Pinocchio di Guillermo del Toro, recensione: il miglior adattamento possibile di Collodi

Pinocchio di Guillermo del Toro - Pinocchio (foto Netflix)
Pinocchio di Guillermo del Toro - Pinocchio (foto Netflix)

La recensione di Pinocchio di Guillermo del Toro, splendido adattamento in stop-motion del classico di Collodi: un film coraggioso, oscuro quanto basta ma anche pieno di calore

A pochi mesi da Nightmare Alley è arrivato su Netflix, dopo essere brevemente passato per le sale, Pinocchio di Guillermo del Toro: una versione distante anni luce per qualità, coraggio e senso del cinema rispetto a quella di Zemeckis di tre mesi fa e l’ennesima conferma che del Toro si trova davvero ai suoi agio coi personaggi sghembi e imperfetti.

Storia di un burattino

Geppetto (David Bradley) è un falegname che vive in un piccolo borgo toscano durante gli anni della Grande Guerra. È vedovo ma ha un figlio di dieci anni, Carlo (Gregory Mann), un ragazzino pieno di vita, sveglio e affascinato dagli aeroplani e dalle pigne con le brattee perfette. Una sera, mentre Geppetto e Carlo sono ancora nella piccola cattedrale per terminare un crocifisso, il paese viene bombardato per sbaglio da alcuni aeroplani e Carlo rimane ucciso a seguito di un’esplosione. Geppetto comincia allora a bere e a lasciarsi andare per il dolore, e per anni e anni nulla sembra lenire questa perdita immensa. Finché, una notte, decide furiosamente di abbattere un pino e, tra la rabbia e il dolore, di ricavarne un burattino che però resta inanimato. Quando uno spirito del bosco (Tilda Swinton) deciderà di dargli vita e il nome di Pinocchio, sarà il Grillo Parlante (Ewan McGregor) a doversene prendere cura in cambio di un desiderio da realizzare, ma tante sono le insidie che aspettano Pinocchio. A cominciare dal regime fascista qui impersonato dal Podestà (Ron Perlman) e da suo figlio Lucignolo (Finn Wolfhard) che vorrebbero arruolare Pinocchio come soldato, fino all’incontro con l’avido e spietato Conte Volpe (Christoph Waltz) accompagnato dalla sua scimmietta Spazzatura (Cate Blanchett) il quale vorrebbe fare di Pinocchio la star dei suoi spettacoli itineranti.

Pinocchio di Guillermo del Toro - Pinocchio e il Conte Volpe (foto Netflix)
Pinocchio di Guillermo del Toro – Pinocchio e il Conte Volpe (foto Netflix)

L’importanza della disobbedienza

Tra le tanti felici intuizioni del Pinocchio di Guillermo del Toro c’è quella del rovesciamento del paradigma più importante dell’opera di Collodi e dei film da essa derivati: quello dell’obbedienza come valore a cui aspirare. Qui Guillermo del Toro spariglia completamente le carte in tavola e ci dice che, no, alle volte è più importante far sentire la propria voce, sapersi ribellare ai condizionamenti esterni, alle ingiustizie, ai soprusi. Il Pinocchio del film è un burattino con l’animo di un bambino, che non va plasmato secondo i desideri e le necessità degli adulti ma solo secondo la propria natura e le proprie inclinazioni. Per Guillermo del Toro la disobbedienza è talvolta necessaria per poter costruire la propria identità, ma non solo: nel disobbedire ai fascisti e nello sbeffeggiarli (in una sequenza che rimarrà iconica) Pinocchio dimostra anche quanto la logica del potere sia estremamente fallace, perché poggia sull’assunto che il potere sia imperituro e immutabile e che sia davvero in grado di assoggettare tutti allo stesso modo.

Pinocchio di Guillermo del Toro - Pinocchio in una scena del film (foto Netflix)
Pinocchio di Guillermo del Toro – Pinocchio in una scena del film (foto Netflix)

