killers of the Flower Moon ci mostra un lembo finora nascosto dalla Storia e dalla memoria, una cicatrice creata da avidità e bramosia di potere.

Ed è un (bel) film sul potere Killers of the Flower Moon, su quanto il potere ci possa distruggere dall’interno ma anche definirci, renderci ciò che siamo e ciò che vogliamo diventare, sul suo lato più spietato e spregevole. Scorsese ce lo mostra in tante diverse ore questo potere, ma la sua rappresentazione più disumana al limite del diabolico è rappresentata proprio dal William Hale di uno straordinario Robert De Niro. Ma, ed è qui che torniamo un po’ alla radice di molto cinema scorsesiano degli ultimi vent’anni almeno, questo è anche un film sull’avere fede: nelle divinità, nel Dio denaro, nell’oro nero che scorre sotto terra e che irrompe all’improvviso schizzando sui volti come sangue sporco.

Killers of the Flower Moon - Lily Gladstone e Leonardo DiCaprio (foto per gentile concessione di Apple)
Killers of the Flower Moon – Lily Gladstone e Leonardo DiCaprio (foto per gentile concessione di Apple)

La giustizia non esiste

Quella raccontata da Killers of the Flower Moon è una terra in cui gli uomini esistono ma non esiste un’autorità superiore che li governi. Sia perché forse Dio è impegnato a fare ben altro, sia perché la legge nella Nazione di Osage è solo ed esclusivamente quella del profitto. Si vive e si muore perché qualcuno possa beneficiare della vita o della morte di qualcun altro, e così i deboli rimangono pedine di un gioco al massacro in cui i cadaveri si accumulano man mano che le risposte invece si dimezzano. Scorsese, rispetto al romanzo di partenza, opera infatti uno scarto netto sia a livello tematico che diegetico, poiché sposta il punto di vista sul personaggio debole e squallido di Ernest Buckhart.

Buckhart è un inetto, vittima di quello stesso sistema spietato che ha contribuito ad avallare con silenzio e complicità, ma proprio perché è vittima e carnefice che il suo sguardo è fondamentale nel tratteggiare entrambi i lati della barricata. In tutto questo però Scorsese non dimentica il personaggio di Molly, per certi versi la vera protagonista del film, e non solo perché dotata di grande carisma e allo stesso tempo fragilità, ma perché rappresenta l’anima ancora umana e compassionevole di una nazione che non può arrendersi alla minaccia della morte per mano di affaristi senza scrupoli. Molly è l’antitesi di Hale e Buckhart, ma è solo nel commovente finale che ne comprendiamo l’importanza.

Killers of the Flower Moon - Leonardo DiCaprio
Killers of the Flower Moon – Leonardo DiCaprio

Chiedere scusa

A 80 anni e con quasi sessant’anni di carriera alle spalle, il regista italoamericano ha utilizzato la forza del cinema come mezzo per chiedere finalmente scusa: agli Osage e ai nativi americani tutti per gli stermini, ai loro discendenti e all’America stessa come terra di fango e polvere, macchiata da tanto sangue innocente che ancora scorre tra i fiumi contaminando ogni cosa. Aiutato da una meravigliosa colonna sonora di Robbie Robertson e dal solito impeccabile montaggio di Thelma Schoonmaker, Scorsese si è  lasciato andare in tutto e per tutto cercando di sfruttare ogni singolo fotogramma. Killers of the Flower Moon è un atto di amore, una lettera di scuse, un racconto di speranza oscuro e violento.

Qui però non c’è il ritmo indiavolato di Casinò o di Quei bravi ragazzi, né il fuoco drammaturgico di Taxi Driver o di Toro scatenato, piuttosto siamo dalle parti di Silence, di Kundun o del terzo atto di The Irishman; Scorsese si prende tutto il tempo del mondo, mantiene un ritmo compassato e rarefatto (ma mai pesante), lavora moltissimo sui dialoghi e sul loro taglio tragicomico, si autocita in più di un’occasione e alla fine ci spiazza con un finale che ribalta ancora una volta ogni prospettiva precedente ricordandoci come il potere delle storie derivi anche e soprattutto dal modo in cui vengono raccontate. Qui a trionfare sono il Cinema, la bellezza e l’amore per il racconto, la capacità di cristallizzarlo.

E allora quell’addio dolente e tenero allo stesso tempo, tutta la morte che ci è stata scaraventata addosso, le bugie, le manipolazioni, i tradimenti che i personaggi e noi abbiamo dovuto sopportare acquistano un senso alla luce di un’intenzione fortissima: quella di raccontare un capitolo della nascita della nazione più potente del mondo togliendo man mano fora a quel potere, a quei soldi, a quel petrolio che vale ben più del sangue. Dei nativi, degli americani, degli esseri umani tutti.

Killers of the Flower Moon. Regia di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, Lily Gladstone, Jesse Plemons, Brendan Fraser, John Lithgow e Janae Collins, in uscita nelle sale giovedì 19 ottobre distribuito da 01 Distribution.

VOTO:

Quattro stelle

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