Dalla Festa del Cinema di Roma la nostra recensione di Saturday Night, il racconto della nascita del programma più longevo e iconico della Tv americana, diretto da Jason Reitman con tra gli altri J.K. Simmons e Willem Dafoe: selvaggio, divertentissimo, irresistibile, nostalgico
Come saltare da un mito all’altro? Chiedere a Jason Reitman che Saturday Night lo ha diretto e sceneggiato, e che quando andò in onda la prima storica puntata del SNL l’11 ottobre 1975 non era neanche ancora nato. Le origini del programma più iconico e longevo della Tv americana rivivono in questo film selvaggio e divertentissimo, intelligente e nostalgico, che abbraccia un cast corale di vecchie e nuove glorie (J.K. Simmons, Willem Dafoe, Matthew Rhys e i giovani Gabriel LaBelle, Rachel Sennott, Cory Michael Smith assieme ai più noti Dylan O’Brien e Nicholas Braun) e che va oltre la sua materia diegetica per raccontare il cambiamento culturale, sociale ed estetico di un Paese.
I 90 minuti che hanno cambiato la televisione
New York, Ottobre 1975. Il giovane produttore Lorne Michaels (Gabriel LaBelle), assieme alla moglie autrice televisiva Rosie Schuster (Rachel Sennott), ha solo 90 minuti di tempo per mettere a punto il programma da lui ideato con Rosie: il Saturday Night Live. Una rivoluzione televisiva che mischia cabaret, varietà, show musicale e comicità tutto in diretta, con il pubblico presente.
Per riuscirci dovrà fare affidamento su nuovi comici emergenti ma di immenso talento come John Belushi (Matt Wood) e Dan Aykroyd (Dylan O’Brien), performer dalla voce strepitosa come Garrett Morris (Lamorne Morris) e artisti eccentrici ma geniale come Andy Kaufman (Nicholas Braun). Nel frattempo il tempo stringe mentre alcuni capi del network, a partire da David Tebet (Willem Dafoe), premono affinché lo show non parta.
Uno spettacolo nello spettacolo
Per velocità dialogica, di esecuzione, di ritmo e di tenuta Saturday Night ricorda una versione più light di The Social Network o Molly’s Game (o una qualsiasi altra opera di Sorkin), con una componente corale piuttosto che con un protagonista o una protagonista centrale. Che poi il protagonista qui ci sarebbe e si chiama Lorne Michaels, storico ideatore e produttore del SNL, ma la storia del film e del programma ruotano intorno a tante orbite, diverse fra loro ma con la comune volontà di realizzare qualcosa di innovativo e impensabile nella televisione americana (e mondiale) fino a quel momento.
Per questo la resa visiva, la temperatura emotiva e lo sviluppo diegetico di questa origin story sono febbrili, scatenati, come a voler restituire l’impatto devastante di quel momento, di quella notte magica che ha cambiato le abitudini di milioni di americani. E non solo. Perché Jason Reitman gioca perfettamente con le tempistiche, tanto che il tempo del racconto e quello della storia sembrano quasi coincidere per condurci al rush finale, a quel conto alla rovescia che scandisce ogni passaggio, ogni dialogo, ogni follia estetica e creativa. E poi Saturday Night è un film divertentissimo, con scambi dialogici fulminanti (quelli a sfondo religioso in special modo) e un ritmo indiavolato.
Una pellicola sbroccata nei suoi improvvisi lampi di comicità, nelle sue invenzioni visive e drammaturgiche, ma anche lucidissima nel suo incedere, tesissima nella sua struttura ad incastro e nel modo in cui permette l’interazione tra i personaggi, letale sia nel “setup” delle situazioni che nella “punchline” della loro risoluzione, proprio come una barzelletta ben riuscita. Tutto è stato perfettamente ricreato nella forma, dalla fotografia ai costumi, dalle scenografie ricostruite parzialmente al mood di quei mitici anni ’70 forieri di un cambiamento epocale.
Saturday Night – Nicholas Braun
Il microcosmo americano
Però, se si limitasse solo ad una mera ricostruzione estetica, Saturday Night potrebbe venire etichettato come un film passabile, un divertissement e nulla più. Invece Reitman ha la capacità di riassumere con efficacia lo spirito dell’epoca, rinchiudendolo nel microcosmo del programma. C’è l’isteria religiosa post Vietnam rappresentata dalla responsabile della censura, l’affarismo cieco e spietato precursore di quelli che poi saranno gli anni ’80 di Trump e Madoff che qui ha il volto del capo del network David Tebet (non ci sono più aggettivi per Willem Dafoe), la coda della rivoluzione sessuale dei Sixties e soprattutto aleggia lo spirito di un cambiamento inevitabile, furioso, necessario.
Tra le tante risate, e anche qualche lacrima per chi il programma lo conosce bene e lo ama, la pellicola non lavora affatto di fino ma di motosega, e per una volta va benissimo così. Era necessario uno spirito senza filtri, senza autocensure ridicole, senza problemi nel dire la cosa giusta magari nel modo sbagliato, affinché lo spirito del SNL restasse integro, puro, cristallizzato nel tempo cinematografico ora e in quello mitologico dell’entertainment e della cultura popolare americani. Per poter ridere di tutto, della religione e della politica, della guerra e della miseria umana, e per questo farci porre le domande giuste. Magari a tempo di musica, o nei 30 secondi di una freddura.
TITOLO | Saturday Night |
REGIA | Jason Reitman |
ATTORI | Gabriel LaBelle, Rachel Sennott, Matt Wood, Cory Michael Smith, Ella Hunt, Dylan O’Brien, Emily Fairn, Lamorne Morris, Kim Matula, Finn Wolfhard, Nicholas Braun, Willem Dafoe, Matthew Rhys, J.K. Simmons |
USCITA | 21, 22 e 23 ottobre 2024 |
DISTRIBUZIONE | Sony Pictures Italia |
Quattro stelle