Modà, recensione dell’album Testa o croce tra evoluzioni e conferme

Modà 2

I Modà tornano dopo quattro anni di silenzio artistico con il nuovo album Testa o croce che denota un’ evoluzione dal punto di vista autorale con il tema dell’amore che comunque domina e una conferma nel sound.

I Modà tornano dopo quattro anni di silenzio artistico con il nuovo album Testa o croce che denota un’evoluzione dal punto di vista autorale con il tema dell’amore che comunque domina e una conferma nel sound. Sentimenti autentici per la donna della propria vita, la figlia e la città dove si vive contro la prassi contemporanea di un sempre più costante egocentrismo. Una riscoperta di antichi valori che fondono il vivere sociale in tredici brani che suonano bene a un primo ascolto, puntano a immedesimazioni e commozioni e piaceranno ai fan storici della band milanese visto che non c’è stato un tentativo di snaturarsi.

Il disco si apre con la titletrack e il ritornello riassume l’intero lavoro:«Testa o croce non importa se decide il cuore». Con un riff di chitarra acustica che accenna al country e un crescendo musicale e vocale che esplode dopo la seconda strofa, Kekko riflette sulla vita e sui comportamenti meschini che non appartengono a chi mette l’anima in ciò che fa e nei rapporti con le persone care. Azzeccata la scelta di porre il brano come incipit perché ci immerge subito nell’atmosfera dell’intero album. Quel sorriso in volto è stato il primo singolo estratto e pubblicato lo scorso giugno. Brano per niente estivo che ricorda La nuova stella di Broadway di Cremonini nell’alternare il soggetto lui/lei nelle strofe, nell’ambientazione statunitense con la Cadillac, un camionista di New York e diffonde il messaggio di quanto la vita di coppia non sia rosa e fiori ma fatta di momenti bui, di abbracci consolatori con il sottofondo di canzoni malinconiche come queste che possono far stare meglio e far ritornare appunto un sorriso sul volto.

Puoi leggerlo solo di sera è uno dei pezzi più intimistici con un arrangiamento fatto di piano ed archi, una passeggiata al chiaro della luna e una dedica toccante alla persona amata. Quelli come me racconta il tentativo di aprirsi con persone sconosciute mostrando quanto spesso sia più semplice dialogare con chi non ci conosce perché non ci sono dinamiche interpersonali che subentrano. Parlare di sentimenti mettendosi dalla parte dell’altro, dell’ascoltatore, di chi prova empatia e si rispecchia nel vissuto di chi si sfoga con noi: «Quelli come me soffrono un po’ di più per via del loro cuore di cristallo, usano la pelle per sentire se chi han di fronte ha il dono di capirlo. Piangono di notte e non lo saprai mai, ti diranno sempre tutto apposto». 

Voglio solo il tuo sorriso è un’altra ballata romantica con un ritornello che colpisce per la semplicità disarmante di un sentimento puro e per la confessione di cosa si prova quando la persona che si ha amato tutta la vita muore. I fazzoletti potrebbero essere necessari. Una vita non mi basta vede la rara comparsa della chitarra elettrica e gli archi che sono invece molto utilizzati negli arrangiamenti. Il testo è una sorta di manuale d’istruzioni per vivere senza timore i propri sentimenti e un inno alle donne: «Sia lodata la donna che non perde la voglia di capirci di più perché la donna è avanti almeno di un chilometro mentre noi siamo ancora fermi lì al semaforo».

Non respiro ha uno dei testi più ispirati dell’album e invita a riflettere su cosa cambierebbe se le dinamiche di una coppia si invertissero, con il corteggiamento come atto finale di un rapporto e a mettere da parte l’orgoglio personale quando si ama davvero una persona visto che si sbaglia tutti ed è fondamentale avere la capacità di riconoscerlo per comprendere i comportamenti altrui: «La ragione ce l’ha in tasca solo l’uomo che col tempo sa pesarla sopra una bilancia con il torto». Sono solo due i brani rock che parlano di sesso: Per una notte insieme e Non te la prendere che risultano antitetiche nel sound e nelle atmosfere al resto del disco, perfetto per la coppia mentre in questi casi Kekko si sofferma sull’aspetto carnale di un rapporto e sul non voler costruire niente di importante e duraturo.

La fata è dedicata alla figlia Gioia e, come molte altre canzoni scritte da cantautori diventati genitori, emoziona immediatamente con un viaggio nell’immaginazione di una bambina che gioca: «E non si tratta di semplice amore ma di qualcosa che riesce a curare perché due occhi che guardano il mondo con l’innocenza di chi non sa odiare».Love in the ’50s racconta l’approccio che ormai è raro oggi di invitare una ragazza a ballare un lento in questo mondo dove non esiste più il romanticismo e il corteggiamento timido. Guarda le luci di questa città è il nuovo singolo, in radio da venerdì scorso, dedicato a Milano ricorda molto i Pooh e Facchinetti nel sound e nell’interpretazione. Sempre gli archi a infondere commozione. Peccato per le rime troppo semplicistiche con accenti tronchi alla Max Pezzali.

 

 

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