La nostra recensione di Nata per te, la storia vera di Luca Trapanese e di sua figlia adottiva Alba affetta da sindrome di Down: Fabio Mollo dirige un racconto che parla di lotta alla discriminazione, di accoglienza e di amore che però non graffia
In Italia la legge sulle adozioni è ferma al 1983, ben 40 anni di buco che non riflettono in alcun modo il cambiamento della società, della sensibilità della popolazione riguardo a certi temi, delle esigenze sociali. Era perciò necessario che un lungometraggio come Nata per te venisse realizzato, specialmente perché non è una storia scritta appositamente per la sala ma è la vera storia di Luca Trapanese e di sua figlia adottiva Alba, affetta da sindrome di Down e lasciata in ospedale dai propri genitori biologici. Il regista Fabio Mollo (Il padre d’Italia, My Soul Summer) si è quindi preso l’onere di portare sullo schermo questa storia, e se l’intento è lodevole il risultato finale lascia un po’ a desiderare.
Un padre e sua figlia
Alba è una bambina appena nata con sindrome di Down che viene lasciata in ospedale dai suoi genitori biologici, poiché incapaci di prendersi cura di lei. Un giorno però il suo destino si incrocia con quello di Luca Trapanese (Pierluigi Gigante), un ragazzo apertamente gay che lavora in un centro sociale in cui operano diversi ragazzi e ragazze affetti dalla stessa sindrome e che decide di prendere in affido Alba, nonostante le tante difficoltà burocratiche. In questa sua battaglia verrà aiutato da Teresa (Teresa Saponangelo), un’avvocata che prende a cuore il suo caso, ma subirà inizialmente anche le resistenze del giudice Livia Gianfelici (Barbora Bobulova), interessata a far sì che Alba possa crescere in una famiglia più tradizionale.
I volti della discriminazione
Abbiamo aperto questa recensione evidenziando come, in Italia, una questione così delicata come quella delle adozioni sia legata ad una legge vetusta e fuori tempo massimo. È sicuramente un problema culturale ma è soprattutto un problema sociale, poiché permette di discriminare ampiamente certe fasce di popolazione a vantaggio di altre, impendendo a dei bambini nati e cresciuti in condizioni non ottimale di godere di tante forme diverse di amore. Ed è proprio quella della discriminazione la chiave tematica con la quale leggere in prima battura la storia di Nata per te, poiché prima ancora che essere un racconto di amore questo è un racconto di dolore.
“Ma che ti pensi che stiamo in Svezia?” chiede divertita l’infermiera interpretata da Antonia Truppo a Luca, e in questa semplice domanda è contenuta tutta la frustrazione e l’incredulità sociale rispetto a ciò che Luca è: un uomo gay e single, una meteora impazzita che sfugge agli schemi di una mentalità politica così ristretta. Ma di questa disparità è vittima anche Teresa, madre single che lavora pur crescendo due figli piccoli, e che quindi è in grado di entrare nel sentire di Luca, di leggere la sua rabbia e la sua voglia di battersi per il futuro di Alba, l’ultimo e forse il più importante tassello di una visione discriminatoria che si rifiuta di comprendere i bisogni del presente.
Una storia necessaria
Tutto questo per rimarcare ancora una volta quanto fosse necessario raccontare questa storia, specialmente in questo contesto storico e politico che il nostro paese sta attraversando. Fabio Mollo decide allora di non lasciare nulla al caso, chiama sé un cast in cui spiccano i nomi della Bobulova, della Saponangelo e di Iaia Forte (non a caso le presenze femminili sono molto più incisive e convincenti di quelle maschili), mentre Pierluigi Gigante non riesce del tutto a rendere incisivo il proprio Luca perché manca di far trasparire quella rabbia sommessa, quel graffio al cuore che invece il personaggio sembra far avvertire.
Nata per te vorrebbe però anche il passo e il respiro di un film di denuncia, nonostante sia costruito con un taglio molto intimista, ma il tutto è fiaccato da una sceneggiatura che spinge sulla metafora insistita fino a diventare didascalico. In particolare quello del rover che atterra su Marte, leitmotiv dell’intera pellicola a partire dal primissimo flashback, è un simbolismo fin troppo facilone e banale sull’essere pionieri e allo stesso tempo su un umanità che riesce ad essere incredibilmente progressista in certi aspetti e retrograda in altri. Anche l’uso stesso delle molteplici prolessi arriva a depotenziare la storia principale, appesantendone la portata drammaturgica per arrivare al cuore dello spettatore.
Tutto troppo corretto
Di per sé non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato in una pellicola come Nata per te, e forse è proprio questo il problema. Perché una storia così grande, così pionieristica avrebbe avuto bisogno di un po’ meno controllo nella messa in scena, di qualche guizzo in più, di un’esposizione meno elementare e più azzardata. Invece il regista calabrese decide di tenere ben ferme le redini del progetto e ci regala un film dall’impianto quasi televisivo, fin troppo pieno di scene madri e di trovate un po’ furbette come quella dell’alba nel finale, quando Luca e la figlia possono ufficialmente unirsi come una famiglia, rischiando così di mettere in discussione la bontà e la genuinità del progetto che pur ci sono.
Rimane quindi un’occasione un po’ sprecata questo Nata per te, seppur gli debba essere riconosciuto il coraggio di aver portato sullo schermo un tema e degli argomenti per cui il cinema italiano ha sempre avuto una certa ritrosia nell’occuparsene. Chissà che non possa diventare un primo importante mattoncino sul quale costruire un cinema più legato alle istanze del presente, oltre che un bello schiaffo a certi politici ingrigiti e sordi, magari con più personalità anche nella mise en scène e nella scrittura con qualche faciloneria in meno e più mordente.
Nata per te. Regia di Fabio Mollo con Pierluigi Gigante, Teresa Saponangelo, Barbora Bobulova, Iaia Forte e Antonia Truppo, in uscita nelle sale giovedì 5 ottobre distribuito da Vision Distribution.
Due stelle e mezzo