La nostra recensione di La California, un dramma con venature di thriller diretto da Cinzia Bomoll e interpretato dalle sorelle Silvia e Giulia Provvedi al loro esordio cinematografico, presentato nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma
Alla 17ª Festa del Cinema di Roma arriva come un treno in corsa La California raccontata da Cinzia Bomoll. No, lo stato americano non c’entra granché ma le protagoniste Alice ed Ester interpretate dalle sorelle Giulia e Silvia Provvedi in qualche modo sembrano cercarlo continuamente.
California dreamin’
La California è un piccolissimo paesino nel bel mezzo della pianura padana, lato emiliano. Qui vivono agli inizi degli anni ’90 le sorelle Alice (Giulia Provvedi) ed Ester (Silvia Provvedi) insieme al padre Yuri (Lodo Guenzi), al nonno Tuono (Andrea Roncato), ex partigiano e ora pescatore, e alla madre Palmira (Eleonora Giovanardi). Le due ragazze non potrebbero essere più diverse tra loro: Ester è una ribelle come il padre Yuri, da cui ha preso anche l’amore per la musica punk mentre Alice è più acqua e sapone e ha il temperamento della madre. La famiglia non naviga in buone acque e il lavoro scarseggia dato che il padre, allevatore di maiali destinati al macello, ha anche contratto dei debiti non ancora saldati mentre la madre è un’ex appartenente al partito comunista ora ridotta al ruolo di semplice casalinga. Alice ed Ester vorrebbero scappare da lì per raggiungere la tanto agognata California, quella vera, stato di cui coltivano il mito anche grazie ai tanti poster di attori e rockstar che circondano i muri della loro stanza. L’arrivo di Pablo (Riccardo Frascari) con il padre Allende (Alfredo Castro), un cileno scappato dalla dittatura di Pinochet anni prima e rifugiatosi in Italia, sconvolgerà l’apparente quiete de La California ma è altrove che il vero pericolo si annida. In quella nube di gas tossica e scura che non smette di propagarsi nell’aria, causata dagli scarichi industriali dell’azienda guidata dallo spietato Gualtiero (Stefano Pesce).
Non una semplice nuvola di smog
L’aria è putrefatta, irrespirabile, cosparsa di un gas altamente pericoloso e potenzialmente letale. Tutti i cittadini de La California la respirano, ne hanno i polmoni pieni e non solo quelli. Nonostante il nome evocativo La California è un paesino marcio e dimenticato da Dio, in cui si è costretti a sopravvivere tra vastissime distese di granturco, la nebbia invernale, la calura estiva e il nulla al di là e al di qua dell’orizzonte. Un luogo senza futuro da cui dover scappare se si hanno sogni veri, un luogo in cui il male ha pian piano inquinato tutto. Una figura vestita di nero osserva tutto, non conosceremo mai davvero la sua identità ma possiamo riuscire ad intuirla. In questo posto così asfissiante Alice ed Ester sono costrette a trovare la loro strada, a districarsi tra le poche possibilità e un’umanità in cui si intravedono poche luci e tante ombre.
Quella polvere che penetra nel sangue e viene trasportata su, lì fino al cuore e al cervello, diventa la rappresentazione di un disagio, di un’urgenza che solo due ragazzine adolescenti con in tasca tanti sogni e tutta la vita davanti possono vivere. Quello smog non è solo metafora del Male, ma anche e soprattutto della mancanza del Bene che è cosa ben diversa. Il Bene visto come speranza, come nutrimento per i sogni, come libertà di poter essere ciò che si vuole.
La California è lontana
Ah, la provincia. Quella fatta di abbracci, di risate, di uomini piccoli o grandi, di tavolate in compagnia, di segreti. L’arco di Alice e di Ester, destinato a finire in tragedia, è solo la punta dell’iceberg di un film in cui molti dei personaggi si ritrovano a dover lottare per sopravvivere. Le due sorelle gemelle vorrebbero raggiungerla la California vera ma è lontana e troppo costosa, o forse vogliono semplicemente raggiungere un’altra California, dovunque essa sia. La California è un posto in cui solo all’apparenza non succede niente, ma in realtà succede tutto e in cui la voce narrante fuoricampo di Piera degli Esposti ci guida ovunque. Come tutte le provincie del mondo nasconde segreti, dà vita a personaggi pieni di odio e di disprezzo per i diversi, per le donne, per coloro i quali non si legano alle logiche del potere o del profitto. Personaggi come Gualtiero, che in questo film rappresenta tutto ciò che la provincia crea di mostruoso, d’inafferrabile, di sbagliato. Un uomo arrogante, ma di quella arroganza tipica di chi nella vita si è preso tutto senza meritarselo davvero. In un certo senso Gualtiero rappresenta perfettamente la metà oscura del doppio insito in ognuno di noi, due metà agli antipodi come le gemelle e le loro personalità diametralmente opposte. Mentre Alice ed Ester si confrontano con il dover crescere, una di loro sarà costretta a imporsi sull’altra e a dominarla come succede alla personalità di ognuno di noi e, nel farlo, a dover rinunciare per sempre al lato più debole, a quello più ingenuo, a quello destinato a soccombere e poi a morire.
Una realtà deformata
Ne La California tutto prende una forma strana e difficilmente leggibile o interpretabile, persino gli eventi reali che scandiscono l’andamento del film: la strage di Bologna, la caduta del muro di Berlino, la discesa in campo di Berlusconi sono fatti che appartengono alla storia ma che rimangono troppo lontani perché i personaggi possano afferrarli. Il film è stato girato con l’ausilio di lenti anamorfiche degli anni ’70 che accentuano le deformità degli spazi, dei volti e delle personalità di ognuno di protagonisti nonostante la narrazione sia costellata da un po’ troppi eventi all’apparenza slegati fra loro, specialmente nel primo atto (colpa di alcuni tagli nel copione dovuti al budget). L’atmosfera onirica e disincantata allo stesso tempo aiuta questo processo di straniamento che accomuna lo spettatore ai personaggi, perché tutto quello che vediamo sullo schermo risulta in qualche modo innaturale, alieno, sporco ma di quello sporco che non è possibile pulire via.
Arrivare alla catarsi
Superato il midpoint del secondo atto il film subisce una brusca accelerazione in cui gli eventi precipitano forse fin troppo velocemente, lasciando i personaggi tutti de La California in balìa di una forza distruttrice e antropofaga. Finché non si arriva a quel finale lì. Ecco, forse il film avrebbe dovuto fermarsi un po’ prima, evitare la catarsi a tutti i costi e decidere di rischiare con maggiore cattiveria e meno spirito consolatorio. Nel cast, in cui compare anche Nina Zilli nel ruolo di una barista, spicca in particolare quell’Alfredo Castro pupillo di Pablo Larrain nel ruolo del tormentato Allende mentre le sorelle Provvedi, al loro esordio cinematografico, dimostrano comunque di possedere una buona carica comunicativa e un potenziale talento di fondo da sviluppare. La California è un film bizzarro, dai contorni non ben definiti, che gioca con i generi e i registri e che ogni tanto fa il passo più lungo della gamba o al contrario non spinge a sufficienza, ma che è anche sincero, onesto e a suo modo coraggioso come tanto cinema italiano non sa esserlo più. Ah, la provincia.
La California. Regia di Cinzia Bomoll con Silvia Provvedi, Giulia Provvedi, Piera degli Esposti, Eleonora Giovanardi, Lodo Guenzi, Stefano Pesce e Alfredo Castro, in uscita nelle sale il 24 Novembre distribuito da Officine Ubu.
Tre stelle e mezzo