La recensione di Scordato, il nuovo film di e con Rocco Papaleo presentato al Bifest 2023 che vede l’esordio al cinema di Giorgia: un viaggio nella memoria di un uomo costretto a riaccordare i fili della propria esistenza
Dopo aver inaugurato la sezione competitiva ItaliaFilmFest al Bifest 2023 arriva nelle sale Scordato, la quarta fatica registica di Rocco Papaleo. Un film un filo meno ironico dei precedenti, giocato più su una sorta di malinconia pastosa ed eterea allo stesso momento, con una sorprendente Giorgia al suo debutto cinematografico.
Un accordatore scordato
Orlando (Rocco Papaleo) è di origini lucane ma vive a Salerno da molti anni ormai, dove svolge la professione di accordatore di pianoforti. Un giorno conosce Olga (Giorgia), una fisioterapista specializzata proprio nel rimettere in sesto i pianisti e i musicisti in genere per via della postura errata, e da lei si fa convincere a tornare nel proprio paese natio per recuperare una foto di gioventù di modo che Olga possa aiutarlo con un problema alla schiena. Il ritorno a Lauria lo porterà a confrontarsi con il suo passato, sia attraverso le continue visioni dell’Orlando più giovane della fotografia (Simone Corbisiero) e sia attraverso l’incontro con sua sorella Rosanna (Angela Curri), con la quale Orlando ha spezzato ogni legame molto tempo prima a causa di un avvenimento che non riesce a perdonarle.
I legami imprescindibili
Quello di Papaleo è sempre stato un cinema di legami, sia terreni che umani. La Basilicata con tutta la sua aspra bellezza ha sempre rappresentato per Papaleo un luogo fertile per raccontare storie di persone allo sbando in cerca di un nuovo equilibrio, di una nuova direzione o forse di una prospettiva. In Scordato questa sua poetica acquista un significato maggiore e ancora più profondo, perché ora i legami che sono stati recisi ma che in realtà sono inscindibili sono quelli di sangue. Orlando ha a che vedere con una ferita del passato profonda e dolorosa, di quelle che ti segnano per tutta la vita, ma ha anche necessità di riaccordare i pezzi della propria anima lasciati senza un suono definito o, peggio, sgraziato. È un uomo mite, quello che Papaleo porta in scena, ma anche profondamente arrabbiato con se stesso, con la sorella e con la sua schiena che non gli lascia tregua. Ed è proprio questa rabbia nascosta che deve diventare qualcos’altro il fulcro tematico di Scordato, in un ciclo di colpa e redenzione, di risentimento e di perdono. Un perdono che può arrivare soltanto recuperando quei legami, tornando indietro sulle orme di un passato lontano ma in realtà vicinissimo, di un amore fraterno che si è perso nei meandri del tempo e della dimenticanza.
La mitezza del suono
Non è certamente un caso che il mestiere di Orlando sia quello di riaccordare i pianoforti o gli altri strumenti musicali; di ridare vita, cioè, ad un suono, ad un’armonia, ad un intreccio di note che vadano a comporre una melodia. Una necessità, quella dell’accordatura, che si è un po’ perduta nei due anni che hanno cambiato il modo di relazionarci agli altri e che Rocco Papaleo vuol far ritrovare al proprio personaggio e, di riflesso, anche a se stesso e a chi guarda. L’incontro con Orlando con Olga e poi con il fantasma del giovane sé diventa allora un innesco narrativo necessario per ritrovare quell’assonanza, anche a costo di dover fare i conti con un fantasma mai sopito. Scordato diventa allora un film mite e silente, ma mai taciturno, una meditazione più profonda di quanto appaia sul senso dell’equilibrio in una vita che corre lasciandoci indietro e sull’importanza del saper ascoltare. Note, parole, suoni, tutto. La musica di Michele Braga poi fa il resto, accompagnandoci in un viaggio di poche centinaia di chilometri sulla strada, ma lungo quarant’anni nel cuore e nella mente; un viaggio che è molto diverso da quello di Basilicata Coast to Coast perché per una volta, qui, non è importante il tragitto ma la destinazione.
L’affiatamento giusto
Se Rocco Papaleo indossa i panni di Orlando con estrema naturalezza, poiché quei panni gli appartengono da sempre, è Giorgia la vera sorpresa del film. La sua Olga sembra disegnata su di lei e, nonostante qualche tentennamento iniziale, la cantautrice romana (che appare anche nella colonna sonora) riesce a regalarle quella sensibilità e quella dolcezza nello sguardo, nel tono e nelle intenzioni che la rendono perfettamente complementare alla ruvidezza del protagonista. Scordato però si regge soprattutto sui battibecchi esilaranti tra Papaleo e Simone Corbisiero, che ne interpreta la versione giovanile rinunciando a tutta quella serie di maschere e filtri per farne una sorta di mentore o di fantasma del passato à la Dickens. Sono momenti necessari che danno respiro e donano leggerezza ad un film che altrimenti si muove lungo i binari più scomodi e bui della storia d’Italia, passando attraverso gli anni di Piombo e il terrorismo fino ad arrivare all’incertezza di un presente che ci ha resi ancora più soli e bisognosi di ritrovarci con noi stessi e gli altri. In fondo, secondo Papaleo, noi siamo il prodotto delle nostre scelte, dei nostri sì e dei nostri no, delle volte in cui siamo fuggiti e di quelle in cui abbiamo scelto di restare; siamo, cioè, il prodotto combinato della Storia e della nostra storia, e con quei fantasmi dovremo conviverci un po’ tutti, senza però dimenticarci del presente e delle persone che abbiamo amato e che magari ci hanno deluso. Anche loro ci hanno resi ciò che siamo oggi.
Scordato. Regia di Rocco Papaleo con Rocco Papaleo, Giorgia, Simone Corbisiero, Angela Curri, Anna Ferraioli Ravel e Giuseppe Ragone, uscito ieri 13 aprile nelle sale distribuito da Vision Distribution.
Tre stelle e mezzo