La nostra recensione de L’uomo nel bosco, il nuovo film di Alain Guiraudie con Félix Kysyl, Catherine Frot e Jean-Baptiste Durand: ritorna l’esplorazione del rapporto tra colpa e desiderio in un noir ferino che richiama alla mente Lo sconosciuto del lago
Dopo il passaggio a Cannes 77 arriva in sala L’uomo nel bosco, l’ultimo thriller (o meglio noir) del francese Alain Guiraudie che richiama le atmosfere de Lo sconosciuto del lago, film che nel 2013 fece molto parlare di sé per le numerose scene di sesso gay esplicite. Rispetto a quella pellicola qui il sesso è solo a malapena suggerito e mai esplicitato, ma il desiderio rimane sottotraccia così come il tema della colpa, e nella sua grande imprevedibilità nonché nel rifiuto di ogni paradigma drammaturgico il viaggio in questo bosco pieno di lasciva repressione si rivela spesso suggestivo e ammaliante. Sarà per questo che i Cahiers du Cinéma lo hanno eletto miglior film del 2024?

Un ritorno malvoluto
Jérémie (Félix Kysyl) torna nel piccolo comune di Saint-Martial per il funerale del panettiere, suo ex datore di lavoro, a cui era molto legato. Si ferma per qualche giorno a casa di Martine (Catherine Frot), la vedova del defunto, che gli è affezionata. L’affetto di Martine, la violenta gelosia del figlio Vincent (Jean-Baptiste Durand), amico di gioventù di Jérémie, la tensione con il solitario Walter (David Ayala) e l’attenzione del parroco del villaggio, Philippe (Jacques Develay), fanno emergere un passato misterioso che avrà conseguenze inaspettate.

La misericordia, la sessualità, il desiderio
Si torna sempre nel bosco perché il bosco, nel cinema di Alain Guiraudie, sembra avere una funzione liberatoria. È un luogo in cui le inibizioni si infrangevano ne Lo sconosciuto del lago, in questo nuovo film diventa un purgatorio in cui morte, pulsioni sessuali, desiderio e repressione si incrociano dando respiro drammaturgico ad una storia semplicissima nella sua struttura diegetica. Ciò che vediamo è ciò che è, non c’è ambiguità nello sguardo e nel racconto, non ci sono sovrastrutture né abbellimenti di sorta, l’arena bucolica li impedisce e li annulla e quindi L’uomo nel bosco può lavorare con grande libertà anche su ciò che non mostra e che invece suggerisce.
Lo scarto, almeno da questo punto, rispetto al film del 2013 è evidente ma il filo rosso della colpa e del desiderio rimane, qui affiancati da quella misericordia che è anche il (bel) titolo originale. Spogliatosi completamente degli orpelli Guiraudie lavora sul rovesciamento dei canoni morali e perfino estetici del noir, gioca continuamente di rimbalzo con lo spettatore a cui non concede coordinate narrative e lascia che il suo tema sia libero di fluire. C’è sicuramente il cinema di Chabrol, c’è in parte qualche richiamo al noir belga degli anni ’30, c’è perfino un riferimento a Pasolini ma soprattutto c’è la distensione dell’intreccio che non vuole né colpevoli e né (forse) vittime.
L’uomo nel bosco – Félix Kysyl e Catherine Frot
Una parabola imprevedibile
Di fatto il cineasta francese lavora con le fondamenta del genere e lo sovverte senza destrutturarlo, rinunciando proprio dal principio (un po’ come era successo 11 anni fa) ad una qualsiasi forma di risoluzione che non fa rima con assoluzione. Invece la misericordia del titolo ha a che vedere con il perdono di una colpa che è un po’ innata (la sessualità) e un po’ invece favorita dal contesto in cui si è cresciuti (la bestialità). Ma il punto è che in questo bosco reale e dell’anima Jérémie e tutti gli altri personaggi si cercano, si desiderano, si trovano e si respingono finché la morte di qualcuno non devia ulteriormente la parabola, rendendola totalmente imprevedibile.
E in più ci sono i funghi, che non sono pregiati e che crescono accanto al cadavere per poi essere mangiati a tavola, tutti assieme, come in un cerchio nero che si apre e si chiude. E se gli attori sono perfettamente calati in questi personaggi senza luce, è l’atteggiamento fatalista di Guiraudie stesso a rendere quest’opera all’apparenza così piccola abbastanza potente da superare qualche limite di messa in scena. Il resto lo fa il dilemma morale che è sottinteso, mai urlato e mai davvero cercato fino in fondo, e che attraverso le fronde degli alberi giunge fino a chi guarda senza una risposta, senza una giustizia, senza un’impossibile quadratura del cerchio.
TITOLO | L’uomo nel bosco |
REGIA | Alain Guiraudie |
ATTORI | Félix Kysyl, Catherine Frot, Jean-Baptiste Durand, Jacques Develay, David Ayala, Tatiana Spivakova, Salomé Lopes, Sébastien Faglain |
USCITA | 16 gennaio 2025 |
DISTRIBUZIONE | Movies Inspired |
Tre stelle e mezza