RoFF17: Il principe di Roma, recensione del film con Marco Giallini versione Scrooge romanesco

Il principe di Roma - Marco Giallini (foto Arianna Lanzuisi)
Il principe di Roma - Marco Giallini (foto Arianna Lanzuisi)

La nostra recensione de Il principe di Roma, il nuovo film di Edoardo Falcone con Marco Giallini, Giuseppe Battiston, Sergio Rubini e Filippo Timi presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma

Alla 17ª Festa del Cinema di Roma arriva Il principe di Roma di Edoardo Falcone, rivisitazione in chiave romana del classico di Charles Dickens Canto di Natale con protagonisti tra gli altri Marco Giallini, Giuseppe Battiston, Sergio Rubini e Filippo Timi. Un remake in salsa romanesca che però sembra aver poco in più da dire rispetto alla storia originale.

Roma come Londra

Bartolomeo (Marco Giallini) è un ricco uomo d’affari nella Roma del 1829 che, in cambio di un titolo nobiliare da lui tanto bramato, acconsente di sposare la figlia di un nobile decaduto pieno di debiti, il principe Accoramboni (Sergio Rubini), e di saldare gran parte degli stessi. Bartolomeo è però un uomo all’apparenza avido e insensibile ai problemi altrui e questo causa una grande sofferenza a Teta (Giulia Bevilacqua), la sua domestica segretamente innamorata di lui. Una notte però, nel tentativo di recuperare il denaro che deve al principe, si imbatte in una negromante il cui potere risveglierà il fantasma del passato sotto forma di Beatrice Cenci (Denise Tantucci), quello del presente sotto forma di Giordano Bruno (Filippo Timi) e quello del futuro sotto forma di papa Borgia (Giuseppe Battiston). I tre spiriti avranno il compito di risvegliare l’umanità insita in Bartolomeo, prima che un destino tragico lo attenda al varco.

Dickens con la pajata

Falcone prende di peso il classico dickensiano e lo trasporta quasi di pari passo nella Roma del 1829. Se escludiamo infatti dei piccolissimi cambiamenti dovuti al salto culturale e la presenza di alcuni personaggi minori, la storia si muove perfettamente lungo il solco tracciato da Dickens e sia il tema che la narrazione soffrono fin troppo di una sensazione di deja-vu. È una rivisitazione questa infatti che si prende pochi rischi e gioca dal primo minuto sul sicuro, grazie anche all’apporto di un Giallini che si allontana quanto basta dallo spirito sordiano per abbracciare invece un tipo di cinismo meno caustico e più sboccato. In fondo tutto nel film omaggia Roma, nel ricordo del cinema di Luigi Magni che ispirato il tono e lo spirito di questo Il principe di Roma. La parlata, l’umorismo greve ma travolgente, l’umanità tormentata dei personaggi tutti sono elementi essenziali che rendono la pellicola una lettera d’amore alla capitale e ai suoi abitanti.

Cambiare si può?

La storia de Il principe di Roma è legata tanto quanto quella originale al tema del cambiamento o, per essere più precisi, al tema del ritrovare se stessi attraverso il cambiamento. Un po’ come lo Scrooge del testo di Dickens anche Bartolomeo in fondo è un buon uomo, la cui vita però lo ha messo di fronte a tanto di quel dolore e risentimento che lo hanno indurito a tal punto da trasformarlo completamente. All’inizio della storia lo vediamo rifiutare un prestito al padre di un bambino gravemente malato, trattare male tutti i suoi dipendenti inclusa Teta, forzare a tutti i costi un matrimonio con una ragazza infelice e persino mostrarsi indifferente davanti alla morte tragica di un amico.

È evidente che qualcosa in lui dovrà cambiare, ma finché non verrà messo di fronte alle conseguenze presenti e future delle sue azioni e alle cause passate da cui scaturiscono non riuscirà mai a capire cosa. I fantasmi allora rappresentano non solo la sua coscienza e la voce della sua anima interiore, ma anche la voce della storia stessa ed è il motivo per cui sono stati scelti dei personaggi reali. Personaggi tutti legati da un filo comune, quello dell’essere stati in vita delle figure morte per un pregiudizio, per l’ignoranza e per l’indifferenza altrui. Anime in pena che vagano per Roma da secoli, e a cui Bartolomeo non può permettersi di unirsi.

Dire qualcosa in più

Nonostante il ritmo indiavolato, alcune linee di dialogo fulminanti e un cast di primissimo livello in cui spicca, oltre a Giallini, anche l’accoppiata degli spiriti Timi-Battiston, il film non va molto oltre il modello originale a cui si rifà senza presentare particolari guizzi né diegetici e né nell’esposizione del tema. Il risultato è un film divertente ma fin troppo prevedibile, con un’evoluzione del personaggio di Giallini da manuale di sceneggiatura e una mancanza di approfondimento dell’arena che passa dall’essere la Londra del primo Ottocento alla Roma pre-risorgimentale. Qualche accenno ai moti giacobini e qualche fugace riferimento storico legato alla rivoluzione repubblicana non bastano per dipingere un quadro dell’ambientazione convincente, e il film ne risente perché spreca l’opportunità di parlare di cambiamento in un momento storico fondamentale del nostro paese. Non un peccato mortale, certo, ma sufficiente a non permettergli di brillare come avrebbe potuto.

Il principe di Roma. Regia di Edoardo Falcone con Marco Giallini, Sergio Rubini, Giuseppe Battiston, Filippo Timi e Giulia Bevilacqua, in uscita nelle sale il 17 novembre distribuito da Lucky Red.

VOTO:

Tre stelle

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