La nostra recensione del primo episodio di Non ci resta che il crimine – La serie, da stasera su Sky, con il ritorno di Giallini, Tognazzi e Morelli e qualche new entry come Maurizio Lastrico: un inizio più divertito che divertente e ancora privo di una direzione chiara
Dopo Unwanted la proposta di serie originali Sky si arricchisce con il sequel seriale di una trilogia cinematografica abbastanza fortunata, dalla cui costola è nata Non ci resta che il crimine – La serie, sempre scritta e diretta da Massimiliano Bruno. Ma se già la trilogia cinematografica lasciava ben più di una perplessità, il salto televisivo non fa nulla per provare ad ammorbidirle e anzi corre il rischio di sprecare l’ennesima occasione di uscire fuori da quel provincialismo che è proprio di tanto nostro cinema e di tanta nostra televisione. E se neanche Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi e Giampaolo Morelli riescono a salvare il materiale di partenza, allora c’è di che preoccuparsi.
Un salto nei ’70
Moreno (Marco Giallini), Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) e Claudio (Giampaolo Morelli) si trovano di nuovo riuniti, stavolta per un’avventura nel 1970. Dopo aver scoperto di essere stato adottato, Giuseppe decide di cercare la sua vera madre, incurante degli avvertimenti del loro amico e scienziato Gianfranco: se si cambia il passato cambia anche il presente. Giuseppe riesce a incontrare la madre a un happening a casa di Duccio Casati (Maurizio Lastrico), un ricco borghese dalle idee progressiste che ha preso a cuore la causa dei ragazzi del movimento studentesco. Ma l’emozione che travolge Giuseppe nel ritrovare Linda (Grace Ambrose) gli fa commettere un grave errore.
Calma piatta
Quando si arriva a dover riutilizzare la stessa identica idea (peraltro già derivativa) per la quarta volta, la cosa migliore e più saggia che si possa fare è almeno quella di scombinare un po’ le carte del mazzo. Ora, con un solo episodio e solo qualche anticipazione a favore non si può ancora stabilire come e se Non ci resta che il crimine – La serie riuscirà quantomeno nell’intento di sconvolgere un intreccio già fin troppo telefonato, ma sarebbe stato lecito aspettarsi almeno un episodio pilota che spingesse a mille sull’acceleratore, magari utilizzando con più efficacia il contesto storico inquadrato: gli anni ’70 italiani, oscuri ma anche fondativi del nostro presente.
La calma piatta invece regna sovrana e questo aspetto, specialmente diegetico ma non solo, della costruzione del mondo narrativo è da imputare a tre fattori. Il primo è la mancanza di una posta in gioco chiara e definita sin dall’inizio, o che almeno si chiarificasse e definisse durante l’avanzamento del plot. Il secondo sta nella poca attenzione data ai personaggi, alle loro dinamiche e alle loro motivazioni. Il terzo sta nell’incapacità di trovare una chiave tematica interessante, cioè un punto di vista interessante sul tempo (visto che si parla di un viaggio nel tempo) e sulla genitorialità (visto che si parla di un figlio che cerca sua madre).
Poche risate, poco movimento
Sky ha evidentemente puntato molto su questo progetto, ma se la ricostruzione storica è quantomeno fedele da un punto di vista visivo e di immaginario (anche se con qualche cliché di troppo) il problema sta tutto nel come viene utilizzata e gestita l’arena. La verità è che in Non ci resta che il crimine – La serie questa gestione è al momento insufficiente perché non c’è abbastanza movimento drammaturgico, e di conseguenza neanche la commedia stessa può davvero attivarsi coi suoi tempi, le sue battute e il suo respiro. Non aiutano certo dei dialoghi ancora incerti e imprecisi, in cui si notano giusto un paio di guizzi (come nel dialogo tra Moreno e Duccio alla festa).
Non può quindi bastare una messa in scena tutto sommato accettabile, con qualche lampo kitsch come la luce verdognola che fuoriesce dal portale spaziotemporale; la sensazione è quella di un attendismo continuo in attesa di un elemento esterno che possa stravolgere lo status quo, elemento che già sappiamo che arriverà viste le anticipazioni ma che forse avrebbe avuto bisogno di un’introduzione meno tardiva. Perché in questo pilota succede troppo poco, la macchina arranca col freno a mano tirato e lo spettatore meno smaliziato rischia di mangiare subito la foglia, capendo esattamente dove la narrazione vuole andare a parare e rendendo l’intera operazione un po’ annacquata.
La valutazione di questo primo episodio di Non ci resta che il crimine – La serie è frutto di una scelta forse poco ponderata da parte dello steso Bruno e di Alessio Maria Federici in sceneggiatura, perché sarebbe stata necessaria una partenza di tutt’altra caratura per avvinghiarci ad un progetto già di per sé rischioso. Ora, non tutto è da buttare e la storia sembra finalmente voler trovare una direzione precisa nei successivi cinque episodi, ma se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera qui ci vorrà molta più cazzimma e aggressività. Anche perché Giallini, Tognazzi e Morelli meritano un progetto che permetta loro di dare sfogo alla loro esplosività, non di restare ingabbiati.
TITOLO | Non ci resta che il crimine – La serie |
REGIA | Massimiliano Bruno |
ATTORI | Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi, Giampaolo Morelli, Massimiliano Bruno, Maurizio Lastrico, Grace Ambrose |
USCITA | dal 1 dicembre 2023 |
DISTRIBUZIONE | Sky |
Due stelle e mezza