Niccolò Fabi ha chiuso i suoi primi 20 anni di musica suggellati dal doppio cd Diventi Inventi 1997-2017 con un concerto unico lo scorso 26 novembre al Palalottomatica di Roma: una grande festa in cui ha ripercorso la sua carriera insieme ai musicisti che lo hanno accompagnato in questi anni e ad alcuni ospiti come Fiorella Mannoia, Daniele Silvestri e Max Gazzè.
Sono le 21.10 quando Fabi sale sul palco del Palalottomatica praticamente esaurito in ogni ordine di posti (pubblico delle grandi occasioni e tra i presenti molti amici e colleghi della scena romana), il concerto inizia in modo molto intimo con Una somma di piccole cose (dall’ultimo disco omonimo registrato interamente nella sua casa di campagna), poi si accendono gli schermi laterali con immagini della natura e parte Filosofia agricola (sempre dall’ultimo disco, dove canta “se mai potessi scegliere io mi addormenterei d’inverno… invece assisto immobile al mio nascondermi, scivolare via da qui…come l’acqua passerà“, e il programma della serata è già chiarissimo). Con le luci rosse arriva Evaporare, terzo singolo estratto da “Novo Mesto”, una riflessione esistenziale sulla solitudine, quasi alla Battiato, che per Fabi è “amara beatitudine, necessaria come un vizio, che coltivo un po’ per sfizio…vorrei evaporare per essere dovunque, entrando nei respiri, conoscere i pensieri…“.
Finalmente parla Niccolò che dice “eccoci, benvenuti, grazie di essere qui, mi auguro che le ragazze non abbiano messo troppo mascara…facciamo finta che io questa sera sono un re” per introdurre Facciamo finta (sempre dall’ultimo disco) molto intima e acustica, e quando canta “facciamo finta che io torno a casa la sera e tu ci sei ancora sul nostro divano blu” partono spontanei gli applausi e il pensiero va necessariamente alla figlia Olivia scomparsa nel 2010. Quindi è la volta di Ostinatamente contenuta nel primo disco di Fabi “Il giardiniere” del 1997, la canzone più antica in scaletta, scritta ancora prima di pubblicare nel ’93-’94 (l’unico brano del primo album composto interamente da solo e non insieme a Riccardo Sinigallia, allora suo stretto collaboratore).
A questo punto chiama sul palco la band con cui registrarono “Novo Mesto” in Slovenia nel 2006: Aidan Zammit alle tastiere, Lorenzo Feliciati al basso, Danilo Pao alla chitarra e Massimo Cusato alle percussioni, con Agostino Marangolo alla batteria, e parte Ѐ non è da “La cura del tempo” (a cui dava anche il titolo), tra le più belle canzoni in assoluto di Fabi. Segue Il negozio di antiquariato che non puoi andare a cercare in via del Corso con il significativo finale che dice “l’oro si aspetta…” e solo di chitarra elettrica di Pao, poi arriva Ecco (la canzone che in assoluto ha fatto più fatica a scrivere) dove canta “io certo non ti lascerò mai andare, di certo non ti lascerò sparire…“, sempre dedicata alla figlia, da brividi. “Ecco” è un disco fantastico, è stato il suo primo album a vincere una Targa Tenco per il miglior disco dell’anno nel 2013. Subito dopo partono delle luci psichedeliche e colorate alla Coldplay per Le chiavi di casa (questa invece è stata la più facile da scrivere) arrangiata in chiave più rock, poi da solo al piano intona l’intensa e delicata Una mano sugli occhi (sempre dall’ultimo disco, dove dice “un piatto di spine…questo sei per me“), con un aereo che vola nel video e sonorità dilatate alla Radiohead. Questo è l’ultimo brano dall’ultimo disco che ha vinto la seconda Targa Tenco nel 2016, e anche il tour con la nuova band piemontese che è diventata quasi una famiglia è stato per lui molto gratificante (il giovane cantautore Alberto Bianco con i polistrumentisti Damir Nefat, Filippo Cornaglia e Matteo Giai). Per questo spettacolo Niccolò Fabi ha voluto al suo fianco tutta la crew che lo segue dagli ultimi tour (Riccardo Parravicini, Fabrizio Valinotti, Simone Bonetto, Andrea “Perez” Peretti, Paolo Beltrando, Matteo Sanna) e alcuni amici come Francesco D’Argenzio che ha curato con lui la regia dello spettacolo e Andrea Cocchi che ha prodotto e selezionato i contenuti video.
Il concerto continua con Una buona idea, davvero bellissima, registrata all’Angelo Mai, cantata in coro dal pubblico, poi partono delle luci rosse che introducono il brano che si chiama per l’appunto Rosso (dal suo primo disco) in cui immagina di vedere in sogno il suo funerale. Niccolò chiama sul palco la band del 2009: Fabio Rondanini alla batteria, Gabriele Lazzarotti al basso, Andrea Di Cesare al violino e Daniele Rossi “Mr. Coffee” alle tastiere, più i cantautori Pier Cortese e Roberto Angelini alla slide guitar, e tutti insieme attaccano La promessa (da “Solo un uomo” del 2009) e poi la title track Solo un uomo, con video di vari personaggi (mentre canta “la gioia come il dolore si deve conservare, si deve trasformare”). Arriva quindi Attesa e inaspettata (sempre da “Solo un uomo”, scritta per la nascita della figlia e a lei dedicata il 30 agosto 2010 a Casale sul Treja, al termine della giornata più significativa di tutta la sua vita), cantata da solo con la chitarra al centro del palco in mezzo alle luci delle lampadine. Fabi invita il pubblico a fare arrivare gli applausi il più lontano possibile, poi continuano anche a scena aperta, a questo punto “ora che la carne è morbida, affonda il coltello” e attacca Sangue del mio sangue con lo Gnu Quartet (dal suo secondo disco del 1998), mentre scorre un video che ripercorre la sua carriera dalle prime apparizioni a Sanremo fino alle sue più recenti iniziative con “Parole di Lulù” e il Cuamm (Medici con l’Africa). Quindi passa a Costruire, (“il finale è di certo più teatrale“), tra i pezzi migliori e più conosciuti di Fabi, ripreso anche da Stefano Bollani nel disco con Irene Grandi.
