Dalla Festa del Cinema di Roma la recensione de La zona d’interesse di Jonathan Glazer, già vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes: un film asettico nella costruzione e nei colori, in grado però di raccontare la terrificante quotidianità del male
Dopo il trionfo a Cannes 2023 arriva in pompa magna alla diciottesima Festa del Cinema di Roma La zona d’interesse, l’ultima discussa fatica del regista inglese Jonathan Glazer (Birth, Under the Skin) (qui la conferenza stampa di Cannes). Un film asettico e freddo, anche nei colori, com’è tipico del regista inglese ma anche squarciato da lampi di violenza e dolore lasciati però intelligentemente fuori dal campo dell’inquadratura.
Alle porte dell’inferno
Rudolf Höss (Christian Friedel) è il capo del campo di concentramento di Auschwitz, accanto al quale vive in una bellissima casa con piscina assieme alla moglie Hedwig (Sandra Hüller) e ai suoi figli. I due lottano ogni giorno per realizzare la vita dei loro sogni, mentre al di là del muro migliaia di persone vengono trucidate senza pietà dai sottoposti di Rudolf. Un giorno, però, Rudolf riceve un’inaspettata promozione che potrebbe sconvolgere per sempre la sua vita.
Freddo come il ghiaccio
Non è un novità che il cinema di Jonathan Glazer non spicchi per l’alta temperatura emotiva, e d’altronde queste storie e questi personaggi così algidi, metodici e apparentemente privi di emozioni rappresentano per lui una cartina di tornasole perfetta per rappresentare un certo Male. Perché La zona d’interesse non esplora l’orrore del nazismo attraverso la prospettiva delle vittime, ma attraverso quella dei carnefici nei loro momenti più privati ed intimi. Non ha però nessun interesse nell’umanizzarli Glazer, così come non ne ha nel disumanizzarli, piuttosto li mostra nella loro ordinarietà più banale e tipica, tanto rassicurante all’esterno quanto spaventosa per ciò che nasconde.
Glazer filtra attraverso la geometria e la precisione delle inquadrature, studiate fino nel più piccolo dettaglio, le atrocità dei gerarchi nazisti, i loro piani folli, le loro fantasie perverse (come quando Hōss confessa alla moglie di aver fantasticato su come sterminare dei suoi colleghi ad una festa); ne viene fuori un racconto macabro, che però lascia fuori la violenza delle uccisioni e delle torture inflitte ai prigionieri di Auschwitz perché sappiamo già tutto, come i personaggi del film. Il regista inglese è quindi chirurgico nell’osservare e nel riportare solo piccoli frammenti dell’orrore, facendoli in primis intendere come nella scena del bagno nel fiume di Rudolf coi figli o in quella della raccolta dei panni.
Un padre di famiglia
La zona d’interesse inizia e finisce con un lungo nero, dal quale filtrano rumori di grida, spari e colpi vari che si intersecano, si miscelano, si annullano quasi gli uni con gli altri. Ma ci sono anche altri lampi visivi improvvisi, devastanti, che irrompono sullo schermo confondendo il passato e il presente, la vicenda in fieri e il ricordo a posteriori. Sono momenti che spezzano il ritmo della narrazione ma sono anche interruzioni necessarie a dare ancora più peso al senso di ciò che si vede, delle parole (poche) che vengono pronunciate, dei suoni che ascoltiamo. Tutto il resto è contenuto nella normalità della famiglia Höss, nei loro riti quotidiani, nei loro sogni e nelle loro speranze.
Forse per questo il cineasta inglese cerca in maniera così insistente il lato paterno di Rudolf, la sua tenerezza che di tanto in tanto esce fuori nel confronto con la moglie Hedwig ma anche la sua risolutezza e la corazza che indossa sotto la divisa ufficiale. Intendiamoci, La zona d’interesse non prende posizione ma sa esattamente da che parte della Storia stare, è solo che questa lenta discesa negli abissi più oscuri della crudeltà umana non può che cominciare da una luce di apparente normalità. Nel trasporre sullo schermo l’omonimo romanzo di Martin Amis, Jonathan Glazer disegna la quotidianità del male lasciando che sia lo spettatore a scorgerlo attraverso un racconto autentico e semplice.
Per non dimenticare
Quella dell’Olocausto è una tragedia che risuona fortissimo ancora oggi, anzi oggi forse più che mai visti gli ultimissimi avvenimenti che riguardano il popolo ebraico e quello palestinese. Lungi dal voler scendere nella retorica della commozione più becera La zona d’interesse ci spinge però a mantenere vivo questo ricordo, a tenerlo al sicuro e soprattutto a chiederci semmai potrà capitare di nuovo. Perché la normalità di Rudolf e di ciò che rappresenta sono quello che più dovrebbe spaventarci, sono quei bagni nel fiume coi figli, i picnic, i giochi in piscina e i commenti velati di razzismo e di classismo che pronunciamo nei riguardi di chi una volta era sopra di noi, più importante di noi.
E allora tutta questa freddezza diventa necessaria, auspicabile per provare a dare un volto ad un Male incomprensibile e inafferrabile, senza però cercare di spiegarlo. Sarebbe del tutto inutile.
TITOLO | La zona d’interesse |
REGIA | Jonathan Glazer |
ATTORI | Sandra Hüller, Christian Friedel, Ralph Herforth, Max Beck |
USCITA | giovedì 18 gennaio 2024 |
DISTRIBUZIONE | I Wonder Pictures |
Quattro stelle