La nostra recensione di Kursk di Thomas Vinterberg, con Matthias Schoenaerts e Colin Firth che racconta la tragedia del sommergibile russo, inabissatosi con tutto l’equipaggio: angosciante e coinvolgente, il film analizza il forte impatto che la storia ha avuto in tutto il mondo
Una drammatica vicenda
Il film Kursk di Thomas Vinterberg, presentato alla Festa del Cinema di Roma racconta la tragedia del sottomarino Kursk e le 192 ore, passate da 23 uomini dell’equipaggio, ad aspettare i soccorsi. Il Kursk, sottomarino considerato inaffondabile, della Flotta della Marina russa, intraprende la prima esercitazione in dieci anni e le manovre coinvolgono trenta navi e tre sottomarini. Due giorni dopo, due esplosioni affondano il sommergibile nelle acque del Mare di Barents. Solo 23 dei 118 marinai a bordo sopravvivono e nei giorni successivi, i tentativi di salvataggio risultano inefficaci e i Paesi esteri iniziano ad offrire il loro aiuto.
Un ottimo insieme
Il film Kursk, oltre ad avere un cast eccezionale, è ben scritto e ben girato. La maggior parte della storia si svolge nel sottomarino, in un unico compartimento che diventa sempre più buio, freddo e asfissiante. Dalla scena dell’esplosione, uno dei momenti più forti del film, inizia un escalation di tensione e suspence per la vita dei marinai. I personaggi alternano sentimenti come rabbia, sconforto e delusione. Gli stenti che un’acqua gelida e la mancanza di ossigeno provocano, la speranza e il terrore vengono perfettamente espressi, sia dai personaggi che dalla regia. Tutto ciò crea un clima di continua attesa: i superstiti, le loro famiglie e i capi della marina che aspettano ore e giorni, rischiando così che diventi troppo tardi.

Un crescendo di tensione
Kursk ha un’inquietante atmosfera di claustrofobia data dalla luce fioca all’interno del compartimento dove i 23 uomini si rifugiano, da queste continue gocce d’acqua che cadono dalle fenditure del sottomarino danneggiato e che lentamente riempiono d’acqua anche l’ultimo luogo del sommergibile rimasto intatto. Ogni cosa che i personaggi fanno per rendere il compartimento sicuro, in un certo senso vivibile, e per cercare di non mollare mai, crea tensione e commuove. Per certi versi il film assomiglia a un disaster-movie, ma in realtà è molto di più. Anche le scene in cui le famiglie cercano di sapere cosa sia successo ai membri dell’equipaggio sono momenti di suspence e di paura.
Un film avvolgente
Tutti i sentimenti che il film trasmette con delle ottime interpretazioni e una fotografia impeccabile fanno sì che il pubblico riesca a immedesimarsi in una situazione così particolare: la Russia, l’Inghilterra, i soccorritori e ogni spettatore si sente vicino ai superstiti, a quelli che commettono sbagli, a quelli che si rassegnano al loro destino, così come a quelli che, terrorizzati, rischiano di fare del male agli altri. È inimmaginabile quello che hanno provato gli uomini del Kursk in quei giorni, ma l’attenzione e la chiarezza con cui viene rappresentata la storia, lo rendono un film coinvolgente ed emozionante.

Cura dei dettagli
La regia del film è molto lineare e precisa, anche per alcune scene sott’acqua che sono piuttosto particolari e complesse. La fotografia aumenta a rendere il film coinvolgente, è caratterizzata da tinte per lo più scure, raramente tendenti al giallo e al bianco, ma sempre molto fredde e cupe. Particolare attenzione viene data ai primi piani dei bambini (i figli dei membri dell’equipaggio), simbolo dell’innocenza di un’animo non corrotto in un momento in cui la vita di questi uomini viene lasciata al proprio destino e non si fa tutto il necessario per loro.
Kursk, diretto da Thomas Vinterberg, con Colin Firth, Léa Seydoux, Matthias Schoenaerts, Max von Sydow, Michael Nyqvist, è distribuito da Videa.