La recensione di Kung Fu Panda 4, quarto e forse ultimo capitolo delle avventure di Po nei panni del guerriero dragone, stavolta alle prese con delle vecchie conoscenze: l’umorismo abbonda, i riferimenti filmici pure ma la formula è ormai stantia
In attesa dell’intrigante Il robot selvaggio e con la possibilità di recuperare su Netflix Orion e il buio di Charlie Kaufmann (fatelo assolutamente), Kung Fu Panda 4 è la nuova creatura Dreamworks Animation ad invadere i cinema. Rispetto a 8 anni fa e al terzo capitolo non è che le cose siano cambiate, anche se la sensazione è che possa davvero trattarsi dell’ultima avventura di Po. Se così dovesse essere, però, non si potrebbe parlare di un finale memorabile perché questo quarto appuntamento non smuove neanche un po’ le acque, restando incollato al passato della saga senza volontà di svecchiamento alcuno. Ed è un grosso malus questo, nonostante l’apprezzamento dei più piccoli che non mancherà di certo.
Po contro tutti
Po, il Guerriero Dragone, questa volta è chiamato dal destino a darci un taglio. Gli viene infatti affidato il compito di diventare il capo spirituale della Valle della Pace. Questo comporta però un paio di problemi evidenti: n primo luogo Po ne sa di leadership spirituale tanto quanto di dieta e, in secondo luogo, deve cercare e addestrare al più presto un nuovo Guerriero Dragone prima di poter assumere la sua nuova e prestigiosa posizione. Come se non bastasse, di recente è stato avvistata una malvagia e potente signora del crimine, Chameleon, una piccola lucertola in grado di trasformarsi in qualsiasi creatura, grande o piccola che sia.
Chameleon ha infatti messo gli occhi sul Bastone della Saggezza, che le darebbe il potere di risvegliare dal regno degli spiriti tutti i cattivi che Po ha sconfitto. Quest’ultimo ha quindi bisogno di aiuto e lo troverà nella ladra Zhen, una volpe corsara che fa davvero impazzire Po ma le cui abilità si riveleranno preziose. Nel tentativo di proteggere la Valle della Pace dagli artigli rettiliani di Chameleon, questa strana coppia dovrà unire le proprie forze.
Una saga bloccata
Lo abbiamo visto crescere Po. Lo abbiamo visto accettare con incredulità e un pizzico di sana paura il suo destino da guerriero dragone, superare i propri limiti fisici, mentali, caratteriali, imparare di più sul proprio passato, conoscere il proprio padre naturale e legare ancora di più con quello adottivo. Infine lo abbiamo visto fallire, cadere, persino crollare per poi rialzarsi, riprovarci e sconfiggere tutti i nemici che minacciavano la pace della Cina. Cos’altro c’era quindi da vedere di Po che giustificasse un quarto capitolo, uscito per altro a distanza di 8 anni dalla terza avventura e a ben 16 dalla prima? Ecco, Kung Fu Panda 4 ha un primo, grande problema: non è in grado di rispondere a questa domanda.
E sebbene possa sembrare un elemento rassicurante, quello della forte continuità col passato, in realtà è il segnale di una saga che non più evidentemente nulla da dire rispetto al tema che di volta in volta sceglie di trattare (che qui ha a che vedere con il saper riconoscere e valorizzare le proprie qualità senza doverle trovare negli altri), agli argomenti, ai suoi stessi personaggi. Diciamoci la verità, ormai Po e i suoi comprimari sono stati spolpati abbondantemente, radiografati, esplorati in lungo e in largo. Kung Fu Panda 4 ne è evidentemente consapevole e gioca allora di rimessa, richiamando dal passato perfino alcuni villain storici.
L’unico elemento invece un filo interessante è rappresentato proprio dall’antagonista, che a questo giro è una camaleonte spietata con le solite smanie di potere e grandezza. Se le sue motivazioni sono abbastanza risibili (ma d’altronde quest’incapacità di fornire dei desire tematicamente forti e coerenti ai propri cattivi è sempre stato un punto debole della saga), è il modo in cui è stata costruita che merita più attenzione. Essa è infatti l’antitesi perfetta di Po, la sua immagine riflessa oscura. È un peccato che questa contrapposizione così netta nel film venga appena accennata, perché il bel lavoro fatto su Lord Shen nel secondo film avrebbe potuto non rappresentare un unicum.
Caos e ritmo frenetico
Rimangono però intatti gli alti valori di produzione e messa in scena della giostra, quasi a voler evidenziare una dichiarazione d’intenti Dreamworks sulla spettacolarità del proprio cinema senza compromessi. Kung Fu Panda 4 è costruito in maniera chirurgica per trascinare lo spettatore con sé per tutti gli 85 minuti di durata, grazie ad un montaggio ipercinetico che garantisce un ritmo frenetico e pochi momenti per rifiatare. Permangono così anche l’umorismo di grana grossa, le gag da slapstick comedy, i giochi di parole (apprezzabili molto di più nella versione originale) e un certo, ovviamente bonario, fancazzismo.
Una volta costruita la giusta temperatura emotiva e imbastiti i punti principali di diegesi, il duo di esordienti composto da Mike Mitchell e Stephanie Stine si è lasciato così del tutto andare tra citazioni al multiverso marveliano e un paio di rimandi ai wuxia cinesi, garantendo almeno per i più piccoli un’ora e mezza di risate e divertimento garantiti. E per i più grandi, invece? Se riusciranno a soprassedere ad una storia che va esattamente dove si aspettano che vada, e ad una certa ripetitività nelle soluzioni narrative, potrebbero comunque non annoiarsi e magari godersi un paio di ottime sequenze di combattimento. Sempre che sopravvivano al doppiaggio di Fabio Volo, s’intende.
TITOLO | Kung Fu Panda 4 |
REGIA | Mike Mitchell, Stephanie Stine |
ATTORI | con le voci originali di Jack Black, Awkwafina, Dustin Hoffman, Viola Davis, Bryan Cranston, James Hong, Ian Mc Shane, Ke Huy Quan, Seth Rogen |
USCITA | 21 marzo 2024 |
DISTRIBUZIONE | Universal Pictures Italia |
Due stelle e mezza