Dalla Festa del Cinema di Roma la nostra recensione di La nuit se traîne, film dell’esordiente Michiel Blanchart vincitore del Gran Premio della Giuria: un’opera prima che utilizza con grande intelligenza i codici del thriller metropolitano mescolandoli al commento sociale
Di esordi come La nuit se traîne non se ne vedono spesso, quindi non stupisce più di tanto come anche la giuria del RoFF19 si sia convinto a premiarlo con uno dei riconoscimenti più prestigiosi. Al suo primo lungometraggio il belga Michiel Blanchart dimostra già una padronanza del linguaggio e del mezzo cinematografico notevole, realizzando un thriller metropolitano tesissimo e trascinante con un cast in stato di grazia (Jonathan Feltre, Natacha Krief, lo “spietato” 0) e con delle cose intelligenti da dire sulla società belga e forse non solo quella. C’è solo da godersi lo spettacolo.
Tutto in una notte
Una sera, Mady (Jonathan Feltre)- studente di giorno e fabbro di notte – vede la sua vita stravolta quando apre una porta sbagliata e si trova accidentalmente coinvolto nel crimine organizzato. In una Bruxelles devastata dalla violenza della polizia e agitata dalle proteste del movimento “Black Lives Matter” ha solo una notte per trovare Claire (Natacha Krief), la donna che ha tradito la sua fiducia, prima che lo spietato uomo per cui il fratello di Claire lavora, Yannick (Romain Duris), riesca a trovare lui.
Il genere come porta d’ingresso
Bruxelles brucia. Brucia sotto le vibranti proteste dei manifestanti del movimento BLM, brucai sotto gli assalti feroci della polizia che picchia, prende a manganellate, fa resistenza, arresta chiunque sotto l’egida di uno Stato di diritto che ha smesso di essere tale. Comincia così La nuit se traîne, nell’oscurità della notte e della violenza più totali; il film di genere si fa porta d’ingresso in un micromondo sconquassato dal razzismo e dalle divisioni sociali, mentre nello stesso momento un’altra porta si apre ed è il fabbro di notte e studente di giorno Mady ad aprirla.
La sua odissea però deve ancora cominciare e non si consumerà nell’arco di dieci anni, bensì in una sola notte. Bruxelles non sembra neanche la città della Grand Place, dei palazzi ottocenteschi o delle case in stile Art Nouveau, potremmo quasi trovarci in una megalopoli americana o asiatica se non fosse per l’architettura che ogni tanto fa capolino. Perché il film di esordio di Michiel Blanchart sposta la geografia dei luoghi in un’arena universale, in cui la società belga e la società occidentale sono un tutt’uno, e in quello spazio fa scontrare i propri personaggi alla ricerca di una salvezza (im)possibile.
Lo sfondo sociopolitico diventa quindi centrale nella narrazione, alle volte accompagnando il filo narrativo di Mady e alle volte facendo da contraltare alla storia, ma c’è sempre ed è in continuo mutamento. E allora La nuit se traîne dice tanto sulla società contemporanea facendo parlare l’azione più che i personaggi, con dialoghi ridotti all’osso oppure costruiti con grande cura e mai derivativi, mai scontati, sempre legati allo sviluppo diegetico o a quello tematico. Si parla infatti di porte chiuse che devono essere aperte, di integrazione ma anche della possibilità di un futuro che è lì alla nostra portata eppure così impossibile da raggiungere.
Non sembra (quasi) un esordio
C’è il Collateral o l’Heat di Mann, c’è il Memories of Murder di Bong Joon-ho, c’è tanto cinema di appartenenza in questo esordio spettacolare eppure c’è anche una personalità da vendere, la capacità di creare l’inquadratura ad effetto, la sequenza adrenalinica, il segmento spiazzante (vedere il clamoroso inseguimento in metropolitana). La nuit se traîne pare tutto tranne che un film d’esordio, o forse soltanto in qualche piccola ingenuità di scrittura che però non inficia il risultato o l’esperienza finali. Pare invece già un film maturo di un veterano, o comunque di un regista che sa esattamente cosa sta raccontando, dove piazzare la macchina da presa, cosa mostrare e cosa lasciare fuori dall’inquadratura, come costruire a regola d’arte la tensione.
E poi, di tanto in tanto, sbuca l’ironia salvifica che stempera non la tensione ritmica ma quella superficiale, e che ci ricorda sempre come una scrittura intelligente sappia legarsi alle immagini e non alle parole (almeno al cinema). Un lavoro insomma di grande pregio, perfetto per gli amanti del cinema di genere ma anche per coloro che cercano una pellicola abbastanza intelligente da non mostrarlo troppo, senza predicozzi morali o linee dialogiche ridondanti e didascaliche. E che sappia utilizzare la violenza in maniera anti spettacolare, cruda, ruvida e quindi tanto realistica da far male.
TITOLO | La nuit se traîne |
REGIA | Michiel Blanchart |
Jonathan Feltre, Natacha Krief, Romain Duris, Jonas Bloquet, Thomas Mustin, Sam Louwyck | |
USCITA | prossimamente |
DISTRIBUZIONE | n.d. |
Quattro stelle