Midsommar – Il villaggio dei dannati, secondo lungometraggio di Ari Aster regista dell’inquietante Hereditary – Le radici del male, è un dramma psicotico dai risvolti pastorali che racconta con toni sconvolgenti tutte le sfumature del trauma del lutto.
Dopo il meritatissimo successo raggiunto con il film d’esordio Hereditary – Le radici del male, Ari Aster torna con il suo secondo lungometraggio Midsommar – Il villaggio dei dannati. Il progetto, a metà strada tra dramma psicotico e un’inquietante favola pastorale, vede al centro della storia la ventenne Dani (un’eccellente Florence Pugh, perfettamente in parte), studentessa ingenua e bisognosa d’affetto, in rotta di collisione con l’ormai disinnamorato fidanzato Christian (Jack Reynor) e reduce da un tragico lutto familiare. La ragazza per tentare di scappare dalla sua tragedia e per rinsaldare il rapporto con il giovane, segue quest’ultimo e alcuni suoi recalcitranti amici in una vacanza studio nell’estremo nord della Svezia, nella bislacca e apparentemente tranquilla comunità di Hårga, durante i rituali pagani della festa di mezza estate.
Amore in lutto
Aster si muove con sicurezza e passo deciso all’interno di questo secondo lavoro, dimostrando di sapere esattamente quale direzione intraprendere e di essere già pienamente in possesso di uno stile registico distintivo e preciso. Ancora una volta si affida al suo profondo senso del macabro e dell’orrorifico per raccontare la catastrofica sciagura del lutto e dell’abbandono, attraverso una lunga serie di simbolismi che accarezza con sagace sfrontatezza sacro e profano. Se in Hereditary però il fulcro della storyline è determinata dalla morte prematura di una figlia, in Midsommar il cuore pulsante del plot non è soltanto la perdita dei familiari, ma l’angosciante dipartita di un amore, forse mai veramente nato o cresciuto, che incede incerto e claudicante verso la definitiva discesa nel nulla. Il continuo ed estremo bisogno di conforto e calore umano di Dani contribuisce a dissanguare ulteriormente il finto interesse di Christian, che incapace di porre fine alla relazione, si nasconde dietro alla disgrazia della ragazza pur di non ammettere la propria codardia.
Il mondo capovolto di Hårga
Anche se automaticamente viene annoverato tra gli horror, Midsommar non può essere considerato tale, non del tutto almeno, in quanto non segue alla lettera tutti i crismi che compongono veramente un film dell’orrore: non sono presenti jumpscare o momenti di reale tensione da creare una suspense adeguata al genere, i tempi sono talmente dilatati, lenti e riflessivi da non permettere allo spettatore di ritrovarsi coinvolto in un clima del terrore, e infine vi è la totale mancanza dell’elemento fondamentale del classico horror, il buio. Infatti per questo secondo progetto il regista sceglie un ambiente immerso nella luce, una luce intensa, quasi diafana che irradia con la sua essenza gli abitanti della comunità, facendoli apparire candidi e leggiadri, inizialmente perfino innocui e genuini. Un mondo capovolto (allegorica è la scena del viaggio in macchina sottosopra per raggiungere Hårga) in cui non si sprofonda mai nelle tenebre, ma nel quale, anche i più efferati massacri – giustificati da una legittima ritualità depurativa – vengono commessi alla luce del sole.
Paesaggio bucolico e cammino catartico
La bellissima fotografia del paesaggio bucolico virgiliano della Svezia (anche se parte delle riprese sono state effettuate in Ungheria), stride notevolmente con i tetri e raccapriccianti riti di scomposizione e smembramento umano, che come in Hereditary, e più che in Hereditary, fungono da mezzo di connessione tra la frammentazione interiore dell’anima della protagonista – e probabilmente del regista stesso – e il cammino spirituale verso la catarsi. A fare da sfondo a questo percorso catartico ci pensa la colonna sonora, avvolgente e totalizzante, a tratti disturbante e paralizzante, (scritta dal musicista e producer The Haxan Cloak), perfetto catalizzatore di emozioni evocative e suggestive, che suggella il crescente climax di delirio e furore liturgico delle scene madri. Un film che sicuramente ha qualcosa da comunicare, e lo fa decisamente con veemenza e necessità di sconvolgere, ma che di certo non raggiunge definitivamente tutte le premesse che va inanellando durante i suoi eccessivi 140 minuti, lasciando lo spettatore con tante domande e poche, pochissime, risposte.
Midsommar – Il villaggio dei dannati è un film scritto e diretto da Ari Aster, con Florence Pugh, Jack Reynor, William Jackson Harper, Will Poulter e Vilhelm Blomgren, nei cinema dal 25 luglio, distribuito da Eagle Pictures.