Un amore non prodotto dall’amore

C’è però un altro paradigma fondamentale che il film rovescia rispetto alla storia originale: quello dei motivi che portano alla realizzazione di Pinocchio stesso. Se nel libro di Collodi Geppetto intaglia Pinocchio con la speranza di avere una vita migliore, nelle versioni cinematografiche precedenti Pinocchio viene creato da un gesto di amore ma qui nasce da un momento di profondo sconforto e di profondo rancore. È una scena fortemente drammatica, quella che vede Geppetto intagliare rabbiosamente il burattino dalla corteccia di un pino, ed è soprattutto una scena tematicamente molto forte. In questa versione infatti Pinocchio non è stato davvero voluto da Geppetto, la sua trasformazione non avviene per richiesta o volere di Geppetto ma è il frutto benedetto di quella che è forse la maggiore maledizione possibile: quella che vede un genitore perdere prematuramente il proprio figlio, per di più in un atto profondamente insensato ed egoista come quello bellico. Nel corso del film questa relazione ovviamente cambierà ma è interessante notare come Geppetto, pur affezionandosi a Pinocchio da subito, non riesca mai a dirgli ti amo perché è impossibile per lui farlo. Ed è con questa relazione complessa, quasi tragica se vogliamo, che il Pinocchio di Guillermo del Toro vuole parlarci anche delle responsabilità e delle umane debolezze che i genitori hanno nei confronti dei figli e non più, come nelle versioni precedenti, di quelle dei figli verso i loro genitori.

Pinocchio di Guillermo del Toro - Geppetto e Pinocchio (foto Netflix)
Pinocchio di Guillermo del Toro – Geppetto e Pinocchio (foto Netflix)

La vita e la morte

Rispettando in toto la poetica dell’autore messicano, ma allo stesso tempo stando attento a non snaturare troppo l’originale italiano, Pinocchio di Guillermo del Toro è un’opera stratificata e complessa che ondeggia continuamente tra la fiaba dark, il fantasy, il dramma storico e la commedia musical. Tutti questi registri così diversi sono amalgamati quasi sempre alla perfezione, permettendo al film di poter affrontare di volta in volta argomenti spinosi con la semplicità e il candore quasi di un bambino. Si parla anche di morte in questo Pinocchio e la si mostra, spesso, ma più ancora si parla di caducità della vita, di come ogni giorno e ogni momento siano un dono preziosissimo che va valorizzato e non sprecato. I frequenti viaggi di Pinocchio stesso nel regno dei morti (un regno oscuro e bellissimo abitato da personaggi straordinari) sono una rottura fortissima col passato e l’idea della scelta che Pinocchio deve compiere nel finale alza ulteriormente la posta in gioco di un film in cui il conflitto è presente in tutte e tre le sue forme principali. Ci sono il lutto, la violenza, lo straniamento di fronte all’orrore del mondo ma anche la speranza, lo slancio verso la vita e il saper perdonare e perdonarsi per poter andare finalmente avanti.

Pinocchio di Guillermo del Toro - il Grillo Parlante (foto Netflix)
Pinocchio di Guillermo del Toro – il Grillo Parlante (foto Netflix)

Un mondo di freaks

In Pinocchio di Guillermo del Toro non potevano ovviamente mancare tutti i vari freaks che compongono il mondo ideale del regista premio Oscar. Se alcuni dei personaggi sono stati eliminati o miscelati assieme come nel caso del Conte Volpe (che ingloba in sé Mangiafuoco, Gatto e Volpe), altri sono invece frutto di un’intuizione geniale dello stesso del Toro. La fata turchina diventa infatti una Chimera blu fosforescente bellissima e inquietante nello stesso tempo, un mostro che abita anche il regno dei morti e che aiuta Pinocchio a svelare il senso dello scorrere del tempo. Anche Pinocchio stesso è un freak, un essere che la gente di quel piccolo paesino dalla mentalità chiusa e ottusa non può e non vuole comprendere perché incapace di scorgerne l’umanità dietro la “mostruosità”, credendolo infine un servo del diavolo. Ma i veri freaks del film sono sopra tutti i fascisti e i violenti, gli oppressori avidi come il Conte Volpe, coloro che vorrebbero cancellare ogni forma di creatività e di individualità in nome di un appiattimento del pensiero comune. È loro che Pinocchio di Guillermo del Toro dipinge come i veri mostri.

C’era una volta la storia di un burattino che voleva diventare un bambino vero. Qui il burattino è fatto davvero di legno e di chiodi, ha una forma non ben definita e un caratterino tutt’altro che compiacente o docile. Ma è anche un burattino capace di stare in piedi di fronte ad un enorme crocifisso, chiedendosi perché gli uomini adorino un Cristo di legno ma temano lui. Un burattino capace di scegliere prima per se stesso e poi per gli altri, di amare, di provare rabbia e dolore, di perdonare e di sacrificarsi se necessario. In pratica un essere umano, ma con i chiodi al posto delle rotule.

Pinocchio di Guillermo del Toro. Regia di Guillermo del Toro con le voci di David Bradley, Gregory Mann, Tilda Swinton, Ron Perlman, Finn Wolfhard, Christoph Waltz, Ewan McGregor e Cate Blanchett, uscito ieri 9 dicembre in esclusiva su Netflix.

VOTO:

Quattro stelle e mezzo

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