È morto Enzo Robutti, celebre caratterista del cinema italiano, passato dai Taviani a Dino Risi, da Monicelli a Festa Campanile a Fellini, dal terzo Padrino di Coppola a commissario con Banfi e professore con Pierino
Si è spento a Viterbo lo scorso 13 febbraio all’età di 88 anni Enzo Robutti, attore, cabarettista e doppiatore. Viveva da tempo in una casa di riposo, e solo a distanza di due mesi i figli hanno deciso di diffondere la notizia della sua scomparsa. Personaggio al di fuori dall’ordinario è stato un attore poliedrico, riconosciuto dal pubblico per i suoi ruoli di caratterista nei film della commedia italiana dagli anni ’70.
Tra i grandi pionieri e innovatori del cabaret in Italia, la sua comicità, eccessiva per mimica e padronanza nell’interpretazione dei personaggi, ha rappresentato un modello per tanti. È stato creatore di una maschera caratteristica che troverà tra le sue collocazioni più azzeccate il cinema di genere italiano ma apprezzato anche all’estero, in particolare nella commedia.
Nato a Bologna nel 1933 Robutti si diploma al Piccolo Teatro di Milano. Scoperto cinematograficamente dai Fratelli Taviani debutta sul grande schermo nella pellicola I fuorilegge del matrimonio del 1963. Nel 1970 è tra i mattatori al Derby Club di Milano con Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Gianfranco Funari, Toni Santagata, Teo Teocoli, interpretando spesso personaggi surreali e iracondi. Federico Fellini lo vuole nel 1973 per il suo Amarcord, in cui presta la voce a Ciccio Ingrassia, come nella celebre scena del grido “Voglio una donna!” da sopra l’albero. In precedenza aveva già doppiato Christopher Lloyd in Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Spero utilizzato per ruoli eccentrici o da professore, gira ben 7 film diretti da Pasquale Festa Campanile, da Il merlo maschio a Qua la mano, ed è diretto da Dino Risi ne Il profeta, da Mauro Bolognini in Per le antiche scale, da Alberto Lattuada in Cuore di cane, da Sergio Martino in Zucchero, miele e peperoncino (in cui è l’isterico commissario Genovese alle prese con Lino Banfi). Interpreta anche diversi film di Pierino, sia della saga originale con Alvaro Vitali, sia quelli apocrifi, ricordato come professor Pomari in Pierino colpisce ancora, direttore del collegio in cui viene spedito il “ragazzo” e padre della burrosa Enrichetta.
Tra gli altri lavora anche con Mario Monicelli, che lo vuole come capitano della nave de I Picari e Francis Ford Coppola ne Il Padrino – Parte III del 1990, in cui interpreta il potente politico cattolico Licio Lucchesi, sotto il quale operano diversi clan mafiosi italiani e che verrà assassinato con i suoi stessi occhiali da Franco Citti. Lavora poi con Alberto Sordi nel suo Incontri proibiti e con Giovanni Veronesi in Viola bacia tutti.
Uomo di cultura e di grande impegno civico, Robutti univa al mestiere di attore, l’impegno come attivista politico tra le file del Partito Radicale prima e nella Federazione dei Verdi poi, facendosi promotore negli anni di numerose iniziative in difesa del patrimonio naturale italiano e della pace. Nel 1992 a Sarajevo, con la città sotto assedio, partecipa alla marcia dei 500 organizzata da Beati i costruttori di Pace.
Il ricordo dei colleghi e amici
Tanti gli amici e colleghi che hanno voluto lasciare un ricordo per Enzo Robutti.
Cochi Ponzoni: «Enzo era un caro amico. Abbiamo condiviso degli anni al Derby Club. Ci siamo frequentati anche successivamente. Ho un ricordo bellissimo della sua bravura come attore di prosa e come cabarettista straordinario».
Jerry Calà: «Sono molto addolorato che Enzo ci abbia lasciato. Ho dei ricordi bellissimi del Derby. Mi ricordo che ogni sera non mi perdevo mai il suo monologo e ogni sera mi sbellicavo dal ridere. Grande attore e grande uomo che ha senz’altro contributo alla mia formazione e a quella dei miei amici Gatti. Un grande abbraccio alla famiglia con tutto il cuore».
