La nostra recensione de L’ombra del giorno di Giuseppe Piccioni, thriller storico che fotografa l’Italia fascista di provincia mentre racconta una storia d’amore, con Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli
Nel tentativo di ricostruire i momenti chiave dell’evoluzione della società, soprattutto nell’ottica di una salvaguardia della memoria storica, spesso risulta più funzionale raccontare come la Storia influisca sulle vite della gente comune piuttosto che tratteggiare più o meno opachi ritratti dei suoi grandi protagonisti. Ne è ben conscio Giuseppe Piccioni che nel suo nuovo film, L’ombra del giorno, decide di fotografare l’Italia fascista che sta per rovinare nella Seconda Guerra Mondiale, puntando il suo obiettivo su un ristorante di provincia dove si susseguono le vicissitudini di un gruppo di affascinanti uomini e donne comuni, donando alla messa in scena avvincenti tinte da thriller.
Mala tempora currunt
Ascoli Piceno, sul finire degli anni Trenta. Luciano (Riccardo Scamarcio) è un reduce di guerra e gestore di un ristorante nel centro della sua città. Quando Anna (Benedetta Porcaroli), affabile giovane alla ricerca di un lavoro, viene assunta come cameriera nel suo locale, le certezze di Luciano iniziano a vacillare. L’uomo, infatti, simpatizzante del Fascismo, intesse con la ragazza, di idee opposte alle sue, un particolare legame affettivo e sentimentale che mette in discussione la convinzione del reduce di poter vivere solo secondo le proprie regole. Mentre venti di guerra spirano sull’Italia, Anna si appresta a rivelare un segreto che potrebbe metterla in serio pericolo.
Fanfare e silenzi
Luciano è tornato dal fronte zoppo, o forse, come lui stesso afferma, non è mai tornato. Claudicante, ma imperioso, è rinchiuso nel suo ristorante, la sua roccaforte, il suo rifugio. Le simpatie che lo legano al Fascismo, più che una convinta ammirazione del Duce, sono i riflessi di promesse apparentemente mantenute. L’ordine, l’attenzione ai reduci, le tanto millantate “cose buone” che le camicie nere avrebbero realizzato in Italia. Gli appigli di un miope che dalle vetrine del suo ristorante osserva un mondo di cui, in realtà, non ha percezione. Perché fondamentalmente non ne ha interesse. L’arrivo di Anna nella sua vita è un terremoto silenzioso. Mesta ma alacre, coscienziosa ma dalle idee ben chiare sulla catastrofica situazione italiana, la ragazza dissipa l’idiozia che obnubila gli occhi di Luciano. Lo fa senza proclami o gesti avventati, ma dando prova della sua emancipata integrità. Mentre per le strade impazza dalle radio la voce del Duce, il dolore silenzioso di Luciano si intreccia alla protesta silente di Anna, in un abbraccio che ombre inquietanti rischiano di spezzare.
Uno sguardo al di là delle vetrine
L’ombra del giorno è un film di silenzi e di sguardi, di rivoluzioni intime e tragedie storiche. Il passo a due tra Anna e Luciano palpita della chimica tra Scamarcio e Porcaroli. Il primo si immerge con disinvoltura nella complessità del suo personaggio e ne incarna convincentemente i conflitti. La seconda dà ancora una volta prova della sua versatilità, coglie tanto i lati più impetuosi che i più malinconici di Anna, rischiando, però, in alcuni passaggi, di caricare troppo la sua interpretazione. I personaggi secondari, dall’inquietante camerata di un sempre impeccabile Lino Musella al cuoco sornione e antifascista di Vincenzo Nemolato, risultano particolarmente interessanti. Sono i tasselli di microcosmo variegato tra cui la macchina da presa di Piccioni si muove sicura ed elegante, raggiungendo le sue vette quando riprende la piazza deserta di una Ascoli tetra o insiste sulle vetrine del ristorante che si fanno schermi di una storia più grande ed inquietante.
3 stelle e mezza