La recensione di Minari, il dramma familiare di Lee Isaac Chung candidato agli Oscar e già vincitore del Golden Globe 2021 come miglior film straniero: il sogno americano è commovente, personale ed universale
La famiglia Yi
Anni ’80, Stati Uniti: la famiglia Yi si trasferisce dalla California al rurale Arkansas per inseguire il sogno del capofamiglia Jacob (Steven Yeun): quello di creare una propria fattoria per coltivare verdure coreane. Questo sogno viene visto con scetticismo dalla moglie Monica (Han Ye-ri) preoccupata per i sacrifici, lo sforzo economico e l’isolamento che dovrà affrontare la sua famiglia. Nemmeno i figli Anne (Noel Kate Cho) e David (Alan Kim) sono entusiasti della loro nuova vita. La solitudine viene però mitigata dall’arrivo dalla Corea della madre di Monica, Soonja (Yoon Yeo-jeong). La donna irrompe con i suoi modi insoliti nelle fragili dinamiche della famiglia, sconvolgendo soprattutto la placida quotidianità del nipote David.
Il piccolo David
Minari, quasi interamente recitato in coreano, racconta la storia di una crescita personale. La pellicola si sofferma sul rapporto di coppia tra Jacob e Monica, i quali hanno una visione profondamente diversa del sogno americano. Steven Yeun è brillante nel rappresentare l’ossessione che prende piede nel suo personaggio. Fa da contraltare Han Ye-ri, una donna pronta a manifestare tutte le sue difficoltà e le pecche di un matrimonio in cui viene a mancare via via qualcosa. Eppure il vero protagonista della pellicola è il piccolo David, un personaggio impossibile da non amare: con la sua anima pura, il viso tenero e una resilienza tipicamente orientale, il bambino riesce a rappresentare qualcosa che va ben oltre la sua tenera figura.
Cura delle immagini
Lee Isaac Chung scrive e dirige questo dramma familiare mettendo in mostra un particolare amore per i dettagli estetici. La fotografia è curata nella sua semplicità, ma è la macchina di Chung a ricercare continuamente la bellezza di ogni cosa. È così che riesce a valorizzare ogni immagine, ogni personaggio, ogni singolo sguardo e ovviamente ogni dettaglio della sconfinata natura che circonda la famiglia Yi. Da apprezzare il fatto che tutto ciò venga fatto nella piena consapevolezza del proprio potenziale ma anche dei propri limiti, senza forzare la mano e sapendo esattamente quando fermarsi.
Un messaggio chiaro
La stessa visione chiara emerge dal messaggio che Chung vuole far passare attraverso la sua pellicola. Il regista sa esattamente cosa vuole dire e il pubblico viene colpito in modo diretto dall’evoluzione degli Yi. Questi diventano l’emblema di tutti i rapporti umani e familiari, e sono destinati ad essere amati dal pubblico proprio per la loro forte fragilità. L’ossimoro spiega in due parole ciò che rende Minari un film emotivamente coinvolgente – per quanto a volte non riesca a commuovere quanto vorrebbe – e dalla forte personalità. Una storia da guardare e gustare in ogni sfumatura, lasciandosi trasportare dalle sue piccole magie.
Un film personale ed universale
Quella di Minari è una storia semi-autobiografica che nasce dall’infanzia di Chung trascorsa in una fattoria. Ciò lo rende un film particolarmente intimo, personale ma al tempo stesso universale visto che valorizza il potere della diversità in un momento storico in cui il messaggio appare attuale oltre che essenziale. Il titolo deriva dai semi di minari portati in America dalla nonna, una pianta coreana che ha la capacità di crescere ovunque venga piantata. Questa regala loro l’opportunità di sentirsi nuovamente a casa e, ancora più importante, di tornare a fiorire.
Minari uscirà in Italia il 26 aprile 2021, distribuito da Academy Two, ed è prodotto dalla Plan B Entertainment di Brad Pitt. Il film è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2020, dove ha vinto il Premio della giuria. Ha vinto il Golden Globe come Miglior film straniero ed è candidato a sei premi Oscar: Miglior film, Miglior regista, Miglior attore, Migliore attrice non protagonista, Migliore sceneggiatura originale e Migliore colonna sonora. Nel cast anche Will Patton.
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