Parte da martedì 27 novembre la serie evento L’amica geniale, tratto dal bestseller di Elena Ferrante che narra della complessa amicizia tra Lenù e Lila, sullo sfondo di una Napoli piegata dal dopoguerra e dalla prevaricazione mafiosa.
Dal bestseller alla serie tv
Se non avete ancora letto il bestseller L’amica geniale, primo libro della quadrilogia di successo di Elena Ferrante, non potete assolutamente perdere la trasposizione televisiva di Saverio Costanzo, che partirà da martedì 27 novembre su Rai 1. L’avvincente storia di Raffaella Cerullo, detta Lila e di Elena Greco, detta Lenù, è ambientata nella Napoli degli anni cinquanta, dove gli strascichi della guerra si fanno ancora sentire, e dove le differenze di classe ed estrazione sociale sono talmente evidenti, da pressare la povera gente in una morsa fatta di umiliazione e stenti. Le piccole Lila e Lenù, sono nate nello stesso sgangherato quartiere, frequentano la stessa scuola, ma pur essendo così vicine sono terribilmente diverse: sfacciata, acuta e impavida Lila, timida, rispettosa e curiosa Elena. Due mondi diametrialmente opposti, che scontrarsi e intrecciare un legame solido e unico sembra quasi doveroso.
Due piccole donne
Un’amicizia che sfida le leggi del più forte, del sistema machista e patriarcale, quella tra le due bambine, che con tempra e carattere la prima e con ammirazione e spirito di asservimento nei confronti dell’amica, la seconda, tentano di cambiare le regole di una società che relega le femmine a mere sguattere, negando loro istruzione e la possibilità di scegliere il proprio destino. Pungolate dal capolavoro della sovversiva antesignana della letteratura al femminile, Louisa May Alcott, Piccole donne, che divorano e adorano, Lila e Lenù accrescono la loro avida sete di conoscenza, che le porta però a scontrarsi e ad allontanarsi l’una dall’altra in un valzer di incomprensioni e ripicche, che segnano il rinnovamento di un’amicizia che si sfalda ma non si spezza.
La potenza comunicativa del linguaggio
L’intelligenza racchiusa ne L’amica geniale, è riscontrabile nell’utilizzo di due tipi di linguaggio, il fluente italiano scolastico e lo spigoloso ma efficace dialetto napoletano, che si intrecciano e si alternano con sagacia. Prototipi dei due modi d’espressione lessicale, sono la maestra Oliviero, interpretata da un’eccellente Dora Romano, incarnazione di un’ideale società civile napoletana, istruita e volta al continuo miglioramento, e il maestro Ferraro, che del dialetto e delle movenze popolari fa il suo biglietto da visita. Entrambi i linguaggi fanno sì che la comunicazione diventi immediata, potente, utile a sottolineare certi passaggi fondamentali, che i gesti da soli non sono in grado di marcare.
Le bambole e i soldi
Nei primi due episodi, intitolati Le bambole e I soldi, fusi da Rai Fiction (che insieme a HBO e Tim Vision ne firma la produzione) in un’unica puntata, lo spettatore viene travolto dalle personali vicende dei personaggi, che lo prendono per mano immergendolo nelle complesse dinamiche delle piccole Lila e Lenù, amiche – nemiche, che si scoprono, si riconoscono, si respirano e si combattono, e nel rapporto tra le due e una città brutalizzata da violenza e prevaricazione, che nasconde la sua sconfinata bellezza in quel mare lontano dagli intrecci familiari e rionali, e dagli occhi delle bambine che non hanno mai avuto occasione di ammirarlo da vicino.
Un capolavoro annunciato
La potenza narrativa di Elena Ferrante e la suggestiva messa in scena di Saverio Costanzo, costruiscono un capolavoro intenso e toccante, accompagnato dalla sconcertante bravura delle giovanissime Elisa Del Genio e Ludovica Nasti, ispirate interpreti rispettivamente di Lenù e di Lila, due attrici non professioniste, così come chiesto esplicitamente dalla Ferrante, che sono state scelte dopo incessanti mesi di provini. Un ulteriore tocco di classe è quella voce narrante, della Elena adulta e nostalgica, prestata dalla delicata e sublime Alba Rohrwacher, che con la sua dolce fermezza culla lo snodarsi della vicenda passo passo. Una piccola chicca, inoltre, va riscontrata nell’omaggio che Costanzo ha voluto dedicare a Roma città aperta, facendo cadere rovinosamente Giuseppina, mentre rincorre la camionetta della polizia durante l’arresto del marito Alfredo Peluso, richiamando automaticamente alla mente la famosa scena della morte del personaggio della splendida Anna Magnani. In sintesi un incipit a dir poco coinvolgente, che fa venire voglia di vedere subito un altro geniale episodio.