Franco Oppini: «Ciao Enzo. Quando arrivai al mitico “Derby club” di Milano con i “Gatti di Vicolo Miracoli”, a soli 21 anni, mi “innamorai” di te: tutte le sere seguivo il tuo monologo in cui ti auto proclamavi “sfigato” per il tuo problematico rapporto con le donne. La tua comicità graffiante, a volte cinica ma estremamente moderna e “avanti” mi conquistò a tal punto che imparai il tuo monologo a memoria ed ancor oggi me lo ricordo. Hai lasciato in me il segno indimenticabile di un maestro della comicità anche se sei stato, ingiustamente, un po’ dimenticato dai media ma chi ti ricorda, come me, non scorderà mai la tua vis comica e la tua libertà di pensiero. Grazie di cuore Enzo».
Alessandro Bergonzoni: «Cari amici e parenti del nostro unico grande Enzo Robutti, vi sono accanto in questo triste momento. Ma vorrei dirvi quanto mi ha regalato quell’uomo, quanto mi ha divertito, meravigliato e raccontato. La sua “cattiveria “bella e buona” è stata ed è contagiosa, viva, come è stato il suo teatro (tanto più avanti e potente di come era conosciuto). Resterà tutto nella storia, con la sua faccia, la sua voce il suo corpo, dal Basferoni all’infinito. A lui, a voi, la gratitudine di un fan al maestro. Con affetto stima imperterrita e rima»
Ernesto Bassignano: «Ho passato decenni con Enzo. Per un po’ di anni credo di esser stato il suo più grande amico e sostenitore. Lo portai al Folkstudio. Già il primo a Via Garibaldi. Ho visto i suoi numeri di cabaret. Tutto il suo teatro. Gli show sul cibo. Sui cani. Sui gatti. E stato il mio primo collaboratore a RadioRai. Robutti grande, unico, uno dei padri della vera grande comicità e satira italiane. Radicale. Politico. Combattente per gli attori. Aspettavo da tempo, paventando, la triste notizia. Sapevo che nonostante i suoi km in montagna e le sue eterne bici.. non era immortale neppure lui. Però lo speravo…».
Franca Kodi: «Io ho passato i miei primi anni a Roma frequentandoti sempre, Lulu e Solvejg le nostre rispettive figlie giocavano insieme nella tua casa all’ultimo piano a Borgo Pio. Ero piccola sola e già con una bimba e tu eri pieno di attenzioni per noi. Caro Enzo ricordo i tuoi minestroni che cucinavi e consumavi anche nei giorni successivi. E poi la tua famiglia allargata, la nascita di Leandro da una giovane ragazza Pupa, poi diventata amica. Tanti anni creativi pieni di amici comuni, mi facevi ascoltare la voce di tua mamma che tu implorava di richiamarlo, una mamma che adorava il figlio e lo voleva sempre vicino.
Enzo mi facevi ridere eri diverso da tutti, veramente da tutti un genio nell inventarti la vita e anche la tua arte comica».
Nicola Vicidomini: «Enzo Robutti è stato un caposcuola. Ispiratore per molti, ha introdotto per primo nel cabaret italiano una maschera tragicomica mai vista prima (almeno nel 900), quella dell’uomo inetto, incazzato e solo, travolto da una quasi perenne, dionisiaca foga espressiva. Affamato di sesso e vita. A tratti iperattivo. La maschera di Enzo affonda le sue radici, forse inconsapevolmente, nelle farse fescennine e atellane, e si rimanifesterà solo nei primissimi anni ’70 in Italia dopo millenni di assenza dalle scene. Generatore di visioni triviali che ha saputo declinare attraverso ritmi e musicalità magistrali, una fisicità particolare e una mimica degna della più precisa partitura attoriale (non a caso è stato allievo della compianta Marise Flach), Enzo ha pioneristicamente e coraggiosamente prefigurato un attacco al politicamente corretto di metrica e intonazione lirica medioevali, intriso di teologica blasfemia».