Arriva il momento dei grandi ospiti: il duetto con Fiorella Mannoia su Offeso, con cui l’aveva cantata 14 anni fa. Niccolò invita il pubblico a battere il tempo tutti insieme, dice che “l’importante è trovare il tempo per noi, non solo applaudire il cantante”, quindi arriva Daniele Sinigallia (chitarrista e produttore, fratello del cantautore Riccardo) che ha inventato il riff di Lasciarsi un giorno a Roma, tradizionalmente la canzone conclusiva dei concerti di Fabi, con cui la suona a luci accese, mentre tutto il pubblico tiene in mano un cartello con la scritta “Grazie”. Niccolò si è preso la bella responsabilità di fare una pausa e di allontanarsi per un po’ dalle scene, senza dire cose apocalittiche, ma non vuole far finta di niente. Quindi attacca Il primo della lista (provino inedito contenuto nell’ultima raccolta “Diventi Inventi”) dove dice “In ogni gruppo c’è chi parte e chi rimane…tu per me sei utile… accetta l’onere, l’impegno…se i primi mollano mi spieghi gli ultimi come fanno?”. Eh, appunto, ma evidentemente ha capito che dopo l’ultimo disco più avanti di così non può andare nel suo cammino artistico ed esistenziale e ha bisogno di staccare un po’ la spina.
A sorpresa arrivano sul palco Daniele Silvestri e Max Gazzè per Alzo le mani (che apriva il disco “Il padrone della festa” del super trio che qui al Palalottomatica aveva già suonato nel novembre 2014), poi fanno tutti insieme L’amore non esiste, sempre con Silvestri alle tastiere e Gazzè al basso, e quindi la celebre Vento d’estate (scritta da Gazzè con Riccardo Sinigallia e portata al successo da Fabi e Gazzè) con Max che attacca a cantare per primo. Torna la band per il gran finale con Capelli, il brano presentato a Sanremo Giovani nel 1997, con cui vinse il Premio della Critica: nell’ultimo doppio cd è presente la prima versione “Senza capelli” che fu poi modificata da Do minore in Sol maggiore perché risultava troppo cupa, quel cambio di tonalità è stato fondamentale per il successo di Fabi ma ha anche creato molti pregiudizi su quel bel ragazzo biondo e riccioluto da cui ci ha messo anni a liberarsi, attraverso un percorso artistico molto coerente che partito dal pop più radiofonico e prodotto è arrivato “per sottrazione” al folk elettroacustico e più raffinato di oggi. Niccolò ringrazia i tecnici luci, audio e video (non sono mai andati troppo d’accordo lui e i video), dice giustamente che il famigerato “rimbombo del Palaeur” non ha minimamente scalfito la bellezza della serata, e ringrazia pure Claudio Trotta della Barley Arts che ha organizzato il concerto (e sarà protagonista nell’aftershow di un dj-set notturno dove alla consolle alternerà brani di Prince e Leonard Cohen, tra gli altri).
Per ultima lascia Lontano da me (da “Ecco”, dove canta “Io sto bene quando sto lontano da me dove nessuno sa chi sono, vado incontro al mio destino“), e qui c’è tutto Niccolò, un artista e un uomo che adesso vuole solo essere lasciato in pace per un po’, qualsiasi cosa decida di fare della sua vita (“alla giusta distanza la vista migliora, allontanarsi è conoscersi“). Fabi saluta il pubblico con il pugno chiuso e se ne va, come farebbe il Silvestri di “Cohiba”, ma senza proclami politici: forse si può essere cantautori impegnati anche così, ci abbiamo messo quasi 20 anni a capirlo ma alla fine ci siamo arrivati anche noi. Mancava solo l’inedito Diventi inventi per chiudere ma il senso della serata e del suo percorso è tutto scritto nel testo: “è stato un viaggio interstellare fino al centro della vita, fino al male che fa male, la ricerca più ostinata di quel bene esistenziale che è cercare di piacersi…di venti in venti anni vado a capo, chiudo gli occhi e prendo fiato… basta un po’ di vento e mi prendo tutto il mare, e naufragare…”. Buon viaggio, e grazie di tutto Nic.
La scaletta (Roma, Palalottomatica, 26/11/2017):
- Una somma di piccole cose
- Filosofia agricola
- Evaporare
- Facciamo finta
- Ostinatamente
- È non è
- Il negozio di antiquariato
- Ecco
- Le chiavi di casa
- Una mano sugli occhi
- Una buona idea
- Rosso
- La promessa
- Solo un uomo
- Attesa e aspettata
- Sangue del mio sangue
- Costruire
- Offeso (con Fiorella Mannoia)
- Lasciarsi un giorno a Roma (con Daniele Sinigallia)
- Il primo della lista
- Alzo le mani (con Max Gazzè e Daniele Silvestri)
- L’amore non esiste (con Max Gazzè e Daniele Silvestri)
- Vento d’estate (con Max Gazzè e Daniele Silvestri)
- Capelli
- Lontano da me